Un principe per Natale: Royal Baby: recensione del film Netflix
La nostra recensione di Un principe per Natale: Royal Baby, terzo capitolo della saga Netflix sulla famiglia reale di Aldovia.
Ci eravamo lasciati un anno fa con Un principe per Natale: Matrimonio reale e un imbarazzante balletto conclusivo, invocando Michele Apicella e il suo immortale “Va be’, continuiamo così, facciamoci del male” e prospettando l’ipotesi di un terzo capitolo di quella che ormai possiamo considerare una vera e propria saga Netflix. Purtroppo, non ci eravamo sbagliati. Dopo l’innamoramento e il matrimonio, ci sono i bambini. Così siamo qui a parlare di Un principe per Natale: Royal Baby e dell’attesa per l’erede di Re Richard (Ben Lamb) e della Regina Amber (Rose McIver).
Un principe per Natale: Royal Baby: un terzo capitolo della saga all’insegna del mistero
Un altro anno è passato ad Aldovia, e Amber continua la sua doppia attività di Regina e di blogger, dispensando i suoi consigli al resto del mondo. La grande novità è ovviamente la gravidanza della Regina, ma sarebbe davvero difficile arrivare nei pressi dei 90 minuti di durata solo con questo tema, persino per gli standard di questa saga. Il confermatissimo sceneggiatore Nate Atkins e il punto fermo registico John Schultz optano perciò per un approccio radicale, tagliando fuori per buona parte del minutaggio il poco cinematografico progresso della gravidanza e concentrandosi su una storyline secondaria di stampo mystery/monarchico.
Aldovia festeggia infatti anche i 600 anni dalla fine della guerra con i vicini di Penglia. Una ricorrenza non soltanto simbolica: dal 1419, la tradizione vuole che ogni 100 anni i sovrani dei due stati si incontrino a Natale per sancire nuovamente la pace. A rovinare i piani dei reali arriva l’improvvisa scomparsa del trattato, che deve essere ritrovato per evitare che una maledizione colpisca il figlio di Richard e Amber. Farebbe già ridere così, ma Atkins Schultz fanno di più, allietandoci con una vera e propria caccia al ladro all’interno della dimora reale, ovviamente supervisionata, fra una passeggiata e il baby shower del nascituro, dalla stessa Amber.
Un principe per Natale: Royal Baby: la parodia di Meghan Markle
La mancanza di un accettabile approfondimento dei personaggi diventa paradossalmente un pregio di Un principe per Natale: Royal Baby. In un racconto privo di senso, non c’è infatti nessuna logica da stravolgere. In un simile contesto, anche le comparsate del padre di Amber (che si conferma comunque, pur con un’agguerrita concorrenza, il peggior personaggio della saga) diventano sopportabili, e c’è poco tempo anche per i repentini cambi di personalità dei personaggi secondari, a cui ci avevano abituati i capitoli precedenti. A vincere è un’inoffensiva noia per un rachitico giallo alla Agatha Christie che ovviamente non ha nulla di Agatha Christie, inframezzato dalle vicende reali, chiaramente ispirate alle reali vicende di Meghan Markle e del Principe Harry. Ed è proprio dal punto di vista parodistico che le cose si fanno non interessanti, ma quantomeno simpatiche.
Il coraggio che manca in ogni dettaglio della piatta messa in scena e del blando canovaccio, viene improvvisamente riacquistato quando si tratta di canzonare la Duchessa di Sussex, che, con la sua irriverenza e il suo essere fuori dagli schemi all’interno di una rigida famiglia reale, è fin dall’inizio una chiara ispirazione per il personaggio di Amber. Dalla menzione dell’ipnoparto alla scelta di non conoscere il sesso del nascituro, passando per le sedute di yoga e per un baby shower decisamente troppo fashion per una famiglia reale, sono svariati i riferimenti alle stravaganze di Meghan, ben più interessanti di un inconsistente caso diplomatico.
Se una saga come questa è riuscita ad arrivare a un terzo capitolo, è giusto che non si ponga più limiti, e che non ce li poniamo neanche noi. Cosa ci aspetta l’anno prossimo? Un principe per Natale: Terapia di coppia? Un cross-over con Nei panni di una principessa? Non mettiamo limiti alla provvidenza, ne vedremo delle belle.