The taste of secrets: recensione del documentario di Guillaume Suon

Al Sole Luna Doc Film Festival una storia di ricordi e di affetti familiari legati a due dei più terribili genocidi della storia.

Non sempre è facile ricordare: a volte quello che affiora alla mente è qualcosa di spiacevole, e quindi lo si sopprime con forza e si cerca di passare ad altro. Talvolta, invece, il ricordo è così doloroso che la sua rimozione avviene quasi inconsapevolmente, come se il nostro cervello stesse cercando di difenderci da certe brutture. Non tutti reagiscono allo stesso modo di fronte agli orrori del passato: c’è chi li affronta e chi, invece, vuole solo metterci una pietra sopra. Come i due protagonisti di The taste of secrets, documentario di Guillaume Suon presentato al 15° Sole Luna Doc Film Festival.

Insieme a suo fratello, il franco cambogiano Guillaume Suon cerca di indagare nel passato di sua madre, una delle sopravvissute al genocidio cambogiano avvenuto tra il 1975 e il 1979 ad opera dei khmer rossi. La donna, che all’epoca dei fatti era poco più che una bambina, è riuscita poi a fuggire in Francia insieme a ciò che restava della sua famiglia, e lì si è rifatta una vita, lontana da quella terra dolorosa che le ha portato via i suoi cari.

L’altro protagonista del documentario è il fotografo Antoine, nipote di sopravvissuti a un altro crudele genocidio, quello del popolo armeno, avvenuto tra il 1915 e il 1916 ad opera dell’Impero ottomano. Antoine, insieme al suo lavoro di fotografo, ha portato avanti anche un’attività di ricerca per indagare meglio nel passato della sua famiglia, dando nomi e volti a coloro che non ci sono più e anche a chi si è battuto coraggiosamente per salvare vite umane in un periodo in cui era rischiosissimo farlo. Un’attività, questa, che l’ha portato a interessarsi anche dei conflitti attuali e dei popoli da essi flagellati, tanto da scendere in campo come fotografo di guerra.

The taste of secrets: due modi di reagire agli orrori del passato

The taste of secrets - Cinematographe.it

La relazione che la mamma del regista e il fotografo Antoine hanno con il passato è agli antipodi: di repulsione e di paura la prima, di interesse e di desiderio di apprendere il secondo. Sicuramente, uno dei motivi alla base di questa bipolarità è da individuarsi nel fatto che la donna ha vissuto sulla propria pelle gli orrori dai quali cerca di fuggire, mentre Antoine li ha ereditati solo sottoforma di racconti dalla propria famiglia.

Con una grande dolcezza, Guillaume Suon e suo fratello, nell’effettuare le riprese di The taste of secrets, cercano di portare affettuosamente la loro mamma sulla scia dei ricordi: la donna a tratti cede, spalleggiata anche da altri cambogiani che come lei sono andati a vivere in Francia, e racconta di alcuni momenti vissuti insieme ai fratelli e a sua madre, parla loro delle prelibate ricette che il padre era solito preparare nella loro casa e dei segreti culinari che le ha tramandato… Ma poi subentrano gli odori, i suoni e le immagini delle violenze a cui ha assistito, della cruda efferatezza con cui esseri umani come lei sono stati torturati e uccisi, della fame, quella vera, che lei e la sua famiglia hanno dovuto patire, senza riuscire a prendere sonno per i rumori del proprio stomaco… E la forza le cede, e smette di raccontare, e chiede di non indagare oltre perché lei non riesce a sopportare il peso del suo passato.

La dolcezza del regista e del fratello nel raccontare la storia materna cede il passo alla curiosità e al rigore impiegati per approcciarsi invece ad Antoine e alla sua attività: il fotografo non lesina racconti, spiega come può quello che sa, mostra immagini, foto, oggetti e luoghi di ciò che è stato, invita Guillaume a recarsi con lui nelle zone di guerra per assistere in prima persona ai fatti che narra. Se ci sono segreti, nel passato della famiglia di Antoine, il fotografo vuole scoprirli in una grande e incessante attività di ricerca.

L’importanza di ricordare ma anche di non farlo

The taste of secrets - Cinematographe.it

Il gusto dei segreti, The taste of secrets come recita il titolo, può però essere amaro. Nonostante le iniziali resistenze, la madre del regista alla fine comunque cede, e accompagna i figli in un viaggio nella sua Cambogia, rivivendo con lo sguardo quei luoghi che nella sua mente significano dolore e morte. Insieme a lei, i due ragazzi scoprono dove affondano dunque le proprie radici, esplorando città e facendo esperienza di riti e tradizioni che fanno parte del dna della loro famiglia. Tra lacrime e sospiri, la donna sembra alla fine aver accettato il peso del proprio passato, pronta a dare il giusto tributo ai suoi cari scomparsi come in un lungo, sofferto arrivederci.

The taste of secrets è una storia che parla di legami e di affetti e dell’importanza non solo di ricordare, ma anche di scegliere di non farlo. La macchina a spalla di Guillaume Suon segue da vicino le due linee narrative mostrando a volte un’apparente invadenza, ma finendo poi invece per rivelare una rispettosa curiosità. Curiosità che è voglia di scoprire e allo stesso tempo di scoprirsi, in un infinito gioco di tempi che si intersecano e di dialoghi continui tra presente e passato.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.2