The Reach – Caccia all’uomo: recensione

Prese in mano le redini dell’attività di famiglia, il giovane Ben (Jeremy Irvine) è costretto a rimanere nella sua cittadina natale e lasciare la fidanzata Laina (Hanna Mangan-Lawrence) libera verso il college. Accompagnando appassionati di caccia tra distese desertiche dove trovare coyoti e cervi, si ritroverà un giorno al fianco della lingua sciolta John Madec (Michael Douglas), ricco assicuratore con occhiali a lenti gialle e fucile pronto in spalla, colpevole lungo il viaggio di un crimine nato solo come un errore letale. Ben deve decidere a questo punto se assecondare l’uomo e cedere alla trappola della corruzione o mantenere fede ai suoi principi e agire in maniera onesta. E proprio quando il ragazzo farà la sua scelta, sarà il momento di aprire la caccia.

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Douglas e Irvine alle prese con la caccia.

Western moderno impolverato dalla sabbia delle lande afose e scabrose del territorio arido del Navajo, The Reach – Caccia all’uomo è il continuo ribaltamento del gioco dei ruoli cacciatore-preda tra l’idealista Jeremy Irvine e il brizzolato segugio Douglas, dove il giovane ragazzo è costretto ad una continua fuga in una lotta alla sopravvivenza dove non solo l’uomo si fa nemico, ma lo è anche la natura. Un sole che brucia, la terra che lacera, l’acqua che manca e il tormento continuo della sete. Da una mattina che si fa caldo sudario ad una notte gelida e scura, i due si osservano, si studiano, decidono le loro mosse e prevedono i movimenti dell’altro. Ridotto a carne rossa e logorata, Ben corre per la steppa secca e desolata, piedi e petto nudi. È diventato l’ostacolo dell’uomo d’affari John Madec che preferisce uccidere piuttosto che mettere a rischio un accordo da milioni di dollari. Eppur se sfiancato, afflitto, sempre più mancante di quella speranza che a poco a poco muore, il ragazzo è deciso a surclassare la legge non del più forte, ma delle possibilità, delle agevolazioni, non lasciandosi ammaliare da un futuro che si realizzerebbe soltanto a discapito di un segreto orribile da seppellire sotto a dei massi. Una vera caccia all’uomo nel territorio più ostile che la natura possa offrire, un deserto rovente dove difficilmente ci si può nascondere, la violenza che insegue e che dilania costringendo ad una corsa verso il riparo per trovare la salvezza. Ben dal canto suo,  inseguirà la strada per rimanere in vita fatta di pali della corrente, baracche di legno abbandonate e insenature nella roccia, creando un continuo inganno per il suo cacciatore.

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Michael Douglas è John Madec in The Reach-Caccia all’uomo

Basato sul romanzo Deathwatch dello scrittore Robb White, autore che ebbe largo successo tra gli anni cinquanta e sessanta, Jean-Baptiste Lèonetti dirige al suo primo lungometraggio americano un Michael Douglas convincente e inflessibile, nel ruolo di uno di quegli uomini dal fare prepotente che ha sempre comprato ciò che voleva dalla vita. Il grande attore ha creduto nelle potenzialità di tale progetto fin dal suo inizio, diventandone tra l’altro anche produttore. Storia avvincente che mantiene alta la tensione fin dal primo inseguimento, un epilogo sconvolgente per un finale in continua ripresa, con The Reach – Caccia all’uomo, si apre la stagione del cinema estivo.

Giudizio Cinematographe

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.8

Voto Finale