The Lodgers – Non infrangere le regole: recensione
The Lodgers - Non infrangere le regole, al cinema dall'8 marzo con M2 Pictures, è un horror dai molteplici sottotesti che stabiliscono un'ambiguità che non viene sufficientemente sfruttata, seppur supportata da una regia impeccabile
Tre regole: mai uscire dopo la mezzanotte, mai far entrare uno sconosciuto in casa, mai lasciare solo l’altro. Questi i comandi impartiti ai gemelli Rachel ed Edward, gli ordini per poter rimanere vivi nella loro casa. Ma non ancora per molto. Le direttive di The Lodgers – Non infrangere le regole (qui il trailer del film) sono la condotta da seguire che sta alla base del racconto per il regista Brian O’Malley, alle prese con una maledizione generazionale che non lascerà impunito il peccato.
Rachel (Charlotte Vega) ed Edward (Bill Milner) abitano soli in una grande casa. L’abitazione li osserva, li insegue, capta le loro sensazioni e i desideri. Sono gli occhi dei loro parenti andati, dei genitori morti, sguardi che trapassano le pareti per posarsi sull’esistenza invivibile dei due ragazzi dettata da tre regole fondamentali. I fratelli devono infatti chiudersi a chiave appena scocca la mezzanotte, non possono permettere a nessuno sconosciuto di entrare in casa e non devono mai lasciare che l’uno abbandoni l’altro. Ma per Rachel non può più continuare, la ragazza ha deciso di andare contro le regole.
The Lodgers – Non infrangere le regole: un locus amoenus di doppi, ambiguità e acqua
È un’Irlanda verdeggiante quella di The Lodgers – Non infrangere le regole, un luogo campestre, quasi arcaico pur trovandosi già immerso nel 1920. Una selva fertile di vita, opposta alla sterilità delle mura della casa dei gemelli Rachel ed Edward e alle loro giornate portate avanti con paura, affiancati da una presenza lugubre che appesantisce gli animi dei due ragazzi. Un locus amoenus popolato da doppi, amplificati all’interno della casa da una serie significativa di specchi e resi attraverso un montaggio parallelo che alterna i gesti e sottolinea il legame di sangue dei fratelli.
Simboli continui, rimandi a tradizioni familiari le quali non sono altro che stimoli per raccontare degli impulsi della giovinezza, della necessità di godere della propria vita. Un continuo narrare e mostrare un contesto subliminale da cui trarre la costruzione di un horror fatto di allusioni, il terrore della disobbedienza verso i propri avi che aumenta quando ad accrescere è anche il desiderio della carne. I comandamenti imposti ai due giovani fin dal loro primo giorno cercano di mantenere salda la circolarità di una dannazione che, nonostante la colpa, mantiene costante l’immortalità della loro famiglia e nessuna fonte potrà mai lavare.
Ed è l’acqua che, come purificazione, pervade una loggia di creature le quali, nella ricerca della salvezza spirituale, si sono ritrovate prigioniere di un sottosopra infernale, umido, che si espande per le pareti della casa dandole un’esistenza spettarle. Facendosi sentire nello scricchiolio di ogni tegola, nel ticchettio di qualsiasi orologio. Trasformando l’acqua da depurazione a stato di inquinamento da cui non volersi far bagnare.
The Lodgers – Non infrangere le regole: forse queste regole non volevano poi tanto essere infrante
The Lodgers – Non infrangere le regole si nutre dei sottotesti ambigui della famiglia di Rachel ed Edward, perversioni che spingono lo spettatore a volersi insinuare nelle venature della loro casa, in cui il raddoppiamento fa eco al perpetrarsi dell’orrore subito e ancora da subire. Tutte le aspettative create, tutta la tensione che il film riesce a incanalare, perdono però la propria efficacia durante il proseguire della storia che quelle regole, quelle tre importanti regole, avrebbero dovuto sorreggere. Un’occasione persa visti gli spunti che la sceneggiatura di David Turpin offriva, seminati nel film, ma rimasti poi solamente piantati, lasciando larghe lacune all’interno del racconto.
All’opposto, la regia di Brian O’Malley ha tutta l’accuratezza che manca al lavoro di scrittura, la bellezza del decadente ripreso con simmetria ed eleganza pur quando ad essere trattato è il tema turpe dell’horror. O’Malley dilata la vita della casa facendola parlare con una freddezza austera, un’abitazione dal carattere raggelante con impeccabili inquadrature ad ogni singola angolazione e dove un cambio di fuoco ripetuto e dichiarativo evidenzia il significato dei particolari.
Un film dalle ottime credenziali da cui si sarebbe auspicato un risultato che lasciasse impressionato lo spettatore, il quale si ritrova invece insoddisfatto davanti allo sfaldamento delle svolte che la maledizione prende. Forse queste regole non volevano poi tanto essere infrante.