Venezia 76 – Tony Driver: recensione
Recensione di Tony Driver, film presentato alla Settimana della Critica che racconta la storia di un italo-americano costretto a stare in Puglia.
Quella di Pasquale Donatone protagonista di Tony Driver, unico film italiano all’interno della 34ª Settimana Internazionale della Critica, è davvero una storia buffa. Buffa si fa per dire, perché qui c’entra la vita di un uomo che ha perso i rapporti con la famiglia, che sta scontando una pena per favoreggiamento all’immigrazione e che si ritrova a vivere in una grotta di Polignano a Mare in Puglia, prima e in una roulotte poi. A metà tra documentario e docu-fiction, il film di Ascanio Petrini mette in scena la storia di un uomo costretto in un paese che non è il suo, l’Italia. In scena c’è un antieroe italo-americano che vuole a tutti i costi tornare nel suo paese adottivo e nel quale è emigrato quando era piccolissimo.
Tony Driver: in scena la storia di un italo-americano bloccato in Puglia
Tony dopo essere stato arrestato dalla polizia americana poteva scegliere se finire in prigione per tre anni o essere deportato in Italia per 10 anni. Ha scelto la libertà fuori dalle sbarre, ma in un paese che non riconosce più come suo nonostante le origini. Per oltre quarant’anni Tony non è mai tornato in Italia. Si è trovato costretto a tornarci quando, ormai tassista di professione a Yuma, un blitz anti-immigrazione alla frontiera con il Messico lo costringe a scegliere: la galera in Arizona, o la deportazione in Italia per una decade? Tony decide di essere estradato, ma una volta rientrato in Puglia, con quel sogno americano andato in frantumi, si sente spaesato.
Grazie alla comunità pugliese Tony trova un modesto lavoro, affiggere manifesti pubblicitari, ma guarda l’Italia come un paese modesto, che non sogna in grande e soprattutto che non offre opportunità a chi vuol emanciparsi. Il protagonista di questo documentario sogna ancora l’America ed è disposto a tutto pur di rientrarci. Dopo soli 5 anni Tony decide di partire per il Messico e varcare quel muro che divide lo stato dagli USA da clandestino, nonostante tutti glielo sconsiglino.
Tony Driver è la storia di un antieroe contraddittorio
Tra paesaggi pugliesi e momenti di solitudine Tony Driver riesce ad arrivare al cuore di quest’uomo che non ha paura di sfidare la legge pur di toccare ancora una volta il suolo americano e soprattutto riabbracciare i suoi figli. Quella messa in scena da Ascanio Petrini è la storia di un antieroe profondamente contraddittorio che già nel titolo cita il Trevis Bickle di Taxi Driver, ma a differenza sua ha ancora la forza di riscattarsi.
Sembra facile puntare su un argomento così caldo come quello delle difese dei confini nazionali, su quel muro che divide Messico e Stati Uniti d’America, teatro di atroci e recenti tragedie. In fondo però Tony, Pasquale, ha commesso un crimine, proprio per questo non è così facile empatizzare con questo personaggio che spesso si ripete nei suoi concetti. Quello che vediamo è tanta, troppa solitudine, un isolamento che non fa onore all’Italia. Tony Driver è il terreno in cui si getta una riflessione sul concetto di identità e osservanza delle regole, sulle possibilità offerte dal nostro Paese a chi arriva senza niente e sulla forza d’animo che va oltre qualsiasi confine.