The X-Files: considerazioni finali post stagione
The X-Files, la miniserie evento in sei episodi di casa Fox, sequel delle nove stagioni precedenti del cult anni ’90 fantascientifico, giunge purtroppo al termine. Iniziata il 26 Gennaio scorso e curata, come per tutto il precedente ciclo concluso nel 2002, da Chris Carters, è terminato il 23 Febbraio. Abbiamo potuto provare l’ebbrezza di rivedere, dopo quasi quindici anni, gli agenti Mulder e Scully nuovamente in azione. Eppure, noi, nonostante l’entusiasmo e l’euforia da veri x-philes, non siamo rimasti molto soddisfatti di questa conclusione.
Sebbene le premesse siano state delle migliori, riprendendo sia le tematiche fondamentali della serie ma, al tempo stesso, svecchiandola moltissimo e adattandola, sia come ritmo che come immagine, alla modalità seriale di adesso, troppe porte restano aperte. Il tutto si conclude estremamente veloce, dando a stento un paio di risposte alle domande iniziali. Una gestione poco saggia del tempo a disposizione che ha visto una linea orizzontale solo per il primo e sesto, ovvero ultimo, episodio, dando agli episodi del mezzo più un gusto ironico e di fan service della serie.
Giustamente si dirà: in fondo, anche le stagioni precedenti erano così, preferendo più linea verticale e giusto qualche tocco di orizzontale ogni tot episodi. Verissimo! Infatti, si è sempre parlato di Episodi Mitologici, circa una settantina – esclusi i film – nel totale, per un numero in media di 6-8 episodi orizzontali a stagione. Ma non dimentichiamo che la media degli episodi che componevano una stagione era sui 24. In una miniserie composta da soli 6 episodi – veramente troppo pochi – dare così poco spazio ad una linea orizzontale talmente tanto complessa come quella di The X-Files, non è certo l’idea più geniale che possa venire ai creatori e produttori.
Ma andiamo per gradi! Il pilot di questa decima stagione ci mostra un Fox Mulder (David Duchovny) e una Dana Scully (Gillian Anderson) cresciuti, maturi ma con addosso le pesanti ferite del loro passato. Mulder non ha ancora trovate le sue risposte, e Dana è sempre più ossessionata dalla scomparsa di suo figlio e dalle mille domande che hanno iniziato ad assillarla da quando ha messo per la prima volta, ben ventidue anni fa, piede nello “scantinato” del weird agente Mulder.
Fox Mulder ci viene presentato, per più di un episodio, quasi come una versione frutto di una sintesi tra un cinquantenne carismatico ancora ossessionato dai suoi mille interrogativi e lo charme che ha affermato più di tutto l’attore Duchovny all’interno delle serie televisive, ovvero Hank Moody di Californication. In linea di massima, però, il nostro Fox è sempre lo stesso, in continuo conflitto con se stesso e soprattutto con Dana, cercando di convincerla che tutti abbiamo bisogno di crederci, anche quando ci sembra impossibile.
Dana Scully, invece, è quella sulla quale il cambiamento è ben più presente. Gillian Anderson è molto cambiata negli anni, e la sua presenza televisiva non è stata tanto massiccia quanto quella del collega, se non negli ultimi anni che l’hanno vista protagonista di serie in cui l’attrice ha dato sicuramente il meglio di sé stessa e della sua elegante femminilità, come in The Fall o Hannibal. Scully ha su di sé interrogativi molto più profondi e radicati rispetto a quelli di Mulder, e infatti più che non volerci credere, all’inizio è restia a immergersi nuovamente in questo universo fatto di complotti e segreti di Stato, dove la fiducia del cittadino è totalmente tradita. Più che altro, Dana ha molta paura di fare i conti col passato.
The X-Files arriva alla sua conclusione, ma quali porte sono state lasciate aperte?
Tornano fin da subito personaggi storici legati sia alla mitologia che non, come il paziente Walter Skinner (Mitch Pileggi) e il duro a morire “uomo che fuma” (William B. Davis) che, come al solito, è molto più che invischiato in tutta la questione.
Se il primo episodio è dedicato a una linea molto più “complottistica” dove alcuni nodi iniziano a venire al pettine, altri invece vengono a formarsi davanti ai nostri occhi, dal secondo al quinto episodio si gioca tra del sano fan service e qualche linea di approfondimento sui personaggi, soprattutto quello di Dana che sembra quasi sostituire le ossessioni di Mulder. Ritornano i suoi dubbi sul rapimento di se stessa, sull’ipotesi sempre più concreta che il suo dna sia stato modificato e sulla scomparsa di suo figlio. Altri sconvolgimenti turbano la mente dell’agente Scully, traumi legati alla sua famiglia, che più di una volta la faranno agire d’istinto.
Molto significativo e, per certi versi, simpatico è l’episodio quinto, Babylon, in cui i due agenti si troveranno a confronto con una versione più giovane di loro, sempre in bilico tra l’irrazionale e il razionale. Sebbene quello che è rimasto nel cuore di tutti noi, per divertimento e originalità, è il terzo, ovvero Mulder and Scully meet the Were-Monster, dove i nostri agenti saranno alle prese con una lucertola… mannara!
Insomma, fino all’episodio cinque, The X-Files mantiene quello che è il suo stile che va dall’episodio più serioso a quello più sconvolgente, dalla storia paradossale a quella che non troppo si allontana dalla realtà, ma le domande iniziali, che fine hanno fatto?
The Thruth Is Out There
Ebbene, esse ritornano veramente, con qualche personaggio incontrato nel corso di questi pochi episodi, e un nuovo ritorno chiave dal passato, solo nel sesto e ultimo episodio, quando l’umanità sembra essere arrivata al suo ultimo round. Il peso di riuscire a trovare la chiave per salvare l’intero mondo, messa a scacco dalla follia dell’uomo stesso e non dagli extraterrestri, è tutto sulle spalle di Dana, in quanto è proprio nel suo DNA a essere conservato quel genoma immune all’attacco virale che sta decimando la popolazione mondiale. Tutto ciò però non basta. Non solo non vengono realmente contestualizzate e concretizzate queste risposte, ma non si sa nemmeno se Dana sarà veramente in grado di salvare l’umanità e Mulder stesso. Inoltre, sorgono altre domande che restano lì senza risposta. Come, per esempio, perché l’uomo che fuma ha deciso di condannare tutti meno che Dana e qualche altro poco eletto? Che fine ha fatto il figlio di Fox e Dana? Qual è il vero obiettivo del governo?
Ma la vera domanda che più ci assilla e che farebbe venire voglia di spaccare lo schermo come se si stesse vedendo il finale di stagione di Game of Thrones, è quella che sorge negli ultimissimi tre secondi episodio, in cui Dana rivela che per poter salvare davvero Mulder ci vorrebbero le cellule del figlio scomparso Ben, e un misterioso fascio di luce proveniente dall’alto, illuminando proprio la loro macchina. Da dove viene quel fascio di luce? Alieni? Ben? Il governo americano? Qualcuno parla di porte aperte, normalissime per un finale di stagione. Si, se per porta intendiamo uno stargate e se alle spalle abbiamo un rinnovo di stagione sicuro, allora è più che normale, ma non è di certo questo il caso.
Insomma, in linea di massima possiamo anche promuovere questa series event di The X-Files, sicuramente per averci ridato i nostri due agenti dell’FBI preferiti, averci emozionato e fatto fare qualche risata, ma ciò non può bastare. L’intenzione di questa miniserie non sembra più quella di fare un regalo ai fan di X-Files, quanto invece di provare a resuscitare una serie finita anni fa. Questo risveglio si mostra efficace da un lato, ma dall’altro è sbagliato sulla linea di costruzione degli episodi che sembrano aver bisogno di molto più spazio e tempo. Impossibile realmente pensare che sei episodi, con un finale del genere, possano accontentare fan di vecchia data e non. Più che un finale di stagione, potremmo definirlo come un finale di mid season.
Ci auguriamo che la Fox abbia qualche asso nella manica, perché se i termini sono questi, dubito che il pubblico potrà definirsi soddisfatto.