Translating Ulysses: recensione del film di Aylin Kuryel e di Firat Yücel dal TSFF35
La traduzione è anche un atto politico!
Kawa Nemir è uno dei più importanti traduttori curdi conosciuti anche in Europa – ora infatti abita in Olanda -, è lui in parte il centro del documentario di Aylin Kuryel e di Firat Yücel, Translating Ulysses, anteprima italiana al Trieste Film Festival 35 (19-27 gennaio 2024), facente parte della sezione Omaggio a James Joyce. Kawa è ossessionato dalla parola, dalla lingua, dalle opere, e l’ultima ossessione è l’Ulisse di James Joyce, sia per l’importanza della parola, l’uso di una lingua unica nel suo genere il cui uso diventa atto politico. Kuryel e Yücel portano su grande schermo questa odissea enorme, questo studio gigantesco e il lungo viaggio fatto dal traduttore tra parole, tradizione, quaderni scritti e riscritti.
Translating Ulysses: Kawa, l’uomo che traduce come atto politico
La sensazione, mentre si ascolta e si sente la passione di Kawa, è quella di essere accanto a lui, anche se il lavoro del traduttore è solitario, “indipendente” da tutto e da tutti, al centro c’è il dialogo tra l’opera e l’uomo che appunta, scrive, ricerca.
Come ricorda Kawa, riportando alla memoria le parole di Anna Frank, “la carta è paziente” e lo si percepisce chiaramente in questo intenso e affascinante documentario, si percepisce la fatica, il sudore ma anche l’amore appassionato del traduttore per tutto ciò che sta facendo. Come Penelope, lui disfa e ricuce parole, frasi, lingua, e compie in ogni istante un atto politico, si deve ricordare che il curdo è una lingua ancora molto “pericolosa” – fino al ’91 era proibito parlare il curdo in Turchia.
L’Ulisse di Joyce e il lavoro di traduzione di Kawa diventano scusa e alibi per parlare di scrittura, di traduzione e di lingua, si parte dunque da un caso per parlare di molto altro, potere della parola e verità di quest’ultima. Attraverso Kawa e la sua operazione, si mostra il binomio da sempre e per sempre fortissimo tra politica e letteratura; la pubblicazione di questo libro in lingua curda, il suo viaggio tra i lettori, stanno ad indicare quanto sia potente la cultura, quanti messaggi veicoli e quanto viva al di là della pagina stessa.
Translating Ulysses: la traduzione come atto di preservazione
Un altro elemento fondamentale che emerge potente dal film è il desiderio/bisogno di preservare la lingua. Con la sua traduzione Kawa ha lo scopo di preservare il curdo, patrimonio culturale ed intellettuale, fondamento della cultura e creatore di identità.
Kawa racconta che quando ha tradotto altre opere, chi lo intervistava o si informava sul suo lavoro, si stupiva/insospettiva nel momento in cui veniva a scoprire che la traduzione era in curdo, e il traduttore scorgeva nelle parole dell’interlocutore, una specie di razzismo, qualcosa di negativo comunque. Quindi il suo tradurre acquista ancora più valore, diventa sia atto politico sia modo per portare avanti un patrimonio che andrebbe perso.
L’operazione di preservazione è alla base dell’Ulisse di Joyce, un’opera fiume, un libro pionieristico di chi “scriveva pericolosamente”, prendendo in prestito il titolo di un saggio che studia proprio il suo lavoro, la sua scrittura e il suo metodo. Se è vero che Joyce, scrittore contemporaneo sempre e per sempre, affonda le sue radici nella profondità dell’esperienza umana, e allo stesso tempo se ne separa, seguendo l’intento di “ricreare la vita dalla vita”, anche Kawa si immerge totalmente nell’Ulisse e fa la stessa cosa con la sua traduzione.
L’ultimo stadio della preservazione è quella di Aylin Kuryel e di Firat Yücel che mentre lavorano al documentario, creano un archivio che poi verrà usato in futuro e potrà essere usato come patrimonio di tutti.
Translating Ulysses: valutazione e conclusione
Translating Ulysses è un viaggio unico nel suo genere, un percorso epico, un racconto affascinante e a tratti commovente che conduce lo spettatore dentro un discorso più ampio sul potere della cultura e della lingua, sull’amore per la letteratura e su quanto si sia disposti a fare per essa. Al centro di tutto c’è l’ossessione e l’amore di Kawa per il suo lavoro, per la carta e la pagina scritta.
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