The Woman King: recensione del film di Gina Prince-Bythewood
The Woman King, è il film drammatico\storico diretto dalla regista statunitense Gina Prince-Bythewood, distribuito da TriStar Pictures e Entertainment One, presentato al Toronto Film Festival lo scorso 9 settembre 2022, in uscita in tutte le sale italiane dal 1° Dicembre 2022.
Il film si basa su eventi reali, precisamente ricostruisce attraverso gli occhi delle donne amazzoni la resistenza contro i commercianti di schiavi europei. Il premio Oscar Viola Davis guida un esercito di donne africane, eroine senza tempo, combattenti per la libertà e il diritto di esser donna, senza sottomettersi alle disparità mentali di un uomo padrone.
The Woman King: la forza delle donne contro la schiavitù
Siamo nel 1823, Nanisca, generale delle Agojie, addestra giovani ragazze africane per educarle a difendersi dalle prepotenze dei colonialisti europei oltre che dalle guerriglie interne che distruggono da sempre l’intera africa tra stati più ricchi e potenti contro quelli più disastrati dal punto di vista sanitario e culturale. Una storia che si ramifica tra maltrattamenti e mortificazioni nei confronti del genere femminile, considerato merce e privo di qualsiasi autorità anche su se stesso. Quello che colpisce maggiormente di questa pellicola, è che scava attraverso le immagini nella profondità di fatti storici reali; c’è molto poco di romanzato, sono due ore e mezza di immagini crude e dettagliatamente atroci, fin troppo distanti da una cultura come la nostra ma no da chi ha guidato un’impresa cosi sanguinosa. Tutto è molto chiaro, è molto preciso, persino le responsabilità che ricadono su un’europea colpevole e miratrice nei confronti di una popolazione sminuita nella sua essenza e nel suo valore. L’uomo e la sua forza di far del male a se stesso, il pensiero incivile di una classificazione pensata tra ciò che vale e ciò che somiglia ad un animale.
The Woman King: un racconto sincero di violenza e battaglie
Gina Prince Bythewood non lavora assecondando le dinamiche cinematografiche, non tiene a evidenziare costantemente che questo sia un film, al contrario dirige senza dimenticare niente, quasi tratteggiando un documentario realistico che non taglia scene e non esclude la condanna.
C’è il rifiuto verso i matrimoni forzati, il rifiuto di intrappolarsi nelle sedi della violenza, il rifiuto di essere prezzate secondo quantità di denaro che mai una persona in quanto tale potrà eguagliare. Giovani spartane che si ribellano per ciò che non dovrebbe essere ribellione, per ciò che non dovrebbe essere combattuto ma ottenuto naturalmente.
In The woman King, le donne vincono attraverso una forza corporea e mentale, l’una indispensabile all’altra. L’astuzia di imparare ad orientarsi nei contesti ostili, e di costruire una sopravvivenza ora per ora. È Impressionante, essere ingabbiate nella dimensione delle proprie origini, senza esattamente capire di chi sia la colpa che le abbia fatte trovare sul quello strato di terra, con quel colore di pelle e con volontà che devono uccidere per poter vivere dignitosamente.
135 minuti intensi, applauditi, emozionanti e severamente riflessivi, un racconto che non pone rimedio, che non estremizza nulla ma che si affida alla sincerità degli eventi, purtroppo; Nanisca e le sue giovani donne soldato come Nawi, non hanno del tempo per credere al futuro, sperano semplicemente in un presente.
Sicuramente un film che si potrà conquistare un posto tra le piccole epiche hollywoodiane, c’è finzione ma nei suoi aspetti più relativi come i personaggi e ribaltamenti temporali con cui si crea la narrazione della storia, ma per il resto si raddoppia la veridicità delle dinamiche creano il filo sequenziale, senza supporre la fantasia al rispetto di un frangente storico terrificante.