Transformers – Il Risveglio: recensione del film di Steven Caple Jr.
Transformers - Il Risveglio, regia di Steven Caple Jr. e con Anthony Ramos e Dominque Fishback, è il settimo capitolo della celebre saga, nelle sale italiane il 7 giugno 2023.
Regia di Steven Caple Jr, nelle sale italiane dal 7 giugno 2023 per Eagle Pictures, Transformers – Il Risveglio vede doppio, anzi triplo. Settimo capitolo della saga basata sulll’omonima linea di giocattoli, sequel di Bumblebee (2018) e prequel del primo film. Protagonisti (in carne e ossa) Anthony Ramos e Dominique Fishback, circondati, è proprio il caso di dirlo, da una pattuglia di giganteschi, metallici bestioni; robotiche movenze ma un cuore molto umano. L’eterna partita tra le due fazioni, Autobot (buoni) e Decepticon (cattivi), si complica e si approfondisce, perché il film ha cura di introdurre una nuova linea di Transformers, meglio, una nuova generazione. Si chiamano Maximal. Da che parte stanno?
La trama di Transformers – Il Risveglio, almeno in parte, prende spunto dalla serie Tv Rombi di tuono e cieli di fuoco per i Biocombat (1995), in origine una linea di giocattoli distribuita dalla Hasbro tra il 1995 e il 2000. Coerenza estrema, sono proprio gli anni ’90 a fare da sfondo alla vicenda del film. La storia rimbalza tra gli Stati Uniti e il Perù, sulle tracce di un mistero che ha radici molto antiche.
Brooklyn, Machu Picchu e tanti robot extraterrestri
Unicron, dio oscuro, ha davvero brutte intenzioni. Vuole fare dell’universo un gigantesco barbecue e per riuscirci ha bisogno della Chiave di Transcurvatura; consente di muoversi a proprio piacimento nello spazio, in barba a qualsiasi legge della fisica. La chiave è sepolta sulla Terra perché è qui che i Maximal, dopo aver visto la propria casa divorata dalle fiamme, hanno trovato riparo, promettendo solennemente di preservare la vita sul nostro pianeta a qualunque costo, se necessario cooperando con gli umani. In effetti, fanno anche questo. Il capo si chiama Optimus Primal (in originale la voce è di Ron Perlman) e insieme a lui c’è un bel team tra cui spiccano le agili movenze e la lucida saggezza di Airazor (Michelle Yeoh), che ha la forma di un falco pellegrino. Ma questi sono gli antefatti, il tempo presente di Transformers – Il Risveglio è il 1994.
1994, Brooklyn. Noah (Anthony Ramos) è un ex militare e mago dell’elettronica alla disperata ricerca di un lavoro. Siccome non riesce a trovarlo, decide di dare ascolto ai cattivi consigli di un amico e abbraccia il grande business dei furti d’auto. Per mettere in moto il film è necessario l’intreccio di due fatti curiosi. Noah che ruba la macchina sbagliata, un Autobot chiamato Mirage (Pete Davidson), travestito da Porsche e dalla lingua molto lunga. Poi c’è bisogno che Elena (Dominque Fishback), che fa la stagista in un museo di Ellis Island e ha un bagaglio impressionante di conoscenze archeologiche, accidentalmente attivi una metà della chiave. I Maximal sono stati saggi e per sicurezza l’hanno divisa in due parti e seppellita in due posti diversi. Peccato, però, che basti la porzione di chiave trovata a New York a sollecitare attenzioni non gradite. Tutti si accorgono della chiave. Si comincia con gli Autobot presenti sulla Terra oltre a Mirage, tra cui Bumblebee e il grande Optimus Prime (Peter Cullen). Purtroppo, se ne interessano anche i Terrorcorn.
I Terrorcorn sono una fazione di Decepticon, li comanda Scourge (Peter Dinklage) e si accompagnano ai terribili Predacon. Loro, la chiave, cercano di consegnarla a Unicron, al contrario degli Autobot che vorrebbero servirsene per tornare a casa. I Maximal premono perché nessuno ne venga in possesso; la protezione dello status quo è fondamentale, dal loro punto di vista, per preservare la vita sulla Terra. Noah e Elena, passato un primo momento di totale sbigottimento, decidono di prendere posizione perché la posta in gioco è troppo alta. Non bisogna lasciarsi scoraggiare dalla confusione di queste righe: Transformers – Il Risveglio è cinema nella sua forma più primordiale e rumorosa. Shock, violenza esagerata, emotività. Il film ha una linearità narrativa riposante, che può essere riassunta così: raccolta la prima metà della chiave, Noah e Elena raggiungono il Perù per recuperare la metà mancante. Si schierano con i buoni, gli Autobot e i Maximal, ufficialmente per aiutare i primi a tornare a casa. In verità, le intenzioni di Noah sono più complesse. Il resto non va spoilerato. Certo, i nodi si scioglieranno in modo rumoroso.
Patria, Transformers e famiglia
E Michael Bay? E Steven Spielberg? Ci sono entrambi, sorvegliano artisticamente la buona riuscita del prodotto, ma solo in veste di produttori. La transizione della saga dalle mani dell’esplosivo Bay a una nuova generazione di filmakers, il processo non è cominciato con Transformers – Il Risveglio, ha inciso molto sulla saga. In parte cambiando qualcosa della sua inconfondibile essenza – cuore adolescenziale e spirito imbottito di testosterone – il passaggio di testimone ha consentito alla saga di recuperare una visione più calibrata e umana. Fondamentale è che le creature somiglino agli umani, non il contrario. Il film di Steven Caple Jr. riesce a trovare un filo rosso, sentimentale e narrativo, che raccoglie le aspirazioni e di desideri di tutti i personaggi, metallici o meno. La verità è semplice. Sia tu un Autobot, un Maximal o un essere umano, la priorità è una. Proteggere la tua famiglia.
Vale per Noah, che ha un fratello più piccolo (Dean Scott Vazquez) e malato ed è per lui, simbolicamente, che combatte. Vale per Optimus Prime, fratello maggiore degli Autobot presenti sulla Terra e investito del sacro dovere di riportare tutti a casa, sani e salvi. Transformers – Il Risveglio non cerca di annacquare la diversità, si impegna a valorizzarla cercando un’armonia tra le dissonanze. Un Autobot, un Maximal e un essere umano hanno punti di vista diversi, modi diversi di esprimere la propria interiorità e diversi desideri. Pure, nel bel mezzo della battaglia, le tante piccole famiglie del film devono trovare il modo, riconoscendo la specialità del contributo di ciascuno, di diventare una sola, grande famiglia.
Una morale condivisibile, restituita in modo elementare e non del tutto gratificante. Transformers – Il Risveglio sacrifica qualsiasi accenno di profondità in favore dell’azione. A suo modo una lezione di umiltà e senso della misura, con un retrogusto amaro in bocca. Al di là del piacere infantile (nel senso più positivo del termine) di accompagnare, fino alla deflagrazione finale, una platea molto eterogenea di robot giganti che se le danno di santa ragione in modo molto spettacolare, la schematicità dell’architettura narrativa e una certa piattezza nella definizione delle psicologie raccontano altro. Fanno rimpiangere, cioè, la forza scaltra di una regia, anche di una scrittura, capaci, nel pieno rispetto delle convenzioni e delle esigenze di un cinema a vocazione ultra commerciale, di complicare le cose. E di seminare tracce di spessore e ambiguità tra un’esplosione e l’altra.
Transformers – Il Risveglio: conclusione e valutazione
L’elettricità di Anthony Ramos si sposa bene con il mgnetismo dell’ottima Dominique Fishback, tenetela d’occhio. L’interazione umani Transformers è più che soddisfacente, il giro del mondo New York-Machu Picchu-di nuovo New York aggiunge una nota ulteriore di esotismo. Transformers – Il Risveglio è il competente, anche se non particolarmente originale, settimo capitolo di una saga che va presa per il verso giusto. Sarebbe a dire, lo stupore istintivo del bambino o dell’adulto che per un momento ringiovanisce di fronte all’avventura nella sua forma più pura: morale tagliata con l’accetta, azione spettacolare, sentimento. Chiedere di più dal film, sarebbe troppo. Godiamoci le esplosioni e tutto questo metallo.