TFF41 – Un anno difficile: recensione del film di Olivier Nakache ed Éric Toledano
Olivier Nakache e Éric Toledano si divertono ad accostare gli estremi, consumismo sfrenato e ambientalismo, per vedere cosa succede dopo. Un anno difficile, commedia francese ma all'italiana, in sala dal 30 novembre 2023 dopo il passaggio al Torino Film Festival.
Di questi tempi, la miglior commedia all’italiana la girano i francesi. Presentato Fuori Concorso alla 41ma edizione del Torino Film Festival, Un anno difficile, regia di Olivier Nakache e Éric Toledano, quelli di Quasi Amici – Intouchables, arriva nelle sale italiane il 30 novembre 2023 per I Wonder Pictures. Commedia degli equivoci e degli estremi – con un occhio strizzato alla contemporaneità, i suoi (apocalittici) problemi e una buona dose di satira sociale – giocata su un’ironica consonanza cromatica, quella che serve al film per legare il destino dei protagonisti. Il colore è il verde e la cosa merita una spiegazione.
Verde, perché al verde sono, finanziariamente prosciugati, Pio Marmaï e Jonathan Cohen, iperconsumisti e spendaccioni. Verde, ma sarebbe meglio dire green, come sottolineato dall’azzeccato lancio promozionale, è Noemie Merlant, paladina dell’ambientalismo intransigente. Il film mette a confronto due opposte filosofie, polarizzate ulteriormente dai dibattiti pandemici: consumismo e minimalismo ambientalista. L’idea è di farli scontrare per vedere cosa succede dopo. Cosa succede dopo, è un problema che Un anno difficile affronta mescolando risate e un retrogusto amarognolo che ricorda il modo con cui, dalle nostre parti, si usavano girare le commedie migliori. Noi abbiamo scordato la ricetta, i francesi hanno riempito il vuoto.
Un anno difficile: due uomini al verde e una donna green
Comincia, Un anno difficile, con uno scoppiettante accenno di satira politica, un sottofondo malizioso per una scabrosa verità esistenziale. Una carrellata di messaggi istituzionali a ritroso nel tempo, da Hollande a Pompidou: i Presidenti della Repubblica Francese a reti unificate ricordano ai compatrioti quanto difficile è stato l’anno appena trascorso, o quello che verrà. A quanto pare, suggeriscono Olivier Nakache e Éric Toledano, ci sono sempre e solo anni difficili, perchè una vita costruita sull’accumulazione, sul consumo sfrenato, sul principio del più è meglio, porta solo insoddisfazione. Raccontatelo ad Albert (Pio Marmaï) e Bruno (Jonathan Cohen).
Il primo prende d’assalto i grandi magazzini per il Black Friday con ferocia animalesca, l’altro è sull’orlo del suicidio, sommerso dai debiti e con l’ufficiale giudiziario che gli ha svuotato casa, alla faccia del minimalismo. Quello di Valentine (Noemie Merlant) per esempio. Guida un gruppo ambientalista, soffre di ecoansia – è una cosa seria, la fa sentire contemporaneamente vittima e colpevole per l’emergenza climatica – e a casa non ha molto perché sente di poter vivere così, con il minimo indispensabile. Non si possono immaginare due filosofie più agli antipodi. D’altronde, spiegano i registi, è una delle contraddizioni del nostro tempo.
Si incontrano perché Albert e Bruno – frequentano un gruppo di sostegno per persone oppresse dal sovraindebitamento guidato dal signor Tomasi (Mathieu Amalric) – capitano un giorno, non troppo casualmente, a un meeting dell’associazione di Valentine. Ci finiscono sedotti dalla promessa di cibo e birra gratis. Vogliono solo scroccare, niente di ideologico, ma una cosa tira l’altra. E poi sono entrambi invaghiti della bella Valentine. Il gioco è fatto: i due ambientalisti più improbabili e meno credibili al mondo scelgono finalmente da che parte stare. Alla loro maniera, tra un sotterfugio e l’altro, senza scordare il consumismo e l’impellente bisogno di risolvere la situazione debitoria.
Un film francese, anche un po’ italiano
A parlare di commedia all’italiana, con riferimento all’impasto tematico e alle psicologie di Un anno difficile, sono proprio Olivier Nakache e Éric Toledano. Un film francese, dall’anima e il cuore molto italiano. Resta da vedere come e perché. La commedia all’italiana nasce come evoluzione pragmatica del neorealismo. Mantiene una spiccata propensione per l’analisi sociale e un fondo realista ma cambia tono, puntando tutto sull’umorismo. Per due ragioni: è il modo migliore per sfuggire alla censura e poi una scomoda verità, detta ridendo, piace al pubblico più di una scomoda verità, punto. La satira sociale, l’attenzione per la contemporaneità, sono elementi centrali, ma non è su questo versante che si misura “l’italianità” del film.
È altrove, nell’equilibrio instabile di vizi e virtù dei protagonisti maschili. Pio Marmaï e Jonathan Cohen danno vita a due antieroi che non avrebbero sfigurato in un cinico affresco di Dino Risi, il padre nobile tirato in ballo dai registi in conferenza stampa. Albert e Bruno sono personaggi di una simpatica antipatia. Forti, paradossalmente, del calore umano nascosto nelle debolezze, nelle fragilità, nelle piccole meschinità e nel cinismo. Noemie Merlant bilancia l’esterofilia dei partner con una recitazione nervosa e una dolcezza intelligente. Lei, francese negli accenti e nel modo di porsi, è sopra le righe ma con misura. Non minimalista, come la sua Valentine, comunque molto controllata.
Di francese, Un anno difficile ha lo slancio vitale e ottimista del finale, oltre al rifiuto ad approfondire la simpatica cialtroneria di Bruno e Albert; un regista italiano li avrebbe degradati senza ritegno. Commedia ambientalista, la seconda in pochi anni dopo Don’t Look Up, chissà se basterà per aprire un filone. Consumismo e apocalisse ambientale sono qui per restare. Un anno difficile è una commedia degli estremi perché estreme e polarizzate sono le tendenze e i bisogni dei protagonisti. Il mantra del film è la domanda che tutti devono porsi prima di scegliere: ho bisogno della cosa che mi sta di fronte? I consumisti rispondono affermativamente, gli ambientalisti negano. Il limite del film è la difficoltà a liberarsi dell’estremismo delle premesse. Leggermente sopra le righe, con il rischio di apparire caricaturali, i personaggi cedono a volte sul piano del realismo. Eppure, oltre l’imperfezione, Un anno difficile è davvero la più solida e intelligente commedia (francese) all’italiana dell’anno.
Un anno difficile: valutazione e conclusione
Olivier Nakache e Éric Toledano scrivono e dirigono Un anno difficile, una scelta autoriale, guardando ai nostri tempi confusi e a granitiche verità dell’animo umano. Il film è veloce, parecchio divertente e abbastanza cinico. Non quanto le premesse avrebbero consentito, perché la natura commerciale dell’operazione ne inibisce la sfrontatezza. Ma c’è molto da apprezzare. La satira sociale affilata, la verve del cast, l’italianità della confezione. Che i registi francesi dimostrino di conoscerla, apprezzarla, è normale. Che sappiano replicarla, la commedia all’italiana, meglio di noi, dovrebbe far riflettere.