The Witcher: le sirene degli abissi – recensione del film Netflix
La recensione del secondo anime dedicato all’universo The Witcher, ma stavolta il risultato è piuttosto deludente. Dall’11 febbraio 2025 su Nerflix.
Quando Esopo nel lontano VI secolo a.C. scrisse la favola de La gallina dalle uova d’oro erano chiari quali fossero il monito e la morale che il racconto arrivato fino ai giorni nostri portava con sé. Con quelle pagine lo scrittore greco insegnava ad accontentarsi di ciò che si ha e che l’avidità può giocare brutti scherzi. Da quelle stesse sagge parole è nato probabilmente il detto popolare “chi troppo vuole nulla stringe”, che è un po’ quello che ci sentiamo di prendere in prestito per mandare giù il boccone amaro legato alla visione di The Witcher: le sirene degli abissi, il nuovo film d’animazione fantasy per adulti ambientato nel mondo creato dalla penna di Andrzej Sapkowski. Che Netflix, che ha co-prodotto e distribuito la suddetta pellicola che ne è parte integrante a partire dallo scorso 11 febbraio 2025, abbia trovato nella saga dello scrittore polacco la gallina dalle uova d’oro di turno da spremere il più possibile e dalla quale attingere a piene mani per dare vita a contenuti per la propria piattaforma, è ormai fin troppo evidente. Lo certificano le numerose stagioni della serie in live-action che tanto hanno spopolato sulla piattaforma, ma soprattutto i derivati che i piani alti del broadcaster statunitense hanno dato e stanno dando alla luce con lo scopo di espandere la portata dello show principale attraverso la realizzazione di progetti paralleli che ne esplorano aspetti differenti. Peccato che, come in questo caso, il risultato di tale processo non abbia portato a esiti soddisfacenti. La mente in tal senso non può non tornare a Il Signore degli Anelli: La Guerra dei Rohirrim, tentativo coraggioso ma purtroppo imperfetto di trasporre elementi e personaggi della saga tolkieniana in versione animata.
The Witcher: le sirene degli abissi mantiene alti gli standard qualitativi tecnici del precedente anime, al contrario di quelli narrativi che si rivelano ben al di sotto delle potenzialità della matrice letteraria
Non possiamo e non vogliamo quindi nascondere quella che è stata la cocente delusione nei confronti del secondo anime appartenente al franchise di The Witcher. Mentre il primo e apprezzato lungometraggio del 2021 dal titolo The Witcher: Nightmare of the Wolf aveva soddisfatto sia sul piano tecnico che narrativo, lo stesso non si può dire per The Witcher: le sirene degli abissi. Se il cambio in cabina di regia da Han Kwang II a Kang Hei Chul non ha influito negativamente sulla resa, confermando e dando seguito a quelli che erano stati gli standard qualitativi e la buona fattura raggiunti dal precedente film in termini di look generale, character design e di fluidità dell’azione, al contrario la scrittura ha mostrato evidenti lacune e vistosi segni di cedimento, tali da depotenzializzare e indebolire narrativamente e drammaturgicamente quanto approdato sullo schermo. Le scene più dichiaratamente action e spettacolari in tal senso sono l’unico punto a favore dell’operazione, con quella componente splatter che rende il tutto ancora più impattante come nel caso dei combattimenti sui vascelli o gli scontri tra il protagonista e l’orda di vodnik. Le suddette sequenze a conti fatti risultano dinamiche e spettacolari, tanto da garantire alla fruizione la giusta dose di coinvolgimento e adrenalina. È lì che il cineasta sudcoreano è riuscito a tirare fuori il meglio da un progetto altrimenti molto carente per quanto concerne il racconto nella sua interezza.
La buona confezione non basta a sopperire a quelle che sono le mancanze e le fragilità strutturali di uno script debole e inconsistente
La buona confezione non basta dunque a sopperire a quelle che sono le mancanze e le fragilità strutturali di uno script debole e inconsistente, arrivando persino a raschiare il fondo del barile quando si arriva a scimmiottare in chiave musical La sirenetta nelle futili digressioni che parlano della travagliata storia d’amore tra la principessa Sh’eenaz e il figlio del re Agloval. In generale gli autori Mike Ostrowski e Rae Benjamin si sono affidati alle pagine del racconto breve A Little Sacrifice apparso in Sword of Destiny, che temporalmente si va a collocare cronologicamente tra gli episodi 5 e 6 della prima stagione di The Witcher. Con e attraverso di esso, gli sceneggiatori si sono potuti concentrare sul personaggio centrale della saga, ossia quello che è stato tradotto inizialmente in carne ed ossa da Herny Cavill e sarà portato avanti da Liam Hemsworth. Una scelta quindi totalmente diversa da quella presa per The Witcher: Nightmare of the Wolf, che si focalizzava invece sulla vita e le avventure giovanili di Vesemir. Qui il protagonista e il fido Dandelion sono chiamati a impedire a dei mostri marini di sterminare gli abitanti di un villaggio costiero, ma dopo avere rimosso il velo di inganno dietro la missione dovranno sventare un conflitto ancora più grande e sanguinario.
The Witcher: le sirene degli abissi è un fragoroso passo falso piuttosto che un rilancio in grande stile per il progetto di espansione in chiave animata della saga
Quello al quale si assiste è un passaggio molto importante per il futuro della serie e del progetto correlato di allargare l’orizzonte dell’universo creato da Sapkowski e di farlo attraverso altre forme audiovisive che non siano quelle esclusivamente legate al live-action. Lo è perché rivela la volontà di puntare sulla figura di Geralt e di svilupparla al di là della serie sopraccitata, consapevoli del potenziale cross-mediale e dell’appeal della saga e del suo protagonista. Del resto altri tentativi come la miniserie prequel, The Witcher: Blood Origin, ambientata 1200 anni prima dell’epoca di Geralt per mostrare l’origine dei Witcher, non si è dimostrata all’altezza della situazione, fallendo su più fronti. Peccato che questo secondo tentativo si sia rivelato un fragoroso passo falso piuttosto che un rilancio in grande stile.
The Witcher: le sirene degli abissi: valutazione e conclusione
Dopo un primo promettente tentativo di espandere l’universo di The Witcher in chiave animata ne arriva un secondo dal titolo The Witcher: le sirene degli abissi che si rivela un clamoroso passo falso, che potrebbe in qualche modo fare desistere Netflix dal proseguire su questa strada. Se sul piano tecnico l’anime diretto da Kang Hei Chul ha confermato quanto di buono fatto dal predecessore in The Witcher: Nightmare of the Wolf, offrendo nuovamente al fruitore di turno una discreta dose di spettacolo e coinvolgimento soprattutto nel scene più dichiaratamente action, da quello narrativo e drammaturgico i limiti palesati dalla scrittura di Mike Ostrowski e Rae Benjamin sono piuttosto evidenti. Il plot è piatto e fin troppo schematico, con parentesi in chiave musical che lasciano il tempo che trovano. Davvero un gran peccato, poiché il potenziale messo a disposizione dalle pagine dell’autore della saga, il polacco Andrzej Sapkowski, rappresentava una buonissima base di partenza per dare vita a un prodotto di tutto rispetto.