Biografilm 2017 – Un western senza cavalli: recensione
Un western senza cavalli è un documentario di Davide Rizzo e Marzia Toscano su Mauro Mingardi, cineasta non professionista bolognese.
Un western senza cavalli è un documentario di Davide Rizzo e Marzia Toscano sulla vita e sulla carriera di Mauro Mingardi, cineasta amatoriale bolognese particolarmente attivo nella seconda metà dello scorso secolo, venuto a mancare nel 2009. Nel corso della sua lunga carriera, Mingardi si è distinto per il suo cinema artigianale ma ricco di idee e passione, conquistando numerosi premi in festival nazionali e internazionali. Nonostante la stima di illustri colleghi come Roberto Rossellini e la strada spianata per il Centro Sperimentale di Cinematografia, Mauro Mingardi ha scelto di non lasciare mai la sua Bologna e di continuare a realizzare pellicole a 0 budget con gli amici di sempre, unicamente per passione e diletto.
Un western senza cavalli di Mauro Mingardi: L’ultimo dei primi, o forse il primo degli ultimi
Attraverso ricordi, interviste e immagini d’archivio attentamente selezionate dai registi, Un western senza cavalli mette in scena il racconto di una carriera spesa all’insegna della più pura libertà artistica e del più appassionato approccio alla settima arte. L’ultimo dei primi, o forse il primo degli ultimi, come amava definirsi lo stesso Mauro Mingardi, ribadendo al tempo stesso sia la propria autorialità che la propria lontananza dal cinema professionistico, fatto sì con maggiori mezzi economici e produttivi, ma anche con un occhio sempre rivolto ai finanziamenti e al profitto.
Una carriera cominciata quasi per caso, grazie a una cinepresa lasciata a Bologna dalla star hollywoodiana Yvonne De Carlo come pagamento per un rifornimento e poi finita per un fortunato caso proprio nelle mani di Mingardi. Un percorso cinematografico fermatosi per stessa volontà del regista a un passo dal professionismo, ma comunque pieno di premi e soddisfazioni, come il piazzamento davanti a due colonne portanti del cinema italiano come Rossellini e Olmi al Festival di Rapallo del 1970, con il suo Il tempo nel muro.
Un western senza cavalli: il cinema a costo 0 di Mauro Mingardi
Dalle immagini e dalle parole di chi ha condiviso le avventure cinematografiche di Mauro, improvvisandosi mostro o indiano nel proprio tempo libero e partecipando a collette per pagare i pochi oggetti scenici, traspare il ritratto di un uomo perdutamente innamorato del cinema, al punto da scandagliarlo e viverlo in ogni suo aspetto, ma anche indissolubilmente legato alla propria terra e ai propri affetti, al punto da rifiutare il grande passo nel cinema dei grandi.
Troppo difficile per Mauro rinunciare alla sua Bologna, a quei campi resi riserve indiane, ai suoi colli resi teatro di sgangherati ma irresistibili duelli, a un cinema fatto in casa e in famiglia, ma capace di rivelare inaspettati punti di forza anche nelle sue più spassose debolezze, come appunto mettere in scena un film western senza uno straccio di cavallo. Più che a un Ed Wood bolognese, ci piace associare la figura di Mauro Mingardi a una versione nostrana del Danny Boodman de La leggenda del pianista sull’oceano, incapace di abbandonare il mare e la nave che l’avevano cresciuto e coccolato per una terra ferma sconfinata e ricca di opportunità, ma anche piena di incertezze e difficoltà. Un artista di talento, inventiva e dalla sconfinata conoscenza cinefila, desideroso non della gloria e della fama, ma di soddisfazioni più intime e ristrette, ma non per questo meno grandi.
Un western senza cavalli: il ritratto ironico e a tratti commovente di un artista fuori dagli schemi e dalle logiche di mercato
Il documentario di Davide Rizzo e Marzia Toscano è però anche un viaggio nostalgico e malinconico lungo mezzo secolo di storia italiana (e nello specifico bolognese), durante il quale si percepisce nitidamente il cambiamento di epoca, costumi e paesaggi. Una spensieratezza forse andata perduta con la modernità e il progresso, ma capace di rivivere con la magia del cinema, e in particolare con le pellicole rustiche ma sincere di Mingardi. Davide Rizzo e Marzia Toscano riescono a trovare la giusta alchimia fra narrazione, ironia e riflessione, traendo il meglio dal materiale audiovisivo di Mauro e dalle parole di amici e parenti, onorando fra una lacrima e un sorriso la sua memoria e il suo prezioso lascito cinematografico.
Un western senza cavalli è la lucida e appassionata fotografia di un modo di fare cinema lontano dai riflettori e dai red carpet, ma capace di trasmettere la stessa gioia e di raccontare un pezzo unico e irripetibile della nostra storia. Un ritratto ironico e a tratti commovente di un artista fuori dagli schemi e dalle logiche di mercato, immortalato anche nell’ultima parte della sua vita, con il viso stanco e rugoso, ma la stessa voglia di vivere il cinema e di battere nuove strade narrative.
Mauro Mingardi sosteneva che la morte consiste nel perdere i ricordi. Anche grazie a Un western senza cavalli, possiamo affermare con certezza che il suo ricordo è ancora oggi più vivo che mai, e che i suoi film fatti con 2 lire e unicamente per divertirsi non verranno spazzati via come lacrime nella pioggia, ma rimarranno una fonte d’ispirazione per i cineasti del domani e una piacevole visione per gli spettatori più curiosi e volenterosi.