The Little Hours: recensione del film con Aubrey Plaza e Alison Brie
La recensione dal Lucca Film Festival e Europa Cinema 2017 di The Little Hours, film con Alison Brie e Aubrey Plaza girato in Garfagnana.
The Little Hours è un film di Jeff Baena del 2017, basato sulla prima novella della terza giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio. La pellicola è stata girata in alcune suggestive location della Garfagnana e della Valle del Serchio, aspetto che ha portato troupe e cast a presentarla in anteprima italiana nel corso del Lucca Film Festival e Europa Cinema 2017 (qui il nostro resoconto), poco dopo la prima mondiale del Sundance Film Festival.
Il cast è composto da John C. Reilly e da un nutrito numero di attori conosciuti prevalentemente per le loro interpretazioni sul piccolo schermo, come Alison Brie (Mad Men e Community), Aubrey Plaza (Parks and Recreation e Legion), Kate Micucci (Scrubs e Raising Hope), Nick Offerman (Parks and Recreation) e Dave Franco (Greek e Scrubs).
La vita di un convento in Garfagnana nel XIV secolo viene sconvolto dall’arrivo del giovane e affascinante servo Masetto (Dave Franco), in fuga dal proprio Signore Bruno (Nick Offerman) dopo essere stato colto in flagrante a letto con la moglie di quest’ultimo. Masetto viene aiutato da Padre Tommaso (John C. Reilly), che lo accoglie come tuttofare nel convento intimandogli di fingersi sordomuto. Le suore Alessandra (Alison Brie), Fernanda (Aubrey Plaza) e Ginevra (Kate Micucci) familiarizzano ben presto con il nuovo arrivato, mettendo così in discussione la loro vocazione e la sacralità dell’intero convento.
The Little Hours: un rispettoso adattamento dell’opera di Boccaccio che evita la trappola del demenziale e del già visto
Fin dai primi minuti, The Little Hours si presenta come una fresca, piacevole e intelligente commedia, che riesce a intrattenere e al tempo stesso a fare pungente satira sulla religione e sul clero. Impossibile e fuorviante fare un paragone con opere dalla portata storica e artistica incommensurabile come il Decameron di Giovanni Boccaccio o il precedente adattamento cinematografico ad opera del genio di Pier Paolo Pasolini, opere completamente diverse per atmosfere e spessore artistico, ma l’opera di Jeff Baena, pur semplificata di molte delle sfumature politiche, religiose e sessuali dell’originale, dimostra come sia ancora possibile nel 2017 fare cinema disimpegnato e popolare senza scadere nella demenzialità o ricorrere a escamotage narrativi abusati e basati prevalentemente sull’incapacità di maturare o sull’eccesso post sbornia.
La comicità di The Little Hours è inevitabilmente incentrata sulla sessualità e sul contrasto fra essa e i rigidi dettami religiosi dell’epoca (non molto diversi da quelli attuali), che sfocia in diverse sequenze decisamente ammiccanti a anche alcune scene di nudo. L’erotismo non è mai usato in modo pruriginoso e volgare, ma solo per fare una provocatoria ma non offensiva satira sull’ambiente religioso e sulle sue contraddizioni. Si ride e parecchio, con una comicità disincantata e verace, che ricorda quella della tradizione orale popolare odierna, presumibilmente lontana da quella dell’epoca, ma senza eccessi e cadute di stile.
The Little Hours si rivela un riuscito tentativo di trasportare una parte apprezzabile della comicità americana contemporanea nel Medioevo
Jeff Baena è abile a evitare il pericolo di rendere il film una serie di sketch scollegati fra loro, approfondendo il più possibile la caratterizzazione dei personaggi e miscelando al meglio il materiale a propria disposizione, concedendosi anche qualche accenno di esoterismo. Il regista ottiene così l’effetto di creare un’atmosfera gioiosa e goliardica, che permette ai talentuosi membri del cast di offrire il meglio di loro stessi. A brillare maggiormente sono le monache Alison Brie e Aubrey Plaza, che rendono al meglio anche le sfumature più perverse e oscure dei loro personaggi, mentre a non convincere del tutto è il protagonista maschile Dave Franco, che non riesce a sopperire con la propria scarsa espressività al mutismo forzato del proprio personaggio per buona parte di The Little Hours. Sempre irresistibili e in parte, anche con un basso minutaggio, due sublimi caratteristi come Nick Offerman e John C. Reilly.
Buone anche le musiche di Dan Romer e la fotografia di Quyen Tran, che aiutano a immergersi nell’atmosfera dell’epoca senza risultare fasulle o artificiose.
Con la sua semplicità e la sua sana irriverenza, The Little Hours si rivela un riuscito tentativo di trasportare una parte apprezzabile della comicità americana contemporanea nel Medioevo, nonché un’incoraggiante collaborazione della provincia italiana in una produzione dall’ampio respiro internazionale. Nel momento in cui scriviamo, il film non è ancora uscito nelle sale, per cui possiamo solamente prevedere, soprattutto per quanto riguarda il nostro Paese, un cammino difficile al box office a causa dell’ambientazione storica e dei temi trattati. La speranza è che il pubblico sappia guardare oltre e premiare l’innocua e genuina voglia di scherzare anche sopra a tabù ormai logori e anacronistici.