The Night House – La Casa Oscura: recensione del sorprendente film horror con Rebecca Hall
Una casa che funge da cimitero scomponibile, in un dramma incisivo contornato da atmosfere orrifiche ben orchestrate. Rebecca Hall domina la scena in The Night House con mirabile nonchalance.
The Night House – La Casa Oscura, distribuito dalla Fox Searchlight Pictures e in uscita nelle sale italiane dal 16 settembre, racconta di una insegnante di liceo, Beth (Rebecca Hall), impegnata a superare un lutto improvviso. Rimasta da poco vedova, dopo che suo marito si è allontanato con una barca in mezzo al lago vicino la loro casa e si è suicidato con una pistola, si ritrova ad affrontare un nervosismo imperante ed è incapace di dormire tutta la notte nella casa sul lago che lui ha costruito per lei a nord di New York. Caratterizzata da infinite porte e finestre di vetro immense, come se preannunciassero i riflessi inquietanti di una presenza ancora viva in lei, la casa sarà teatro di immagini speculari e di doppelganger che emergeranno violentemente nel film horror diretto da David Bruckner (Il Rituale).
L’apparenza inganna protagonista e spettatori in The Night House – La Casa Oscura
Assieme a Beth, iniziamo a indagare sul lago nero scintillante e sui boschi nebbiosi che circondano la casa, elementi scenografici ottimamente studiati che manifestano i segreti sepolti del suo defunto marito (e ci regalano un numero soddisfacente di jumpscare ma mai invadenti). Il film è certamente più convincente nell’ideare e distribuire la tensione che a risolverla; il terzo atto contiene un colpo di scena di stampo soprannaturale che non va ad intrecciarsi completamente con la conduzione e lo svolgimento fino a quel momento impostato. L’intreccio confuso è, tuttavia, bilanciato dalla performance brillantemente controllata di Rebecca Hall, nei panni della caustica e scettica Beth, il cui dolore l’ha spinta sull’orlo del baratro della sanità mentale.
Una donna combattiva ed intenta a fare i conti con una sofferenza lancinante, ma al contempo utile per riassestarsi e ricostruire le motivazioni dietro al suicidio. Una volta toccato il fondo, bisogna solo riprendere in mano i frammenti di un’oscurità persistente, che può solo abbatterci se ci lasciamo sopraffare da essa. L’indagine, dunque, è parte integrante di un racconto solido nella struttura, regolato da fasi contemplative che arricchiscono gli strati di un carattere isolato e rinchiuso in una gigantesca prigione di vetro. David Bruckner prende le redini del girato e cerca di sdoppiare personalità e scenari avvolti nel mistero, con apparizioni e prospettive ribaltate che cercano di rendere senziente un’abitazione immersa nel verde, affacciata su un lago torbido e mai invitante.
Una dualità che sconvolge dettagli di trama e oggetti di scena, fino a farci risucchiare da un’ambientazione inquietante
La ricerca disperata di Beth di qualcosa, qualsiasi cosa che possa far luce su questa ombra paralizzante proiettata dai ricordi del marito, si è fatta strada nella sua mente. Nel raggiungere l’orlo della pazzia, la vedova rivive una seconda vita nei panni di un corpo che le diventa estraneo, che non fa più parte di una convivenza felice. Le risposte le arrivano nel mondo reale ma anche in qualcosa di più vicino al sogno e c’è un doppio hitchcockiano, interpretato da Stacy Martin, un’altra versione di Beth, che riesce a svolgere il preciso compito di elevare il materiale di partenza del film. I co-sceneggiatori Ben Collins e Luke Piotrowski si districano in un film che è debitore di pellicole quali Babadook o Hereditary di Ari Aster, ma concentrano gli sforzi sulla frustrazione di una protagonista che vaga in un labirinto senza fine, una pedina in una scacchiera che si allarga di dimensioni e scala, fino ad abbracciare una componente thriller che prende il posto della matrice horror di base con una marcata irruenza.
Il colpo di scena avviene più nel cambio graduale di registro, nella configurazione di un’atmosfera sinistra che vive e respira attraverso una casa dotata di innumerevoli facciate, all’interno della quale regista e attrice di punta navigano in cerca di rivelazioni e nuove verità riguardanti un marito enigmatico e difficilmente decifrabile. Si rimane perlopiù avvolti nella regia vorticosa di Bruckner: il regista di Atlanta compie un notevole balzo in avanti in termini di qualità e resa visiva. Sfrutta al meglio gli angoli e le ombre della sua elegante casa, centrale e fortemente d’impatto nella narrazione, e dei suoi dintorni e orchestra una serie di jumpscare brutalmente efficaci, uno dei quali farà sicuramente saltare dalla poltrona anche il fan dell’horror più incallito. Sarà curioso vedere cosa riuscirà a sfornare poi con il suo remake di Hellraiser; la confusione di immagini effettivamente da incubo, anche se sempre più insensate, nel finale di questo film suggerisce che lo gestirà, almeno visivamente, con un certo aplomb.
Ci sono abbastanza sorprese astute sepolte in The Night House- La Casa Oscura da compensare gli elementi che non funzionano altrettanto bene, soprattutto perché è tutto consegnato con tale ardente convinzione dalla regina indiscussa del film, Rebecca Hall. La casa potrebbe essere costruita su fondamenta traballanti, ma il suo abitante è assolutamente irremovibile.