The Water Man: recensione del film Netflix con Rosario Dawson
Gli Ottanta sono anni in cui le avventure su e per ragazzi andavano per la maggiore. A quel decennio appartengono, infatti, pellicole iconiche divenute degli autentici cult, entrate di diritto nei cuori e nell’immaginario comune come I Goonies, E.T. l’extraterrestre o Stand by Me – Ricordo di un’estate, tanto per citare qualche titolo. Ed è a quel periodo e filone, con uno spirito romantico e nostalgico, che David Oyelowo ha rivolto lo sguardo per il suo debutto da regista dopo una lunga e fortunata carriera trascorsa davanti la macchina da presa. Si tratta di The Water Man, rilasciato su Netflix il 9 luglio dopo l’anteprima al Toronto International Film Festival 2020 e l’uscita nelle sale cinematografiche statunitensi nel maggio scorso.
The Water Man è la storia di un figlio pronto a tutto pur di salvare la madre malata
Il film, nato dalla penna della sceneggiatrice Emma Needell, racconta la storia di un ragazzino afroamericano di nome Gunner, amante della lettura e del disegno, che vuole provare a salvare la madre malata di leucemia alla quale è molto legato. Per farlo si affida a Jo, un’adolescente dal passato difficile, con la quale parte alla ricerca di Water Man, una figura mitica che si dice abbia poteri magici di guarigione e il segreto della vita eterna. I due dovranno affrontare molti ostacoli per salvare sua madre dall’infausto destino, compresa un’intera foresta in fiamme.
Dolore, accettazione e crescita sono i temi centrali di un romanzo di formazione che unisce realismo e immaginifico
Come da tradizione del suddetto filone, cavalcando e rievocando l’anima che pervadeva le opere ad esso iscritte, concepite in quel decennio indimenticabile, i protagonisti di questo romanzo di formazione partono all’avventura per provare a cambiare il loro destino e quello delle persone che li circondano. Il risultato è un viaggio fisico ed emozionale alla scoperta di sé e del mondo, che diventa un’occasione per un confronto faccia a faccia con quelli che sono delle tematiche chiave del coming of age: il dolore, l’accettazione e la crescita. Il Gunner di The Water Man li dovrà affrontare per proseguire lungo il cammino della sua vita e dei suoi cari, per uscirne definitivamente e inevitabilmente cambiato. Dal canto suo lo spettatore sarà il testimone oculare di questo cambiamento, coinvolto emotivamente in una vicenda che tocca le corde del cuore, inumidisce le guance e offre momenti di poesia (vedi la nevicata improvvisa) o di tensione (l’attraversamento del ponte sul fiume e l’epilogo nella foresta in fiamme).
La scrittura di The Water Man non scava quanto dovrebbe nei personaggi
Intenso e toccante, il film può contare su un cast di altissimo livello (Rosario Dawson, Maria Bello, Alfred Molina e lo stesso Oyelowo, che ha ritagliato per se stesso il ruolo del padre di Gunner), che non a caso finisce con l’essere uno dei valori aggiunti di un esordio che tra alti e bassi riesce a restare a galla della sufficienza. Le emozioni fanno da collante tra le componenti opposte sul quale si regge l’architettura narrativa: il realismo e l’immaginifico, il dramma e il fantasy, il live action e l’animazione. Dove The Water Man dimostra delle carenze è nel respiro corto che la scrittura ha quando al contrario l’approfondimento e la riflessione degli stati d’animo e dei perché sarebbe dovuto essere più lungo. La timeline e di conseguenza il racconto sembrano tagliati con l’accetta, per riportare il tutto a uno stretto necessario pur di non accumulare minuti di troppo. Minuti che invece avrebbero dotato le scene e i personaggi di un approfondimento maggiore. In effetti, se il profilo di Gunner è ben delineato, quello di altri è appena abbozzato (vedi ad esempio il vissuto di Jo). Colmato tale gap, la pellicola potrebbe donare al fruitore e a se stessa molto di più.