The Post: recensione del film di Steven Spielberg
The Post è un dramma che si converte in un thriller politico avvincente, in cui ogni elemento convive creando una sinfonia perfetta. Il film di Steven Spielberg è al cinema dall'1 febbraio
La stampa deve essere al servizio dei governati, non dei governatori.
La Guerra del Vietnam, o meglio i segreti del Governo Americano che si celano dietro a essa, tornano a dominare la cinematografia statunitense, ma stavolta con lo sguardo di Steven Spielberg, meno descrittivo e maggiormente volto a indagare la complessità delle relazioni umane e il coraggio manifestato nel garantire una verità collettiva grazie alla libertà di stampa. Per la prima volta nella sua carriera, uno dei più grandi cineasti della storia del cinema dirige un cast stellare in The Post, con protagonisti due mostri sacri del cinema: l’ormai amico di lunga data Tom Hanks e la pluripremiata Meryl Streep.
The Post: i misteri degli Stati Uniti d’America secondo Steven Spielberg
Punto focale di The Post, ambientato nel 1971, sono i celebri documenti Top Secret maggiormente noti come Pentagon Papers, un rapporto di circa 7000 pagine contenente gli illeciti e le bugie governative relative alla Guerra del Vietnam, raccontate durante quattro consecutive amministrazioni presidenziali (Truman, Eisenhower, Kennedy e Johnson). Protagonisti dell’appassionante dramma sono Katharine Graham, inesperta editrice del Washington Post quando ancora era un quotidiano conosciuto solo a livello locale, e Ben Bradley, caparbio giornalista e direttore del Post: due anime apparentemente inconciliabili, eppure estremamente simili, connesse da un filo quasi invisibile che le conduce irrimediabilmente, anche a costo della loro stessa professione e della loro stessa vita, verso il trionfo della verità, attraverso una dura lotta contro le istituzioni. Obiettivo del Washington Post, e dell’affiatato team di giornalisti che vi lavora, è informare l’opinione pubblica degli intrighi orditi dal governo statunitense alle sue spalle, pubblicando i documenti secretati e difendendo i colleghi giornalisti del New York Times, da cui la battaglia è iniziata.
The Post: un inno alla libertà di stampa e alla donna
Steven Spielberg, come in molti altri suoi precedenti capolavori, pone un sigillo d’eccellenza con una regia che trascende il mero avvenimento storico, seppur estremamente importante, per approfondire un meccanismo di relazioni sociali complesse che gravitano attorno alla rischiosa questione dei Pentagon Papers e raccontare una storia di coraggio.
Nonostante parta dal dramma Spielberg riesce a inserire gradualmente, e a sovrapporre, un thriller politico avvincente, caratterizzato da un climax in continua ascesa, che non presenta ricadute né a livello narrativo né a livello registico, mantenendo viva l’attenzione del pubblico fino agli ultimi minuti della pellicola. D’altronde il regista non poteva che introdurre un’altra perla preziosa all’interno della sua invidiabile e rispettosa carriera, considerando che anche in The Post si avvale dell’aiuto di alcuni collaboratori di vecchia data, tra cui il compositore John Williams, il montatore Michael Kahn, la costumista Ann Roth, lo scenografo Rick Carter e il direttore della fotografia Janusz Kaminski, oltre al già citato Tom Hanks.
La regia di Spielberg e la sceneggiatura firmata da Liz Hannah e Josh Singer (quest’ultimo ha già dimostrato di saper ritrarre sapientemente la vita redazionale in Spotlight) evidenziano anche un altro importante aspetto della vicenda: la forza di una donna (Katharine Graham) che da casalinga si trova improvvisamente a dover gestire il giornale di famiglia in una realtà maschile, in cui la presenza del gentil sesso viene ammessa solo attraverso la professione di segretaria. The Post consente di assistere alla trasformazione di Katharine Graham, una donna le cui opinioni, all’inizio del film, non sono ritenute degne di essere nemmeno ascoltate o prese in considerazione in sede di riunione; una donna che inizialmente tende a guidare la propria eredità di famiglia solo tramite l’approvazione di consigli maschili, ma che alla fine giunge a ribaltare completamente la sua condizione, prendendo una decisione altamente rischiosa eppure liberatoria, che segna il trionfo della verità.
The Post: un cast sorprendente, con Tom Hanks e Meryl Streep per la prima volta insieme sul grande schermo
Tom Hanks e Meryl Streep sprigionano tutto il loro talento e la loro energia nella dinamica che si crea tra i due personaggi da loro interpretati. Il perfezionismo dei due attori si percepisce in ogni minimo gesto, nella loro molteplicità espressiva e nelle varie inclinazioni emotive che colpiscono Katharine e Ben a seconda dei fatti. Senso d’impotenza, determinazione, testardaggine, servilismo si susseguono rapidamente nelle movenze e nei timbri vocali dei due, i quali riescono a instaurare una chimica interpretativa magica e sorprendentemente reale, come se fossero nati rispettivamente nei corpi dell’editrice e del direttore del Post.
Il film è il frutto di un perfetto mosaico in cui ogni tassello è posizionato al punto giusto, capace sia di adempiere alla propria funzione, sia d’interagire con gli altri, dando vita a un’opera con un ritmo incalzante in cui regia, sceneggiatura, montaggio, colonna sonora e interpretazioni dialogano tra loro in una perfetta sinfonia. La colonna sonora composta da John Williams s’instaura a pieno titolo in questa creazione: non solo ha una funzione tematica in grado di guidare le sensazioni ed emozioni degli spettatori, ma produce a sua volta una composizione musicale inedita, in cui le note musicali sembrano danzare con la melodia prodotta dai processi di stampa, e dal ticchettio redazionale delle macchine da scrivere.