Toxicily: recensione del documentario di François-Xavier Destors e Alfonso Pinto

La pellicola è stata presentata nel corso della 3ª giornata del Cinema e Ambiente Avezzano 2024, all'interno della sezione Nessun Pianeta B.

Resistenza, sopravvivenza o rassegnazione? Alla 9ª edizione del festival Cinema e Ambiente Avezzano è stato presentato Toxicily, il documentario diretto dal regista francese François-Xavier Destors e dal geografo palermitano Alfonso Pinto, che analizza gli effetti dell’industrializzazione a Nord di Siracusa dove, da oltre 70 anni, uno dei più grandi poli petrolchimici d’Europa minaccia ed inquina la salute degli abitanti del luogo e quella del territorio stesso. L’opera, una co-produzione tra Italia (Ginko Film) e Francia (Elda Productions), dopo essere stata premiata per il montaggio all’ultima edizione del Festiva dei Popoli di Firenze, e dopo aver conquistato alcune sale italiane, è approdata alla manifestazione dell’entroterra abruzzese dedicata all’ambiente e, all’interno della sezione Nessun Pianeta B – incentrata sull’unicità del nostro pianeta e sull’effetto dannoso dello sfruttamento delle risorse da parte dell’uomo – è stata presentata, all’aperto, sullo sfondo della suggestiva cornice di Arena Mazzini.

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Toxicily: il territorio che fa i conti con l’industrializzazione

Toxicily cinematographe.it

“Meglio morire di cancro che di fame”. È questo il motto che in poche parole riassume il drammatico declino vissuto dal territorio a nord di Siracusa, dalle spiagge di Priolo a quelle di Melilli dove, da oltre 70 anni, il benessere dei cittadini si scontra con l’avanzata prepotente dell’industrializzazione. C’è un passato che, attraverso immagini d’archivio, mostra le coste di quella zona trasformarsi drasticamente all’arrivo delle prime raffinerie, costringendo gli abitanti del luogo a sottomettersi alle logiche di un fabbisogno economico in grado di sovrastare la necessità di una tutela della propria salute e c’è poi un presente fotografato nelle scogliere ricoperte di catrame, negli odori nauseabondi che inquinano l’aria e nelle malattie diffusesi tra i cittadini, ormai rassegnati a questa loro inquinata realtà.

Ad accompagnarci in questo percorso vi sono le parole di chi quella terra la vive e l’ha vissuta, di coloro che la respirano, testimoni inermi di un cambiamento, che ci raccontano quanto l’arrivo dell’industria fosse prima stato erroneamente avvertito come la svolta positiva per il sostentamento e la sopravvivenza del territorio e come si sia poi, invece, dimostrato come un processo eccessivamente dannoso.
Mentre la rassegnazione dei più a questa “nuova realtà” si accompagna alla rabbia per l’impossibilità di scontrarsi contro i colossi industriali e contro le logiche di mercato, l’incompatibilità tra il lavoro in fabbrica e una propria libertà all’esterno di essa e gli effetti devastanti causati dalla costruzione del polo trovano seguito nei racconti della giovane Chiara, affetta da gravi disfunzioni sin dall’età di 6 anni, nel volto di Don Palmiro, che elenca i nomi delle persone scomparse a causa dell’insostenibilità dell’ambiente, nello sguardo cieco di Nino, ora non vedente, che ricorda con commozione le bellezze di un passato ormai lontano, e in tutte le altre testimonianze dei concittadini prestatisi a raccontare la loro esperienza e a condividere il loro pensiero.

La zona d’interesse dell’industrializzazione

Toxicily Avezzano cinematographe.it

La vista, l’udito, l’olfatto; così come l’industria penetra la natura, Toxicily penetra i nostri sensi, ci tocca nel profondo riuscendo a portarci al centro del declino, al centro del dramma. Se il rumore della fabbrica accompagna costante lo spettatore all’interno di un ambiente in cui la natura ha perso la sua voce, oltre che la sua immagine, portandolo a percepirne anche le più repellenti esalazioni e gli odori più intollerabili, non pare affatto azzardata l’associazione con l’opera vincitrice quest’anno dell’Oscar come Miglior Film Internazionale, La zona d’interesse, di Jonathan Glazer. Come il regista britannico ha voluto raccontare l’orrore dei campi di sterminio senza varcare la soglia e affidandosi unicamente alla potenza trasmissiva delle sensazioni umane, ugualmente Destors e Pinto non raccontano la fabbrica dall’interno ma la descrivono nel rapporto con l’ambiente e con i suoi abitanti, nei suoi disastrosi effetti e in tutta la sua brutale noncuranza del benessere comune.

Toxicily: valutazione e conclusione

François-Xavier Destors cinematographe.it

Tra le molte pellicole presentate al Cinema e Ambiente Avezzano, Toxicily è senza dubbio una di quelle che più facilmente riesce a incastonarsi sotto la pelle, scuotendo la sensibilità e l’interesse del cittadino che, al palesarsi di una realtà denunciante del proprio deterioramento, non può rimanere cieco. I due autori documentano il processo che ha depravato l’integrità di un luogo, portandolo ad un presente estremamente precario, mostrandone la deplorevole trasformazione tanto nei luoghi quanto negli sguardi chi di li abita. Mentre la memoria delle amenità che ieri inquadravano quello stesso spazio trova una propria luce unicamente nel buio sguardo di chi altro non può fare che affidarsi al ricordo, ma che ugualmente percepisce la perdita d’identità della propria terra, la mancata conservazione di una coesistenza pacifica tra l’uomo e il proprio contesto naturale necessità di essere vista e condivisa.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.5

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