The Skeleton Key: recensione dell’horror con Kate Hudson e Peter Sarsgaard

The Skeleton Key è un horror la cui pecca principale è una struttura eccessivamente bipartita. Ecco la recensione del film di Iain Softley.

La trama di The Skeleton Key vede protagonista Caroline, una giovane infermiera che si prende cura dei casi di malati terminali. Dopo il decesso di un paziente nella clinica in cui prestava servizio, la ragazza decide di cercare un lavoro a domicilio e viene assunta per badare a Benjamin Deveraux, anziano da poco colpito da un ictus che vive, insieme alla moglie, in una vecchia villa isolata a New Orleans. Fin dal suo arrivo Caroline nota diverse stranezze, a cominciare dalla totale assenza di specchi, e scopre un’antica leggenda relativa ad un macabro fatto avvenuto all’inizio del secolo scorso tra quelle quattro mura.

Il regista britannico Iain Softley esordisce nel 1994 con il lungometraggio Backbeat – Tutti hanno bisogno d’amore, cimentandosi poi in generi molto differenti: partendo dalla trasposizione di un romanzo di Henry James con Le ali dell’amore, per arrivare al thriller fantascientifico con K-PAX. Con The Skeleton Key Softley approda all’horror con la sceneggiatura firmata da Ehren e con un cast d’eccezione composto da Kate Hudson e Peter Sarsgaard, i due veterani Gena Rowlands e John Hurt. Unica nota dolente sembra proprio la stessa regia che, sebbene appaia abbastanza convenzionale, il cast si dimostra un elemento determinante permettendo di offrire delle prove attoriali decisamente sopra la media per il genere. Gena Rowlands si dimostra così un piacevole ritorno, John Hurt è asciutto e alterato come da copione, mentre la Hudson regala quella nota di freschezza e scatti d’inquietudine a un personaggio divorato dal rimorso.

The Skeleton Key: thriller psicologico o horror classico?

The Skeleton Key - Cinematographe.it

In The Skeleton Key non ci sono scene splatter o sanguinolente, il meccanismo orrorifico riesce comunque nei suoi intenti. La paura è qui piuttosto psicologica, legata alla consapevolezza che il tempo e il suo incedere siano nemici silenziosi. Gli strumenti per trasmettere inquietudine fanno capo a superstizioni e riti dell’hoodoo (un sistema magico che incrocia atti superstiziosi pagani alla teologia cristiana in un connubio disturbante) praticati nel film. Ecco quindi dispiegarsi un lunghissimo elenco di crocefissi su altari adornati di piume di gallina, polvere di mattoni sulle soglie per impedire l’ingresso degli spiriti, santi pregati a suon di animali sacrificati; proiettando lo spettatore in una realtà mutevole, dove la divisione tra il bene e il male diventa assai ardua da decodificare, impedendo di avere punti saldi a cui credere.

Lo sfondo della vicenda è costituito da un’ambientazione eccezionale: la Louisiana e, in particolare, una New Orleans che diventa personaggio dominante. Il caldo e l’umido si connettono alle paludi colme di zanzare e alle credenze popolari degli afroamericani incastrandosi alla perfezione. I vari flashback nel corso della pellicola si delineano come elementi fondamentali e pregnanti fornendo allo spettatore uno spaccato davvero riuscito della vita degli schiavi e delle piantagioni di cotone del sud degli Stati Uniti.

Il film ha numerosi elementi archetipici del cinema horror che riecheggiano stilemi del cinema del passato, d’ispirazione romantico-letteraria, come la casa infestata e stregata che diventa vero e proprio organismo vivente, oppure il tema dei “doni” che si nascondono nelle abitazioni, nei giardini segreti o in quelli a labirinto. Il luogo abitato assorbe la vita di coloro che vi abitano e si trasforma in corpo-pensante, capace di trattare i malcapitati intrusi come carne da macello. The Skeleton Key, sotto questo aspetto si prefigura come un film d’ispirazione classica, che non eccede in troppi simbolismi. Il tutto finisce per classificarlo come un thriller-horror come tanti altri, realizzato con dovizia ma senza troppi spunti originali. Certo è che l’elemento di mystery presente incuriosisce l’occhio dello spettatore, ma la gestione del ritmo che cadenza il film diventa debole e poco incisivo; facendo sì che il tutto si colori con un velo di banalità.

The Skeleton Key perde credibilità con una netta separazione fra prima e seconda parte

The Skeleton Key - Cinematographe.it

Sebbene fino a qui nulla sembri particolarmente estroso, possiamo comunque segnalare che la sceneggiatura presenta spunti interessanti. La nota dolente è imputabile alla regia che non si dimostra in grado di poter supportare le potenzialità del film: il look da videoclip che la pellicola assume nelle fasi di maggiore tensione e nei flashback cozza decisamente con l’ambientazione e lo spirito della vicenda; il montaggio frenetico e la tendenza all’uso gratuito di inquadrature eccessivamente non simmetriche non aiutano la comprensione di alcuni snodi fondamentali della narrazione finendo per appesantire, inutilmente, un’estetica che poteva essere piacevole. Nel complesso, sebbene The Skeleton Key non possa dirsi un film molto riuscito, non gli si può non riconoscere una dose di originalità in più rispetto ai milioni di inutili horror che arrivano nelle nostre sale.

L’elemento poco riuscito del film è imputabili a una netta differenza fra prima e seconda parte. Se nella prima tutto scorre in modo abbastanza lineare, nella seconda si perde organicità. La protagonista si dimostra, infatti, troppo curiosa, intenta a compiere azioni assurde (anche per un horror) e se anche giustificate da traumi del passato, assumono connotati davvero paradossali. La prima parte più classica lascia lo spazio a una seconda che potrebbe far intravedere un briciolo di originalità ma che finiscono per andare verso deviazioni territoriali fin troppo movimentate. In sintesi anche se il finale si dimostra al di là delle aspettative il cambio direzionale arriva, decisamente, troppo tardi. La criticità è che dopo la visione rimane un senso di profonda incompletezza e insoddisfazione per quello che, con poco sforzo, poteva essere un ottimo prodotto e invece rimane un gothic-horror poco più che mediocre.

Regia - 2
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2
Recitazione - 4
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.5