Una Questione Privata: recensione del film dei fratelli Taviani
La recensione dell'ultimo film dei Fratelli Taviani tratto dal romanzo di Beppe Fenoglio con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellè, al cinema dall'1 novembre con 01 Distribution.
Lui ama lei, che forse ama l’altro. È la storia più vecchia del mondo, un doloroso triangolo d’amore che in Una Questione Privata, ultimo film dei fratelli Taviani (Maraviglioso Boccaccio, Cesare Deve Morire), coinvolge tre giovani nel momento più drammatico della storia d’Italia, la guerra civile scoppiata in seguito all’armistizio del 1943 e che tanto sangue fece scorrere negli anni a venire. Due tragedie, quella collettiva della guerra e della lotta partigiana e quella privata, personale, del protagonista, che si incontrano e si scontrano complicando sempre una vicenda di per sé estremamente lineare.
1943: Milton è un giovane partigiano che ha abbracciato la lotta dopo una proficua carriera da studente. Un giorno si trova a passare vicino alla villa di una sua vecchia amica, Fulvia, della quale era innamorato. Parlando con la padrona di casa, la donna lascia intendere a Milton che dopo la sua partenza Fulvia potrebbe aver iniziato una relazione con Giorgio, il migliore amico di Milton, facendo sprofondare il ragazzo in una spirale di dubbi e paranoie. Deciso a scoprire la verità, Milton decide di rintracciare l’amico, che milita presso un’altra compagnia partigiana, ma lo aspetta una terribile sorpresa: Giorgio è stato catturato dai fascisti e l’unica possibilità per salvarlo è scambiarlo con un altro prigioniero.
Un dubbio paralizzante e un’estenuante ricerca della verità: questi sono i temi su cui si basa Una Questione Privata.
Lui ama lei, che forse ama l’altro; ed è quel “forse”, terribile, la chiave di volta su cui si regge l’intero film. Una Questione Privata non è la storia di un tradimento, né di un’amicizia spezzata o di una vendetta amorosa, ma la lunga ed estenuante ricerca, da parte di Milton, di una verità che forse non esiste nemmeno, un percorso doloroso lastricato di dubbi, congetture, ripensamenti e nostalgia ostacolato dalla Storia, che sembra accanirsi contro il protagonista con il sadismo di un torturatore. Moderno Sisifo, Milton intraprende una missione apparentemente semplice che tuttavia si dimostra sempre più chiaramente impossibile da portare a termine man mano che il film procede, non per mancanza di volontà del protagonista quanto per un insieme di contingenze avverse che lo costringono a ricominciare da capo ogni volta che l’obiettivo sembra raggiunto.
Una Questione Privata è uno stillicidio emotivo che porta Milton a scontrarsi con l’orrore del non sapere, dell’incertezza che rende insicuro ogni passo e sempre più dilaniante il dubbio di star commettendo un errore nei giudizi e nelle azioni. Una situazione di stallo che per contrasto si concretizza in una continua frenesia d’azione forse messa in atto da Milton proprio per zittire finalmente la voce della sua mente che gli parla ricordandogli i momenti più importanti della sua amicizia con Fulvia.
In questo contesto la lotta partigiana finisce irrimediabilmente in secondo piano come un mero scenario in cui ambientare il dramma personale del protagonista e che, paradossalmente, sbiadisce in confronto alla tragedia individuale di Milton. La guerra non sembra mai abbastanza importante, le perdite umane mai troppo gravose, e persino i fascisti, nonostante il disprezzo con cui vengono nominati, perdono gran parte della loro mostruosità agli occhi del protagonista, che non distingue più tra alleati e nemici ma tra mezzi per ottenere il suo scopo e ostacoli che gli si frappongono, al punto da prendere le distanze dalla compagnia partigiana in cui militava Giorgio, rea di aver sottovalutato l’amico, e cercare invece di instaurare un dialogo con il soldato nemico catturato per uno scambio di prigionieri che non avverrà mai. Nessuna minaccia sembra abbastanza concreta e nessun prezzo troppo alto da pagare quando la posta in gioco è non tanto salvare Giorgio, quanto scoprire finalmente la verità, qualsiasi verità, sul suo amore per Fulvia.
Il finale rappresenta quindi al tempo stesso una sconfitta e una vittoria per Milton. Il definitivo fallimento dei suoi tentativi di salvare Giorgio fanno sprofondare il protagonista nella disperazione più profonda: nel momento in cui la verità è perduta per sempre e Milton accetta che non riuscirà mai a sentire la confessione che forse sperava di avere dal proprio amico, il ragazzo decide che non vale più la pena continuare a vivere. Invocando la morte, Milton tenta in tutti i modi di provocare la sua uccisione senza però riuscirci, aprendosi a una possibilità al tempo stesso esaltante e ancora più spaventosa: possibile che, nonostante tutto, si possa e si debba continuare a vivere nonostante gli spettri del proprio passato?
Una Questione Privata: un soggetto interessante realizzato in modo approssimativo, perdendo così tutto il suo mordente.
Un’idea così interessante e intelligente purtroppo non trova un fondamento nella realizzazione tecnica del film, che mostra troppo spesso diversi limiti nella scrittura e nella realizzazione. La sceneggiatura si lascia sfuggire quasi tutte le occasioni che le si presentano per scavare ancora più a fondo nei personaggi e rendere il dramma personale di Milton ancora più feroce, adagiandosi su uno standard accettabile ma privo di momenti di evidente ispirazione. Al contrario, sono diversi i momenti in cui la costruzione dei dialoghi inficia la qualità del copione e del film, con battute tristemente banali o fuori luogo, tipiche talvolta di una scrittura che preferisce raccontare invece di mostrare e che si limita ad abbozzare dei personaggi mai del tutto approfonditi. È il caso, clamoroso, di Giorgio e Fulvia, che tanta importanza rivestono all’interno della storia e che tuttavia non risaltano mai come autentici personaggi quanto, piuttosto, come strumenti narrativi. Fulvia, soprattutto, soffre di una scrittura approssimativa che impedisce allo spettatore di condividere l’amore di Milton per la ragazza.
Luca Marinelli regala un’interpretazione da favola nei panni del personaggio principale: Milton
In pochi casi, quello che non raggiunge la sceneggiatura lo ottiene la recitazione. Luca Marinelli (Lasciati Andare, Il Padre d’Italia) si conferma ancora una volta uno dei migliori giovani attori nel panorama del cinema italiano dando vita ad un personaggio timido ma determinato, che si muove spinto dalla disperazione e dilaniato da un conflitto interno al quale non dà mai voce. Protagonista assoluto di un film che sceglie di non essere corale, Marinelli regge sulle sue spalle tutto il peso di Una Questione Privata, scandendo il ritmo della pellicola con i suoi movimenti e le sue parole.
Tutto il film è completamente incentrato su di lui, quasi un esercizio di divismo che ripaga pienamente la fiducia riposta in lui dai registi, anche perché, oltre alla sua, sono poche le prestazioni attoriali che superano felicemente la sufficienza. Lorenzo Richelmy (La Ragazza nella Nebbia, la serie tv Marco Polo) e Valentina Bellè (Amori Che Non Sanno Stare Al Mondo, Il Permesso – 48 Ore Fuori) si accontentano dei margini della sceneggiatura, ma mentre il primo sfrutta a suo vantaggio i pochi momenti a sua disposizione, la seconda non riesce a fare altrettanto offrendoci un ritratto superficiale e tutto sommato anonimo della sua Fulvia.
I fratelli Taviani dirigono il film con sicurezza ma con scarsa inventiva, ricorrendo a una rosa di convenzioni già collaudate senza rischiare troppo.
La scelta di caratterizzare in maniera differente le sequenza dei flashback dalla storia è piuttosto prevedibile per quanto perfettamente funzionale alla rappresentazione di una realtà che non è più oggettiva, ma filtrata dalla mente di Milton. Mentre il presente è plumbeo e avvolto dalla nebbia, nel mondo del ricordo splende sempre il sole e Fulvia ha occhi solo per Milton sebbene, relegato agli angoli della sua memoria come una rimozione, Giorgio sia sempre presente, e la sia attrazione per la ragazza quantomai evidente.
Una Questione Privata è un film che non soddisfa completamente. Tecnicamente claudicante e dal messaggio alquanto confuso, racconta una storia interessante in modo maldestro svilendo l’impatto emotivo che avrebbe potuto altrimenti avere, e che l’avrebbe reso un capolavoro.