RomaFF14 – This is not cricket: recensione del film di Jacopo de Bertoldi

This is not cricket è una pagina reale, che grazie all'occhio intelligente del regista, alla sua sensibilità narrativa rende ogni cosa spontanea.

Fernando e Shince sono amici da sempre, da quando si sono incontrati sul campo da cricket e da allora non si sono mai lasciati. Sono amici nonostante le differenze (l’uno italiano, l’altro autentico romano di origine indiana), nonostante le lontananze, crescono insieme. Questo è This is not cricket, il documentario scritto e diretto da Jacopo de Bertoldi – prodotto da Francesco Virga per Mir Cinematografica con Rai Cinema -presentato alla 14ma Festa del Cinema di Roma, come evento speciale di Panorama Italia nell’ambito di Alice nella Città. Il film segue la vita dei suoi due protagonisti, il loro percorso di crescita, tra cadute e piccole vittorie, tra Roma e India, dentro e fuori dal campo, impariamo a conoscere questi due ragazzi che fanno parte di una squadra in cui ci sono loro coetanei, immigrati, di prima e seconda generazione.

This is not cricket: Shince e Fernando giocano a cricket in una Roma bella nonostante le sue storture

Cinematographe.it, This is not cricket

This is not cricket è una storia d’amicizia, d’amore (per uno sport, per la propria terra, d’origine e quella dell’elezione), del passato, del presente e del futuro, segue Shince e Fernando nelle loro giornate, tra i loro sogni, in una società che non è sempre all’altezza, che non sta dietro ai cambiamenti, alle urgenze (dei cittadini). I due amici amano il cricket e vivono del/nel loro sogno, dovranno affrontare vari problemi, vivono in una società in cui integrazione, pregiudizi e differenze rappresentano un campo in cui scontrarsi e confrontarsi, su cui dialogare. Shince e Fernando si scelgono e si capiscono, rappresentano un futuro a cui aspirare, quello di un mondo aperto che si evolve ed è in continuo mutamento. Il regista racconta di essere rimasto folgorato da quell’infinitesimale punto del mondo (il campo da cricket) in cui la multiculturalità e il dialogo esistono, dai due giovani, uniti da un rapporto speciale che rompe barriere, costruendo al loro posto ponti, e ha scoperto questa piccola grande storia proprio mentre in Italia stava scoppiando la questione migratoria e le destre stavano iniziando costruire una propaganda bieca e crudele.

Il documentario – realizzato temporalmente in tre fasi, tra il 2012 e il 2018 –, girato quasi interamente tra le strade dell’Urbe , ci mostra una Roma a volte sbagliata, con le sue storture, ma bella di quella bellezza disarmante che solo le Città che ti hanno cresciuto (lo dice Fernando che lui ama la capitale anche quando le cose non vanno bene) possiedono.  De Bertoldi, con uno sguardo “asciutto” e attento, si immerge nel quartiere più multietnico della capitale, l’Esquilino, mostra le storie di Fernando, un giovane di origine siciliana cresciuto dalla zia, una colf nostalgica dell’Msi di Almirante, e di Shince, il suo migliore amico, i due lottano insieme per la sopravvivenza del Piazza Vittorio Cricket Club.

This is not cricket: il racconto dall’adolescenza all’età adulta

Cinematographe.it, This is not cricket

Non è dunque solo cricket è anche la narrazione del graduale passaggio dall’adolescenza all’età adulta – Rimanere a Roma o tornare in India? Fare un lavoro serio o continuare a sognare con lo sport prediletto? -, momento in cui si cresce – all’inizio del film lo spettatore può vedere delle immagini dei due protagonisti bambini e poi li vede parlare di donne, d’amore, di “urgenze” (il lavoro, il futuro da costruirsi, anche se vuol dire tornare a casa) – e si prendono le proprie responsabilità ma forse mai venendo meno ai propri sogni.

La macchina da presa li segue da quando erano bambini, mostrando i primi lanci, i tornei internazionali giovanili, fino allo scioglimento della squadra e alla loro odissea per ricostruirla. I vent’anni dei due giovani sono complicati, difficili – ad un certo punto Shince decide di tornare in India, una terra che lui in realtà non conosce e da cui non è conosciuto, Fernando litiga spesso con la madre che lo invita, anche duramente, a trovare un lavoro serio -, in una città incapace di seguire la società che cresce e cambia. Shince e Fernando sono attratti da qualcosa che non sembra essere per loro – quando durante uno dei molti tentativi di riformare la squadra ad allenarli arriva un giocatore italiano che, dopo un primo momento di entusiasmo discute sullo ius soli e sull’incoerenza di concedere la cittadinanza italiana per motivi sportivi – e si rendono conto che non ci sono vie d’uscita e provano a fuggire.

This is not cricket: una storia reale che riguarda noi tutti

Cinematographe.it, This is not cricket

Chi guarda viene accompagnato dentro la storia da Fernando con la sua voce fuori campo e si trova tra le pagine di un diario, qualcosa che emerge dal passato più o meno recente, diventando memento di vite che esistono, esisteranno e sono esistite. Il giovane con la sua figura dolce, accogliente, diventa narratore speciale, amico fedele che attende a braccia aperte il sodale lontano – di cui forse non capisce le motivazioni ma che in quanto amico sostiene (è toccante vedere che i due durante una chiamata skype hanno la stessa complicità, lo stesso comune sentire di quando si divertivano nelle strade romane), sognatore che tutti noi vorremmo essere.

Tra Roma e l’India, tra il romano e l’indiano, tra colpi di cricket e scontri con una società a volte matrigna il film di de Bertoldi mostra le giornate di un gruppo di giovani che potremmo essere noi, potrebbero essere i nostri figli, i ragazzi che incontriamo per strada e lo sport diventa metafora della vita stessa di questi giovani. Come nel cricket così i componenti della squadra si sono spostati da una casa base ad un’altra che diventa un ulteriore casa base da cui “partire” per arrivare ad un’altra meta; è un continuo fluire questo che tocca indiscriminatamente ogni essere umano a vari livelli e in vari momenti della propria esistenza. This is not cricket è una pagina reale, che grazie all’occhio intelligente del regista, alla sua sensibilità narrativa rende ogni cosa spontanea, immediata come se lo spettatore si trovasse davanti allo scorrere della vita di Fernando e Shince senza costruzioni forzate né direttive. I giovani non recitano, sono, non interpretano storie ma vivono la loro vita.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2