Tick, Tick… Boom!: recensione del film con Andrew Garfield
Una storia fatti di sogni e realtà che vibra delle canzoni e delle partiture di Larson.
Realtà e musica, musica e realtà. Si acconta la vita di uno che è vissuto in nome della musica, della scrittura e del proprio sogno. Narra questo Tick, Tick… Boom!, storia di Jonathan David Larson, compositore e drammaturgo statunitense, autore anche di Rent e morto prematuramente all’età di 35 anni, nel 1996, il film di Lin-Manuel Miranda, esordio alla regia che esce su Netflix il 19 novembre 2021. L’opera è adattamento dell’omonimo musical di Broadway scritto da Larson, morto prima di essere riconosciuto come uno degli autori contemporanei più interessanti e importanti, di vincere tre Tony e il Pulitzer per il teatro. A dare corpo magnificamente all’artista è Andrew Garfield che spende tutto sé stesso per incarnare genio e dolore, paure e passione, chi un sogno ce l’ha e si spende fino all’ultimo giorno, nonostante tutto, per ottenere ciò che vuole.
Un musical che vibra di canzoni e vita
Tick, tick… boom, come un orologio che prima scandisce il tempo “normalmente” e poi d’improvviso perde il ritmo regolare ed esplode, tick, tick… boom, come una bomba ad orologeria, quella che sente dentro Jonathan, metafora della sua vita. Tick, tick… boom, come il suo cuore che batte e la sua testa che macina idee, pensieri, parole, come i km di un maratoneta. Tick Tick.. boom è quell’ansia spasmodica di fare qualcosa, di arrivare a ciò che si ha tanto desiderato e alla soglia dei trent’anni tutto ha un altro sapore, il fallimento, i rallentamenti, gli inciampi sono pugnalate. Il tempo dei sogni è andato e non torna più, ormai non è più il tempo di seminare, bisogna raccogliere, sembra dirsi, solo per un momento, Jonathan che spesso si sente lasciato indietro da una società e da un mondo che non ha compassione per nessuno. Jonathan vive però secondo un altro ritmo, quello della musica, che scandisce la sua esistenza. Le note, le parole riempiono i vuoti, i suoi vuoti, quelli che ciascun essere umano ha, sono ciò che lo salvano dalla vita, che spesso per gli artisti può essere precaria. Quel ritmo cadenzato del titolo e la successiva esplosione sono lo spazio che va da Soho al Greenwich Village, un percorso cementato di tenacia e dubbi, passione e ossessione, rinunce e sprazzi di luce. Jonathan sente la vita scorrere tra le dita, non ne capisce il motivo, spesso dice che non ha tempo, ed è arrivato al punto di chiedersi cosa fare dei propri sogni, se vale davvero la pena continuare a sognare Broadway mentre continua a lavorare come cameriere. Sono colpi in pieno petto quelli del mondo che lo circonda, la fidanzata vorrebbe andarsene da New York, il migliore amico abbandona il sogno artistico in favore della sicurezza finanziaria, l’AIDS dilaga e si porta via molti dei suoi compagni di speranze. Tick, Tick… Boom! è un musical che vibra delle canzoni e delle partiture di Larson, della sua grande personalità, della tristezza anche di pensare che non ha mai potuto vedere cosa è diventato, è un atto d’amore verso la musica, Broadway e il mondo dello spettacolo, un testamento che mostra una mente libera, un talento indescrivibile e inesauribile.
Tick, Tick… Boom!: un’esistenza che si fa spartito di emozioni, musica e parole
Il sogno è arrivare a Broadway con il suo capolavoro, una commedia musicale futurista per cui lavora otto anni mentre serve ai tavoli di un diner, si diverte con gli amici, frequenta workshop che cementano il suo desiderio.
Tick, Tick… Boom! è una declinazione intensa e profonda del musical scritto dal suo protagonista, che ebbe la sua prima solo il 23 maggio del 2001 al Jane Street Theater di Manhattan, teatro Off-Broadway. Si mostra la vita del genio che tra palco e vita, tra musical e esistenza si annoda in maniera indissolubile: Jonathan scrive ciò che vive e ciò che vive si modula con quella musica che lui stesso ha composto, vive di essa e di teatro e il film unisce in un unico flusso tutto ciò, curando benissimo la struttura, cesellata alla perfezione. Quello di Larson è un universo tanto e spesso doloroso quanto colorato, musicale e vivo, è un mondo di travolgente vitalità che Miranda pone al centro del suo film dimostrando quante battaglie il suo protagonista abbia combattuto per dare vita alla sua prima opera durante diversi workshop.
Mentre intorno a sé molte cose si sgretolano (la rottura con la fidanzata, gli scontri con il migliore amico che ad un certo punto si scopre malato di HIV, i sacrifici che ha dovuto fare per poter vivere almeno nella sua testa e nel suo cuore di musica pura, senza compromessi) il protagonista capisce e si capisce, sa che quella è la strada giusta. Garfield riempie la scena narrando ogni silenzio, ogni lacrima, ogni sofferenza, come ogni gioia, ogni piccolo traguardo, ogni pagina scritta. Con intelligenza artistica l’attore si mette al servizio della macchina da presa di Lin-Manuel Miranda che si muove sul set per dare l’impressione allo spettatore di essere davvero sul palco di Broadway. L’esistenza di Larson è uno spartito che unisce dolore e genio, sregolatezza e entusiasmo e vale lo stesso per la sua opera e il film è capace di mostrare tutte queste pieghe, quella dolorosa che fa crollare più di una volta l’artista in ginocchio, quella energica di chi vive di musica (mentre litiga con la fidanzata lui costruisce un pezzo nella testa e con le dita battendo il tempo sulla spalla, mentre nuota in piscina lui vede un pentagramma).
Tick, Tick… Boom! è una profonda storia di sogno e realtà
Tick, Tick… Boom! è una profonda storia di sogno e realtà, di talento e passione che porta sullo schermo l’emblema del sogno newyorkese. Il regista entra in punta di piedi, con devozione e rispetto, nella vita, nel lavoro di Jonathan Larson. Lin-Manuel Miranda e Andrew Garfield creano un mondo meraviglioso, immergendo(si) e immergendo lo spettatore nelle giornate di uno che ha fatto di tutto per la musica.