Un Matrimonio all’Inglese: recensione del film di Stephan Elliott

Un matrimonio all’inglese è un film del 2008, diretto da Stephan Elliott con Jessica Biel, Ben Barnes, Kristin Scott Thomas e Colin Firth.

Siamo nel 1930. John Witthaker, giovane rampollo inglese, si sposa con un’esuberante automobilista americana di Deroit, Larita. Quando però John la porta a casa sua, una villa della campagna inglese, per presentarla alla sua famiglia tradizionalista, le cose si complicano e presto la situazione sfuggirà dalle sue mani. Inizia una lotta divertente e spietata di escamotage tra Larita e la suocera bigotta per fare impazzire l’avversaria e ottenere John tutto per sé.

Tra sotterfugi americani e altri molto british, la commedia si lancia con un ritmo veloce e allegro. In questa “vacanza”, Larita conoscerà le sorelle di John, diffidenti fin dall’inizio, la terribile e conservatrice suocera e il suocero, imprigionato in una vita che non sente più sua…

un matrimonio all'inglese


In perfetto stile britannico, il film si va a infilare tra le prime posizioni del genere commedia inglese, che intreccia l’ironia tagliente e un tema profondo, come quello dell’accoglienza e dell’amore. Messa in un contesto dove dominano l’ipocrisia e l’attaccamento a un’ideologia ormai morta, Larita esprime la forza dell’amore e dell’indipendenza, senza, però, cadere in un banale happy ending classico.

Il regista, Stephan Elliott, gioca con la struttura narrativa classica delle commedie romantiche per poi ribaltare il film nel finale.

La sua regia è attenta al dettaglio e pone dignità ed eleganza a ogni inquadratura. Elliott, già regista di Priscilla, la regina del deserto e di The Eye, dirige Un matrimonio all’inglese, adattandolo dalla piéce teatrale di Noel Coward e scegliendo un cast eccezionale, che arricchisce il valore del film. Due meravigliosi Firth e Scott Thomas, che si mettono in gioco per l’ennesima volta in una prova stravagante e deliziosa.

Un matrimonio all’Inglese si fa gioco dell’ipocrisia e della chiusura che caratterizzava il mondo aristocratico inglese della prima metà del ‘900

un matrimonio all'inglese

I personaggi danno un colore magnifico a un film che descrive con toni leggeri la decadenza dell’aristocrazia britannica dopo la tragedia e il bisogno di attaccamento alla realtà, prodotto dalla Grande Guerra. In questa direzione, il più significativo è sicuramente quello interpretato da Colin Firth, Jim, un uomo che la guerra ha reso allergico all’ipocrisia e al conformismo di massa della società, ma non per questo privo di un’ironia tagliente e di un grande bisogno di cambiamento. Altro punto di grande forza è l’opposizione tra la suocera bigotta e il suocero tollerante nel trattare lo straniero: l’una lo respinge, l’altro lo accetta (e ci scappa insieme). L’influenza di Larita, che porta la modernità in un mondo troppo attaccato al passato e alle tradizioni, si fa contagiosa: per le sorelle di John, per il padre e per tutta la reggia britannica del giovane Witthaker.

Altro tratto che risalta, è l’unione e scontro di due diverse culture: è così che l’evento della cena diventa il pasto del Ringraziamento, la servitù diventa un gruppo di alleati, la caccia diventa un’esibizione motociclistica e la serata a a teatro diventa una serata di can can. Il risultato è un film godibile appieno, che racchiude una riflessione complessa e vera sul mondo inglese e con uno stile abbiente e ricercato.

 

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3