The Man from Earth: Holocene – recensione del film di Richard Schenkman
The Man from Earth: Holocene rende onore allo spirito trasmesso nel primo film, ma fallisce in qualcosa!
The Man from Earth: Holocene è un film del 2017 diretto da Richard Schenkman e interpretato da David Lee Smith, William Katt (Carrie – Lo sguardo di Satana, Un mercoledì da leoni), Vanessa Williams e Sterling Knight. La pellicola è il seguito del cult fantascientifico The Man from Earth (edito in Italia con il titolo L’uomo che venne dalla Terra), che raggiunse la popolarità sul finire dello scorso decennio soprattutto grazie alla diffusione sui canali P2P, portando i produttori alla rivoluzionaria decisione di ringraziare pubblicamente tutti coloro che avevano scaricato illegalmente il loro lavoro per avergli fornito una così alta diffusione. Dopo la presentazione al Dances With Films Festival, The Man from Earth: Holocene è stato distribuito in tutto il mondo tramite la piattaforma di streaming Moviesaints, ed è inoltre stato inserito nei principali circuiti P2P dagli stessi produttori del film, accompagnato dall’invito a effettuare una donazione sul sito ufficiale.
The Man from Earth: Holocene – L’atteso seguito de L’uomo che venne dalla Terra
A circa dieci anni di distanza dagli eventi de L’uomo che venne dalla Terra, ritroviamo John Oldman (David Lee Smith), uomo di Cro-Magnon sopravvissuto per circa 14000 anni e indissolubilmente legato alla storia dell’umanità, costretto a cambiare identità e residenza a intervalli regolari per non generare sospetti sul suo mancato invecchiamento. Oldman adesso insegna in un college californiano e ha una compagna (Vanessa Williams), ma per la prima volta nella sua vita comincia a mostrare segni di invecchiamento, che lo inducono a pensare che il suo ciclo vivente sia prossimo alla conclusione.
Insospettiti dai suoi modi e dalla sua sconfinata conoscenza, alcuni suoi studenti cominciano a indagare sul suo passato, e trovano una corrispondenza nel libro dell’archeologo Art Jenkins (William Katt), massacrato da colleghi e opinione pubblica dopo aver messo nero su bianco il contenuto della sua chiacchierata lunga una notte con Oldman, e in particolare il fatto che questo uomo apparentemente ordinario sarebbe in realtà nientepopodimeno che Gesù Cristo, autore di preziosi insegnamenti morali poi distorti dai suoi fedeli. John è così chiamato all’ennesimo precipitoso cambio di identità, reso però estremamente più difficile dal progresso tecnologico e dalla diffusione di Internet.
The Man from Earth: Holocene esce dalla singola stanza del predecessore e ci mostra John Oldman alle prese con la vita di tutti i giorni
The Man from Earth: Holocene affronta la sfida difficile di espandere la storia e l’universo narrativo di quel piccolo gioiello de L’uomo che venne dalla Terra, capace di tenere con il fiato sospeso lo spettatore e di fare fantascienza di altissima qualità ambientando un intero film all’interno di una singola stanza. La decisione più importante e coraggiosa presa da Richard Schenkman è proprio quella di fare uscire Oldman da una singola stanza e mostrarlo allo spettatore alle prese con la vita di tutti i giorni, nelle aule universitarie e nell’intimità della propria abitazione, ma mostrandoci anche il suo intrinseco e necessario legame con la natura, scaturito da secoli passati nei paesaggi più selvaggi e incontaminati alla caccia del sostentamento per vivere.
Diretta conseguenza di questa scelta è anche il lato più dolente della pellicola, ovvero il gruppo di giovani universitari intento a indagare sul passato del loro particolare professore. Ogniqualvolta The Man from Earth: Holocene si allontana da John e dalla sua paradossale esistenza, il film perde visibilmente consistenza, vittima di personaggi poco interessanti e caratterizzati prevalentemente tramite stereotipi, che vanno dall’ironico scetticismo alla più cieca fede.
The Man from Earth: Holocene è anche scontro fra fede e scienza
Proprio la fede è il nucleo centrale del terzo atto, quello più riuscito, che ci riporta agli spazi chiusi e ai dialoghi pungenti che avevano fatto la fortuna del predecessore. Con il jolly già giocato della rivelazione di una delle identità di Oldman, ovvero Gesù Cristo, Richard Schenkman si concentra su un vero e proprio scontro fra religione e scienza, ben incarnato dalle posizioni estremiste del giovane Philip e dalla lucida reazione di Oldman, abile a confutare credenze e miti religiosi tramite la dialettica e la sua esperienza diretta. Con le ritrovate atmosfere de L’uomo che venne dalla Terra, il film guadagna in tensione e intensità, trascinando lo spettatore verso un finale aperto che libera la strada per eventuali seguiti cinematografici o seriali, come esplicitato dallo stesso regista sui titoli di coda.
The Man from Earth: Holocene procede quindi a due velocità, mostrando pesantemente il fianco proprio nelle parti più movimentate reclamate dai detrattori del predecessore, e trovando invece forza e coerenza interna quando al centro di tutto vengono rimessi la parola e il misterioso fascino scaturito sauna figura enigmatica tanto umana, capace di attraversare la storia in ogni suo passaggio fondamentale ma inspiegabilmente prossima alla fine di una fase, o meglio, di un’era. Positivo anche l’inserimento di John, del suo carico di conoscenza e del suo fardello di segretezza all’interno di una contemporaneità in cui la privacy è pressoché impossibile e le informazioni sono alla portata di chiunque, mentre avrebbero meritato un maggiore approfondimento la facilità di distorsione della realtà e le critiche a un mondo sempre più social e continuamente connesso, limitate a poche e scarsamente incisive frasi di circostanza.
The Man from Earth: Holocene è un seguito fedele allo spirito dell’originale, che però fallisce nel tentativo di inserire nuovi personaggi funzionali al racconto
Nuovamente convincenti David Lee Smith, abile a incarnare sia la sicurezza che i turbamenti interiori del proprio personaggio, e William Katt, penalizzato però da uno scarso minutaggio e dalla scarsa incisività del suo personaggio nel film. Da dimenticare invece le inconsistenti performance dei giovani Brittany Curran, Akemi Look e Carlos Knight, mentre Sterling Knight riesce a trovare una propria dimensione nell’atto conclusivo, pur sfondando a tratti nell’overacting. Solida ed efficace la regia di Richard Schenkman, bravo a sfruttare ed esaltare la varietà di location e a trarre il meglio dai dialoghi più serrati.
Tirando le somme, The Man from Earth: Holocene è un seguito fedele allo spirito dell’originale, che riesce nell’intento di continuare il percorso esistenziale dell’uomo di 14000 anni ma fallisce nel tentativo di inserire nuovi personaggi funzionali alla storia. Un film che non riesce a raggiungere gli altissimi livelli del predecessore, ma che merita comunque attenzione e rispetto per la coraggiosa scelta di mettere al centro di tutto un’intrigante e a tratti inquietante riflessione sull’umanità e per la decisione della produzione di saltare completamente il passaggio distributivo, ponendosi a diretto contatto con lo spettatore e addirittura incentivando il pubblico alla libera diffusione della pellicola.