Twin Peaks 3 – recensione delle prime due puntate della serie tv
Twin Peaks 3, la nuova stagione della serie tv targata David Lynch, è finalmente arrivata e con essa l'interminabile domanda: Chi ha ucciso Laura Palmer?
Chi ha ucciso Laura Palmer? Una domanda interminabile, che risuona all’infinito, la quale non riesce ad assopirsi neanche dopo anni dalla sua risposta, dopo la scoperta dell’assassino, dopo il lungo tempo trascorso dall’arrivo dell’agente speciale Dale Cooper alle undici e trenta del 24 febbraio e la sua sorpresa nell’ammirare il gran numero di altissimi alberi che punteggiano di verde scuro la dannata città di Twin Peaks (trailer). Una domanda che non verrà mai dimenticata, ma che per il prossimo futuro sentiremo probabilmente sostituita da una più contemporanea:
“Com’è la terza stagione di Twin Peaks?”.
Venticinque anni sono passati dalla promessa di Laura Palmer (ventisette dall’ultima messa in onda della seconda stagione Oltre la vita e la morte), da quando il protagonista interpretato da Kyle MacLachlan sedette su di una poltrona guardando negli occhi la vittima del brutale omicidio e sconcertato prese a girovagare in una Loggia che come un labirinto nasconde la propria uscita. Venticinque anni per lasciarsi trasportare in una realtà nuova, sconcertante, che non trascura orrore, suspance e, in buonissima e frastornante forma, un’incredibile perplessità. Perché in queste sue prime due puntate, Twin Peaks non è Twin Peaks. E forse, per il momento, va bene così.
David Lynch e Mark Frost, ideatori della serie tv cult anni Novanta, accolgono gli spettatori ad un varco del tutto inaspettato, quasi escludendo quella cittadina che ha accolto i famosi personaggi del telefilm e costellando le puntate soltanto di brevi attimi nel posto dove decenni addietro si è consumato il delitto, lasciando il pubblico scosso dalla decisione di spaziare maggiormente per sconosciuti luoghi e facendolo sentire come in balia di un mare in tempesta, senza possibilità di salvarsi aggrappandosi a qualche fortuita corda.
Twin Peaks – L’occhio della cinepresa che sovrasta le parole
Silenziose come poche altre sono state, le prime due puntate della nuova stagione di Twin Peaks sembrano abbandonare la dimensione falsamente leggera del precedente prodotto e si avvicinano similmente all’ostico lavoro che David Lynch opera sui suoi lungometraggi, lasciando ai dialoghi ridottissimo respiro per privilegiare il vagare dell’occhio della cinepresa che, con ostinazione, non teme di soffermarsi per diversi secondi su spazi vuoti, volti immobili, oggetti inanimati.
Ad amplificare la distanza dalla località centrale del racconto è l’assordante assenza della penetrante, famosissima colonna sonora del compositore statunitense Angelo Badalamenti che – ad esclusione della sigla principale – viene sostituita da un perpetuo rumore di sottofondo, come se la nostra testa si trovasse immersa sott’acqua e attutisse per tal motivo l’ambiente circostante. Un ovattato stato di apnea che si muove parallelamente con l’alta tensione della narrazione.
Poiché anche se increduli, sbalorditi dall’improbabile – e forse passeggero – cambio di rotta, Twin Peaks non manca di deludere tutti quei fan avvicinatisi alla serie per la sua aurea di mistero, per l’inspiegabile e assieme perfida misticità che abita la fiammeggiante Loggia e non solo. Attimi di pura angoscia dove il macabro occupa lo schermo per terrorizzare, in cui visioni di uomini neri, alberi parlanti e statue perfettamente statiche fanno sussultare l’animo intimorito dalle ansiose suggestioni. Eppure, in questo tetro palcoscenico di giganti e signore del ceppo, non è assente l’ironia stuzzicante di David Lynch che trapassa l’assurdo umano e spaventoso, focalizzandolo la vita sulle sue quotidiane futilità.
Twin Peaks – Un preludio lungo e suggestivo
“Io sono morta, tuttavia vivo.”
Ed è proprio per questo che tornano volti conosciuti, persone del passato pronte a riprendere quei segreti che probabilmente non sono stati del tutto svelati e si sono alimentati nel corso degli anni come l’attesa degli spettatori per il ritorno di Twin Peaks. Introducendo nuovi e conformi personaggi, David Lynch e Mark Frost allargano i confini della storia mantenendo l’omogeneità delle stranezze fisiche e interiori, un universo a parte scostato dalla nostra banale ordinarietà e costituito da uomini e donne stravaganti e particolari.
Un nonsense generale non inusuale per il cineasta americano, ma spiazzante in termini di inizio stagione, in cui l’odore del caffè bollente e della torta di ciliegie sembra più lontano che mai, predisponendo l’animo del pubblico in attesa di scoprire come le attuali ed oscure vicende sapranno instaurare con il trascorso da tutti conosciuto un legame significativo e, soprattutto, convincente.
Soltanto due puntate e Twin Peaks – nel bene o nel male – ha saputo sconvolgere e spingersi – ancora una volta nel bene o nel male – oltre le aspettative. Un preludio a ciò che accadrà nel corso di questa estate e che speriamo ci porterà dritti al cuore della serie.