Una barca in giardino: recensione del film animato di Jean-François Laguionie

Un’esperienza cinematografica delicata e intensa.

Anni Cinquanta, Francia post-bellica. François è un ragazzino, attratto dal disegno che si trova ad affiancare il suo misterioso e silenzioso padre, Pierre, taciturno rappresentante di commercio e tuttofare, nella costruzione di una barca a grandezza naturale nel loro giardino di casa, una replica dello Spray, la leggendaria imbarcazione con cui il marinaio Joshua Slocum – navigatore realmente esistito, diventa una figura mitica che accompagna François nelle sue fantasie – fu il primo a compiere il giro del mondo in solitaria a bordo di una barca a vela. Il protagonista scopre di non essere il figlio biologico di Pierre. Questo racconta Una barca in giardino film animato di Jean-François Laguionie, già conosciuto per opere come La tela animata, Le stagioni di Louise e Il viaggio del principe, presentato in anteprima nella selezione ufficiale del 77° Festival di Cannes e in concorso al 43° Festival del cinema d’animazione di Annecy, una storia di crescita e maturazione.

Una barca in giardino: la storia di un viaggio che si fa metafora di crescita e maturazione

“Cercherò di tratteggiare per voi il viaggio di mio padre. Avevo dieci anni quando ha intrapreso questa avventura”

Una barca in giardino parte da una storia semplice, fiabesca, un racconto intimo, delicato, autobiografico con colori pastello, i tratti delicati e tenui, una sorta di romanzo di formazione in cui il protagonista passa dall’infanzia all’adolescenza di fronte agli occhi dello spettatore e ogni sentimento, ogni spinta vivono lì in quel giardino tra le tavole di legno e la missione paterna che diventa anche di François, catalizzatore di emozioni, speranze, ricordi e pensieri rivolti al futuro.

Lo spettatore scopre molto di questi personaggi, ciò che provano nel profondo, la curiosità di François che ha difficoltà di comunicare con il padre adottivo, la complicità silenziosa della madre, Geneviève, la fatica di un padre che non sa esprimere il proprio affetto. Si porta lo spettatore all’interno di un’avventura, fisica e metaforica, e François invita a guardare il mondo attraverso il suo punto di vista, giovane e unico, di uno che sogna e spera.

Oltre alla madre, il protagonista si confronta con tre figure centrali della vita del protagonista, rappresentati più o meno allo stesso modo. Pierre, il padre adottivo, è un uomo schivo, razionale, il padre naturale e il leggendario Slocum sono misteriosi e quasi inarrivabili, ma mentre il primo non ha un peso così importante all’interno della storia del ragazzo, nonostante diventi una sorta di anello di congiunzione tra infanzia e adolescenza, il secondo, talmente importante da diventare soprannome di Pierre, è per lui eroe inarrivabile, modello da seguire e imitare.
François grazie a tutti questi personaggi e alla missione in cui è coinvolto, cresce ed evolve proprio per il rapporto con questo padre buono ma rigido che il ragazzino vuole compiacere in ogni modo e per farlo “userà” l’amore condiviso per il mare, e per quello con la madre, figura delicata e sempre presente, che lo accompagna e lo segue, lo guarda da lontano e gli sta vicino con quel dolce sorriso sul volto.

Una barca in giardino: una poesia immaginata, delicata e tenera di primi amori, rapporti con i genitori e sogni

Jean-François Laguionie dipinge la propria evoluzione, con grazia usa i tratti appena accennati dell’animazione tradizionale unendola con la computer grafica. Una barca in giardino è un film di ricordi e di immagini spesso sfumate, anche scarabocchiate, è un diario di bordo di più di un’impresa: il giro del mondo in solitaria di Slocum e la costruzione di Pierre di una copia esatta dell’imbarcazione del vero Slocum.

L’adolescenza, la costruzione di un rapporto paterno, la passione per la vela, per il disegno, il primo amore, François vive tutto e tanto. Il film è una poesia sussurrata e disegnata, una carezza che sfiora il viso e mette a posto con sé stessi e con gli altri, è un’istantanea in cui ci si rifugia per “stare in pace” con il bambino interiore e ciò che è stato.

Una barca in giardino: valutazione e conclusione

Grazie ad una brillante sceneggiatura (scritta dal regista con Annick Le Ray), il film d’animazione porta lo spettatore in un viaggio gentile e incantevole, un gioco di luci e ombre, accompagnato dalla bella musica di Pascal Le Pennec.
Una barca in giardino è un ritratto di una famiglia e delle sue disfunzioni, viste attraverso gli occhi teneri di un’adolescente, la costruzione della barca si fa parabola della crescita di un ragazzino che divento adulto e che costruisce un rapporto con il proprio padre grazie ad un’impresa comune. La narrazione si muove in una calda dolcezza, si fa carezza e abbraccio.
Il film è un’esperienza cinematografica delicata e intensa, che ricorda quanto sia importante coltivare i propri desideri. Jean-François Laguionie dimostra quanto sia capace di raccontare il passaggio dall’infanzia all’età adulta con tocco lieve e poetico, immergendolo nella Francia post-bellica che fa da specchio alle speranze e alle paure tutte umane.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4