The Tender Bar: recensione del film di George Clooney su Prime Video

The Tender Bar non è il film di George Clooney che ci aspettavamo, lasciandoci così con l'amaro in bocca.

Quale strana creatura è The Tender Bar, il film di George Clooney disponibile dal 7 gennaio 2022 su Prime Video. La sua stranezza risiede nell’essere un prodotto godibile e allo stesso tempo anonimo. È in questa ambivalenza che si muove l’intera storia tratta dall’omonimo romanzo autobiografico di J.R. Moehringer. Clooney riprende in modo pedissequo le parole scritte dal giornalista premio Pulitzer, con la voce fuoricampo ad accompagnarci durante il percorso. L’atmosfera anni ’80 specchia la famiglia italo-americana di Scorsese, negli abiti quanto nelle usanze familiari; ovviamente senza la cifra stilistica del famoso regista. Costumi, musica e visioni della vita danno forma al contesto storico, e da un punto di vista scenografico il film si dimostra ben costruito. Allora dov’è che The Tender Bar perde la propria energia? Nella regia pressoché assente di Clooney e in una sceneggiatura che fa correre in tondo i propri personaggi.

Con The Tender Bar Clooney svolge il compitino, niente eclatante ma neanche così terrificante. Un film come tanti prima di lui; a più riprese la storia ripesca stilemi già osservati in altri coming-of-age. Siamo difronte ad una storia semplice, anche fin troppo, da guardare comodamente sul divano quando non si hanno troppe pretese. L’amaro in bocca alla fine della visione rimane comunque, questo è certo, ma non tanto da farci odiare il film. Questo perché The Tender Bar non presenta grandi errori, tuttavia la semplicità sembra pervaderci di una certa frustrazione, in quanto ci aspettiamo ad ogni minuto quel qualcosa in più che non arriverà mai. A gravare su ciò, troviamo un intero comparto attoriali sottotono, che non è in grado di trasmetterci nessuna forte emozione. Molti passaggi della storia avrebbero richiesto una maggiore vena sentimentale, eppure il lavoro per sottrazione svolto sui personaggi ci restituisce visi marmorei e asettici. In primis troviamo il J.R. interpretato da Tye Sheridan e un’apatica Lily Rabe.

The Tender Bar: dalla realtà alla carta, e dalla carta al cinema

The Tender Bar - Cinematographe.it

The Tender Bar ci porta nel passato di J.R. Moehringer, alla sua infanzia e al suo percorso per diventare uomo, passando per l’università, disastrose cotte amorose e un padre assente. J.R. si trasferisce insieme alla madre (Lily Rabe) a casa del nonno (Christopher Lloyd), un uomo brusco e dalla flatulenza facile. Tra i problemi economici e l’assenza paterna, il piccolo trova la propria serenità e comfort zone nella lettura. La scrittura si trasforma man mano da semplice passione a una vera e propria dote, coltivata grazie all’aiuto dell’eccentrico zio Charlie (Ben Affleck). Quest’ultimo gestisce il The Dickens, un bar letterario dai pittoreschi quanto alticci avventori. Il futuro di J.R. è già stato scritto, la madre ha sempre desiderato per lui il meglio, e quel meglio la rappresenta Yale. Così, una volta in età J.R. viene ammesso alla prestigiosa università, dove farà la conoscenza di Wesley (il Rhenzy Feliz di Runaways) e la seducente Sydney (Briana Middleton).

Ognuno di questi personaggi sarà una figura centrale nella crescita del protagonista, e la accompagneranno passo per passo verso quel successo già scritto. È proprio in questo testamento iniziale che The Tender Bar perde di attrattiva, nel suo annunciare un finale scontato. La storia, come dicevamo prima, sembra girare in tondo, crea situazioni fini a sé stesse che niente apportano alla trama orizzontale. Veniamo continuante sballottati dall’università a casa Moehringer, senza mai comprendere il vero percorso di J.R. Il cast, in tal senso, non ci lancia nessuna ancora di salvezza. La recitazione del film non segue nessuna scaletta emotiva, e ogni situazione viene affrontata in egual misura; come se stessimo ascoltando una canzone mono nota. Il confronto finale del protagonista con il padre ha la stessa portata di qualsiasi scena transitoria, perdendo così di pathos. In un mondo dove la ricerca dell’emozione forzata la fa da padrone, Clooney cerca una soluzione drastica e lavora per sottrazione, ma si lascia andare come i parrucchieri ad un taglio troppo corto. Questo continuo rimuovere, dalla regia fino alla recitazione, privano il film di una sua corporeità e piena essenza: un compitino senz’anima.

Dov’è finita la regia di Clooney?

The Tender Bar - Cinematographe.it

Siamo ben lontani da film come Good Night, and Good Luck. e Le idi di marzo, come è ben lontano Ben Affleck dalle sue migliori interpretazioni. L’attore impersona uno dei personaggi più importanti dell’intero film, da un certo punto di vista è quella figura di spicco che sovrasta il protagonista. Purtroppo però, lo zio Charlie di Affleck non brilla mai di quell’anima carismatica che il ruolo richiede. Lo troviamo scarico in The Tender Bar, quasi stanco e affaticato. L’attore dà il suo meglio, ma non sembra essere abbastanza da bucare lo schermo. Ed è un peccato, perché un maggiore brio avrebbe risollevato un film per certi versi piatto. Detto ciò, il film ha anche i suoi momenti ben costruiti, pochi ma presenti. Parliamo di quelle scene in cui Clooney sembra prendersi meno sul serio, e sono i più riusciti.

Quella di Clooney è una regia senza cuore, senza accenti sullo stato d’animo dei personaggi. Ciò che manca è l’introspezione, quei primi piani sui volti alla ricerca dell’emozione. Per quanto pervaso da un’anima fin troppo intimista, il Se la strada potesse parlare di Barry Jenkins è il film a cui pensiamo quando si parla di riprese enfatiche. Quella che avremmo voluto vedere è appunto una via di mezzo tra questi due film. È un vero peccato che la sceneggiatura di William Monahan non sia presa maggiore libertà creativa, rimanendo così vincolata ad un racconto fin troppo fedele al romanzo di Moehringer. A tratti il film sembra fin troppo didascalico nelle sue critiche ad una certa classe sociale, quanto nella rappresentazione del successo dal basso. La storia di Moehringer diventa così un racconto autocelebrativo, una ricalcatura di quello stereotipo del genio che ha caratterizzato vecchie produzioni. Da questo punto di vista, The Tender Bar si dimostra un po’ antiquato, figlio di un vecchio retaggio narrativo. Al netto dei suoi errori, il film di Clooney viaggia comunque nella media, sfortunatamente di questi tempi non è sempre un pregio.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.3