Turner: recensione
Genio e follia: un concetto che per circa un secolo ha tenuto in piedi i più ardenti dibattiti. Due visioni della realtà che possono esistere l’una contenuta nell’altra e l’una imprescindibilmente amante dell’altra. Questo potrebbe essere l’assunto che sintetizza la mirabolante esistenza di William Turner, un genio folle senza tempo, amante dell’arte e delle sue piu intime sfaccettature (ricordiamo che oltre ad essere un pittore è stato anche un incisore) possedente un carattere burbero a tratti scontroso. La vita e il genio di William Turner sono rappresentati magnificamente sul grande schermo da Timothy Spall, un attore che ha saputo al meglio dare “forma e grugniti” alla maestosa e strana figura dell’artista londinese. Il film ha tutte le caratteristiche del biopic evitando allo spettatore l’intera giovinezza del pittore; da notare l’incipit della pellicola con una meraviglioso piano sequenza e una fotografia splendida che ci fa immergere in una ipotetica tavolozza di colori caldi e avvolgenti.
La trama è nientemeno che la vita irascibile di William Turner, pittore ed incisore britannico, vissuto a cavallo tra la metà del settecento arrivando a toccare la seconda metà dell’ottocento, di fatto fonte di ispirazione per la nascita dell’impressionismo. Dopo l’improvvisa morte del padre, al quale era particolarmente affezionato, William cade in una spirale di isolazionismo e solitudine che, in un modo o nell’altro si ripercuotono nelle sue tele. La sua vita subisce un cambiamento radicale alla conoscenza di Mr. Booth, un uomo che possedeva una locanda vicino al mare. Alla morte del padrone della locanda, Turner continuerà a far visita alla vedova Booth, innamorandosene perdutamente e vivendo con lei il resto dei suoi giorni. Tra una tela ed un dipinto scorrono sullo schermo le memorie di William Turner, il genio che rifiutò una sontuosa offerta da un collezionista privato per dare un lascito notevole alla sua tanto cara quanto allo stesso tempo detestata nazione inglese.
Il film, proiettato in anteprima durante l’edizione del 2014 del Festival di Cannes, ha ricevuto numerose nomination ma nessun premio. Interrogarsi è lecito, rispondere alla “quaestio” è d’obbligo. La pellicola pur essendo ottimamente diretta da Mike Leigh, con un Timothy Spall che ci fa rivivere i caprici di un burbero genio, soffre inesorabilmente di un ritmo troppo lento per essere apprezzato da tutti. Potrebbe risultare penalizzante inoltre al scelta dell’autore di voler cominciare la biopic del pittore già dalla maturità, impedendo a chi vede di creare un filo conduttore con il successo dell’artista stesso. Spall è convincente nella sua interpretazione anche se a tratti risulta troppo stereotipato, l’eccesso di caratterizzazione porta ad una esasperazione della figura interpretata portando il suo personaggio a sfociare quasi nella macchietta o nella fabula atellana.
Complessivamente il film è soddisfacente ma risente di uno sperimentalismo autoriale alquanto azzardato che lo porta ad avere prosperose vette e preoccupanti cadute.