Un valzer tra gli scaffali: recensione del film di Thomas Stuber
Un valzer tra gli scaffali, la pellicola diretta dal tedesco Thomas Stuber, approda nelle sale cinematografiche italiane il 14 febbraio.
Un valzer tra gli scaffali è un film diretto da Thomas Stuber, la cui sceneggiatura è curata dallo stesso regista insieme a Clemens Meyer, l’autore del racconto In den gängen – Tra i corridoi da cui è tratta la pellicola. Nel cast troviamo Franz Rogowski (Christian), Sandra Hüller (Marion), Peter Kurth (Bruno), Matthias Brenner (Jürgen), Andreas Leupold (Rudi); Michael Specht (Klaus), Henning Peker (Wolfang) e Gerdy Zint (Tino). Si tratta del vincitore del Premio della Giuria Ecumenica e del Premio delle Giurie Indipendenti alla 68° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino.
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In Un valzer tra gli scaffali troviamo un giovane tatuato e introverso, Christian, che entra in periodo di prova per lavorare in un grande magazzino nella Germania orientale. Qui deve usare la divisa a maniche lunghe per coprire il più possibile i tatuaggi su braccia e collo per potersi presentare al meglio ai clienti e inizia a lavorare a fianco di Bruno, ma viene anche a contatto con una collega, Marion, che non lo lascia affatto indifferente.
Un valzer tra gli scaffali, un racconto simbolico del consumismo
La location viene percepita quasi come una casa per il protagonista, il personale che ci lavora sembra costituire una grande famiglia, al punto che sembra quasi innaturale abbandonarlo a fine turno per tornarsene a casa, ognuno per la propria strada come se nulla fosse accaduto nelle ore precedenti. Quella de Un valzer tra gli scaffali è una visione dell’ambiente lavorativo che osserva un certo grado di disincanto. La narrazione, infatti, lascia spazio alla riflessione sulle condizioni dei personaggi che rispecchiano delle problematicità che sono quanto mai vive e reali nella società in cui viviamo. Vengono mostrate condizioni di lavoro non particolarmente ottimali e quanto mai realistiche, con una critica al consumismo abbastanza facile da percepire.
Il supermercato è quindi più che una semplice location o un pretesto per far partire le vicende nel film e le sue caratteristiche vengono evidenziate anche dalle scelte sul piano tecnico. La lunghezza dei corridoi del grande magazzino dove vediamo lavorare e muoversi i personaggi, infatti, viene accentuata dalla regia moderando la profondità di campo. La macchina da presa rimane per lo più statica, indulgendo a movimenti fluidi e minimali quando strettamente necessario. Il tutto è volto ad evidenziare una scenografia caratterizzata dall’ordine e una certa cura nei dettagli un po’ come lo sono gli scaffali del supermercato. La fotografia, a sua volta, con il suo calore riproduce fedelmente l’illuminazione artificiale che caratterizza un luogo chiuso, dove fatichiamo anche a capire se sia giorno o sia notte, se non grazie agli squarci sul mondo esterno che abbiamo quando i personaggi escono per un motivo o per un altro.
I personaggi in Un valzer tra gli scaffali vengono caratterizzati il necessario per avere una propria personalità, anche se alcuni sono volutamente avvolti nel mistero, soprattutto quando ci vengono mostrati dal punto di vista del nostro taciturno protagonista. Parla di lui anche la colonna sonora che, se da una parte vede alcune eccellenze della musica classica, ogni tanto ci inserisce alcuni brani cantati che sono funzionali a materializzare i pensieri del protagonista in delle situazioni particolarmente significative. Il film risulta avere, insomma, una sobria impalcatura in tutti i suoi aspetti.
Un valzer tra gli scaffali esce nelle sale cinematografiche italiane a San Valentino, il 14 febbraio, distribuito dalla Satine Film.