UFO: recensione del film turco Netflix
La recensione del dramma sentimentale diretto da Onur Bilgetay con i volti nuovi del cinema turco Ipek Filiz Yazici e Mert Ramazan Demir. Dal 24 febbraio 2022 su Netflix.
Non lasciatevi ingannare dal titolo UFO, perché quello del film in questione nulla ha che fare con oggetti volanti non identificati, alieni e cinema di fantascienza. Quello della pellicola scritta da Meryem Gültabak e diretta da Onur Bilgetay, qui alla sua quarta fatica dietro la macchina da presa, altro non è che il nome scelto da uno dei personaggi principali per battezzare la sua motocicletta, la stessa con la quale sfreccia tutte le notti tra le strade di Istanbul. Lui è Ese, interpretato da uno dei nuovi volti della televisione turca, Mert Ramazan Demir, la cui esistenza verrà letteralmente stravolta dall’incontro casuale con la bella aspirante musicista Deniz, nei panni della quale troviamo l’astro nascente Ipek Filiz Yazici. Due “mondi” agli antipodi, i loro, che entrano in rotta di collisione, trasformandosi all’improvviso in un intenso cortocircuito amoroso che porterà la coppia a sfidare tutto e tutti.
UFO ha un plot e dei personaggi che ricordano da vicino quelli di Tre metri sopra il cielo
Più che di Incontri ravvicinati del terzo tipo bisognerebbe dunque parlare di Tre metri sopra il cielo, del quale il film Netflix, rilasciato sulla piattaforma a stelle e strisce il 24 febbraio 2022, sembra una rivisitazione in salsa turca. Nonostante non sia un remake a tutti gli effetti, le analogie con il dramma sentimentale del 2004 di Luca Lucini, tratto dal romanzo omonimo di Federico Moccia, sono molte, a cominciare dalla travagliata love story tra una studentessa benestante e un giovane tenebroso motociclista poco raffinato, appassionato di bolidi truccati e corse clandestine. La loro relazione verrà ostacolata in tutti i modi, ma faranno di tutto per stare insieme. Riusciranno a coronare il sogno d’amore oppure i venti della tragedia shakespeariana si abbatteranno anche su di loro? Alla visione l’ardua sentenza, con le quasi due ore di timeline che scorrono a fasi alterne sullo schermo al netto di momenti più riusciti che si scontrano con tanti altri in cui il motore narrativo e drammaturgico non procede a pieni giri.
UFO nasce, si sviluppa e va a morire seguendo le medesime traiettorie della stragrande maggioranze dei drammi sentimentali
L’arco temporale che va a occupare il racconto al centro di UFO è quanto di più classico il filone chiamato in causa possa offrire agli spettatori di turno, in questo caso gli esigenti abbonati del broadcaster statunitense. Quest’ultimi si troveranno al cospetto dell’ennesimo rom-drama che nasce, si sviluppa e va a morire seguendo le medesime traiettorie della stragrande maggioranze delle storie di amori tormentati transitate sullo schermo nei decenni: dal primo fortuito incontro e colpo di fulmine all’amore che cresce clandestinamente tra una serie appuntamenti, dove il sentimento cresce e si fortifica in preparazione degli ostacoli che da lì a poco la coppia dovrà affrontare quando deciderà di uscire allo scoperto.
In UFO, la regia eclettica non riesce a tamponare le mancanze della scrittura
Uno schema, questo, che proprio in virtù della sua ricorrente classicità il più delle volte si traduce di default in una mancanza di originalità, alla quale seguono di pari passo una stereotipizzazione dei personaggi e un livello decisamente alto di prevedibilità rispetto alle one-lines. Non a caso l’odissea di Ese e Deniz sembra destinata a non avere un lieto fine, ma per saperlo bisognerà attendere con pazienza gli ultimi minuti di un racconto che alterna pericolosamente convincenti accelerate a brusche e inspiegabili frenate. Una discontinuità ritmica che è piuttosto frequente in vicende come queste, ma che in centinaia di altri plot è stata gestita molto meglio di quanto abbiano fatto invece la ditta Gültabak-Bilgetay. Se il primo in fase di scrittura non ha fatto assolutamente nulla per evitare che la storia e i personaggi di UFO andassero a finire nelle sabbie mobili del già visto, al contrario il cineasta turco ha provato con tutti i mezzi a sua disposizione a tirarli fuori, firmando una regia eclettica e ricca di soluzioni visive interessanti (vedi la tensione che scaturisce dalle scene ambientate sulle due ruote, come l’inseguimento della polizia e la corsa clandestina sotto i ponti). Purtroppo però la confezione non può fare altro che tamponare dal situazione, ma senza risollevare il destino di un’opera che, scegliendo di assomigliare al romanzo mocciano, per quanto ci riguarda aveva già il destino segnato in negativo sin dall’inizio.