The Quiet Girl: recensione del film di Colm Bairéad

Dopo il premio alla Berlinale 2022 e l’entrata nella shortlist per il miglior film straniero agli Oscar 2023, l’opera prima di Colm Bairéad, adattamento del romanzo “Foster” di Claire Keegan, arriva nelle sale italiane a partire dal 16 febbraio 2023.

Ci sono storie che ti entrano dentro per poi non uscirne più. È quanto accaduto a Colm Bairéad dopo avere letto nell’estate del 2018 il romanzo Foster di Claire Keegan. Un colpo di fulmine tanto forte, quello del cineasta irlandese nei confronti delle pagine firmate dalla connazionale nel 2010, tale da averlo spinto ad acquisirne i diritti per farne un adattamento per il grande schermo, che ha segnato anche il suo esordio dietro la macchina da presa. Da quel folgorante incontro di anni ne sono trascorsi quattro prima che il libro diventasse The Quiet Girl, una dei pellicole più premiate della stagione cinematografica. Così dopo aver riscosso un grande successo nel Regno Unito, dove è stato  consacrato come il film indipendente di maggior successo dell’anno e aver ottenuto numerosi riconoscimenti tra cui il premio miglior film nella sezione “Generazione Kplus” alla Berlinale 2022 e la nomination nella shortlist per il miglior film straniero agli Oscar 2023, la prima  nella storia in questa categoria per la cinematografia irlandese, il pubblico italiano potrà finalmente vedere con i propri occhi quale piccola perla questo improvviso e intenso coup de foudre ha prodotto. Basterà attendere il 16 febbraio 2023, data scelta da Officine UBU per la distribuzione nelle sale nostrane.

Quello tra il regista di The Quiet Girl e il romanzo della scrittrice irlandese Claire Keegan è stato un autentico colpo di fulmine

The Quiet Girl cinematographe.it

Protagonista è Cáit, una bambina introversa di nove anni proveniente da una famiglia sovraffollata, disfunzionale e impoverita, che ha problemi di inserimento tanto in ambiente domestico quanto in quello scolastico. Motivo per cui i genitori decidono di mandarla in campagna per passare le vacanze estive da una lontana coppia di cugini materni. Lì la piccola entrerà per la prima volta in contatto con una realtà affine al suo modo di vivere, che le permetterà di scoprire l’importanza degli affetti che mai aveva provato e che la porterà anche a conoscenza di un segreto celato nel tempo. Da questa storia sulla carta uguale a tante altre per temi e stilemi, che riportano al più classico racconto di formazione, Bairéad ne trae un delicato e toccante capitolo che apre una finestra nell’esistenza di una bambina che si affaccia alla vita e ai legami affettivi. Per farlo il regista di Dublino si lascia guidare dal tocco leggero insito nella scrittura della connazionale, donando allo spettatore di turno un’opera che accarezza come una piuma e scalda il cuore dal primo all’ultimo fotogramma utile.

The Quiet Girl riesce a tenere a sé il fruitore utilizzando il flusso di emozioni cangianti come una calamita

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Nulla che narrativamente e drammaturgicamente non si sia già visto sugli schermi data l’essenzialità del plot e delle dinamiche che si vengono a creare tra i personaggi che lo animano, eppure The Quiet Girl riesce a tenere a sé il fruitore utilizzando un flusso di emozioni cangianti come calamita. Ed questo flusso che consente al film di alimentarsi internamente, per poi sprigionare un calore che avvolge tutto e tutti come accaduto in L’Arminuta, il film che Giuseppe Bonito ha liberamente tratto dal bestseller omonimo di Donatella Di Pietrantonio. Entrambi hanno dimostrato come sia possibile emozionare e far riflettere senza forzare mai la mano, lavorando sulle parole, i gesti, gli sguardi e i silenzi. Sta qui il motore portante di un’opera che parla della complessità dei legami, che non devono essere per forza di cose biologici per ardere e splendere.

Pochi ed efficaci twist sapientemente collocati nella timeline bastano a fortificare la storia e a caratterizzare i personaggi

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Il racconto si fa carico di questo tema universale scorrendo lungo corde sottili, maneggiate con cura dal regista per impedire che si spezzino. Ogni scena ha qualcosa da dire o da trasmettere. Il ché riempie tutti quegli spazi vuoti che potrebbero nascere dall’assenza di una narrazione stratificata. Bairéad e prima di lui l’autrice del romanzo mirano all’essenziale e con questo cuciono insieme i fili di un racconto minimalista che arriva allo spettatore senza troppi giri di parole o incastri drammaturgici, con un finale dalla temperatura emotiva altissima che da solo vale il prezzo del biglietto. Pochi ed efficaci twist sapientemente collocati nella timeline bastano a fortificare la storia e a caratterizzare i personaggi, che si intensificano ulteriormente grazie a momenti struggenti e alle performance attoriali davanti la cinepresa, dove spiccano quelle della promettente Catherine Clinch nei panni della giovanissima protagoniste e dei più esperti Carrie Crowley e Andrew Bennett in quelli dei coniugi Kinsella.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4.5

4.1