The Soil and the Sea: recensione del film presentato al Sole Luna Doc 2024
The Soil and the Sea, la recensione del film documentario di Daniele Rugo, presentato al Sole Luna Doc 2024.
“Guarda il mare: che cosa vedi?” La voce fuori campo di uno straniero, un libanese, ci conduce alla scoperta di The Soil and The Sea, ovvero una terra e il suo mare, diventati una sorta di cimitero dove le vittime di guerra giacciono, senza che nessuno possa reclamarle. Il documentario, dal forte impatto visivo, racconta pezzi di storie dimenticate. In Libano, ci sono più di cento fosse comuni risalenti alla Guerra Civile, scoppiata negli anni Ottanta. Ancora oggi migliaia di famiglie sono in attesa di un parente o di un osso da seppellire. Molte di loro sono tombe di civili, caduti sotto le armi o le bombe. Il Mare Bianco, così chiamato per le migliaia di vittime seppellite sui suoi fondali e mai più ritrovate, è una sorta di cimitero silenzioso, custode di segreti e sofferenza. Nessuno può reclamare né piangere i propri parenti. Il film di Daniele Rugo mostra la violenza che si nasconde sotto un giardino, una scuola, e paesaggi ordinari. Mentre la voce fuori campo e la telecamera ci interroga su ciò che succede in questi luoghi, le voci riempiono lo spazio e il tempo con le storie di coloro che sono caduti e le cui storie sono state dimenticate.
The Soil and the Sea è un film di denuncia dove la vera forza sta nelle immagini e nei dettagli
Con The Soul and the Sea, il regista Daniele Rugo – al suo secondo lungometraggio – ci costringe a compiere uno sforzo non facile: guardare e ascoltare. Soprattutto, guardare. Osservare i dettagli, notare i particolari. Perché The Soil and The Sea, presentato nel corso della rassegna dedicata al cinema documentaristico internazionale Sole Luna Doc 2024, è un film dal forte impatto visivo, dove le immagini sono tutto. Non vengono mostrati i volti delle persone, ma solo le voci fuori campo di coloro che hanno perso i loro cari e non li hanno più rivisti. Sono soprattutto storie di donne che hanno salutato i propri figli, partiti per cercare fortuna all’estero, e non sono più tornati. Dalle loro parole capiamo che tutti chiedono la stessa cosa: una chiusura. “Anche se si tratta solo di un osso, noi lo vogliamo, per seppellirlo”, questa è la frase di una delle vittime, che racconta la sua testimonianza.
The Soul and the Sea ricostruisce la devastante Guerra Civile in Libano, che nel 1982 ha costretto quasi un milione di persone a fuggire dal paese, per evitare di finire uccisi come 120.000 vittime prima di loro. Non c’è un unico narratore, bensì è un insieme di storie che si uniscono per ricordare quello che è successo oltre quarant’anni fa. Circa 17.000 persone sono scomparse a causa della guerra. Chi è stato ucciso, chi è stato rapito. La telecamera alterna scene apparentemente di vita comune con filmati d’archivio risalenti al conflitto armato. Sembra un tour del Libano, ma in realtà The Soul and The Sea ha il chiaro intento di denunciare l’accaduto. Il governo ha imposto una forte censura, cercando di impedire alle persone di parlare. La potenza della memoria, però, è stata più forte della legge. Per non dimenticare, le vittime e i testimoni di quegli orrori continuano a raccontare come un atto di sopravvivenza e speranza.
The Soil and The Sea: valutazione e conclusione
In The Soil and The Sea, le immagini e la fotografia (anche d’archivio) giovano un ruolo molto fondamentale. Daniele Rugo fa affidamento alla gente comune, la vera forza del documentario, per parlare affinché l’orrore non venga dimenticato. In effetti, la Guerra Civile in Libano viene ricordata solo in quanto conflitto, ma nessuno ha mai posto l’enfasi sulle sue vittime. Il film, inoltre, con un inquietante paragone con quanto sta accadento oggi in Medio Oriente, denuncia gli orrori della guerra, rievocando anche le immagini dei palestinesi in fuga e costretti a trovare asilo, mentre gli israeliani continuano ad ucciderli. Bisogna sempre ricordare per non dimenticare: questo è un atto di sopravvivenza.
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