Uno, nessuno, cento Nino: recensione del film di Luca Manfredi
Luca Manfredi restituisce al pubblico un ritratto inedito del padre a cento anni dalla nascita. La recensione di Marco Olivieri.
Uno, nessuno, cento Nino: un’occasione per celebrare l’arte dell’attore in tutta la sua potenza. I movimenti del corpo, il volto e le più piccole variazioni di espressioni, la voce e i silenzi in un attore, Nino Manfredi (1921-2004), raccontato in un documentario scritto e diretto dal figlio Luca. Il pretesto è il centenario della nascita e con il titolo pirandelliano di Uno, nessuno, cento Nino, a descrivere gli innumerevoli personaggi da lui incarnati, tra teatro cinema e televisione, e le tante sfaccettature della sua personalità.
Il film è in programma lunedì 22 marzo alle 21.15 su Sky Arte e in streaming su NOW. La produzione è Rai Documentari, Istituto Luce Cinecittà e Ruvido Produzioni in collaborazione con Sky Arte e Duque Italia.
Uno, nessuno, cento Nino: il ritratto intimo del grande Manfredi
Intrecciando momenti privati, le origini ciociare e il rischio della morte in sanatorio, la formazione all’Accademia d’arte drammatica con Orazio Costa, il varietà, la commedia musicale, la pubblicità e il cinema, il documentario emoziona e spinge a riflettere su quanto fosse completo e sfaccettato il talento di Manfredi. Nell’intensa carrellata, nel segno dei successi, impossibile citare tutti i capisaldi di una carriera lunga e frutto di un talento coltivato con studio e dedizione: Rugantino sui palcoscenici anche americani, Canzonissima, Sanremo (con la petroliniana Tanto pe’ cantà) e i film Il gaucho, Straziami ma di baci saziami, Operazione San Gennaro, Il padre di famiglia, Per grazia ricevuta (anche come regista e sceneggiatore, indagando sulla sua matrice cattolica, rifiutata dopo l’esperienza in sanatorio), Vedo nudo, Nell’anno del Signore, Le avventure di Pinocchio (con un Geppetto memorabile diretto da Luigi Comencini), l’immagine della miseria da immigrato in Pane e cioccolata, il portantino indimenticabile di C’eravamo tanti amati, Brutti sporchi e cattivi, In nome del Papa Re, Il giocattolo e, infine, prima di morire, nei panni di uno smemorato Lorca nello spagnolo La fine di un mistero.
Ettore Scola, Dino Risi, Luigi Magni, Vittorio De Sica, Franco Brusati, Nanni Loy, Giuliano Montaldo, Mario Monicelli, Mauro Bolognini, Antonio Pietrangeli, Luigi Comencini, Camillo Mastrocinque, Damiano Damiani, Franco Rossi, Arthur Joffé sono alcuni dei registi più significativi di una notevole filmografia. Il tutto senza dimenticare il suo esordio alla regia con L’avventura di un soldato (episodio del film L’amore difficile, 1962), dall’omonima novella di Italo Calvino. Un episodio che rappresenta un omaggio al cinema muto, e a Charlie Chaplin, e che fu apprezzato dallo stesso Calvino.
Nino Manfredi in bilico tra pubblico e privato nel film in onda su Sky
Il documentario si mantiene in equilibrio fra il personaggio pubblico e quello privato, con le testimonianze della moglie Ermina, dei figli e dei nipoti e di Elio Germano, Edoardo Leo, Massimo Ghini, Nancy Brilli, Enrico Brignano, Johnny Dorelli, Walter Veltroni, Massimo Wertmuller e Lino Banfi. Prezioso pure l’intervento dello stesso Nino Manfredi tratto da Ottant’anni da attore (realizzato dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma), con materiale originale e sempre con la regia di Luca Manfredi, e colpiscono le sequenze del film tv per RaiUno In arte Nino.
Qui ancora una volta Luca Manfredi ha ricostruito il ventennio 1939-1959 del padre e affidato alla grazia interpretativa di Elio Germano il ruolo del protagonista, con Miriam Leone nei panni della moglie Erminia Ferrari. Anche queste immagini riescono ad alimentare e a ricostruire un personaggio dotato di un talento frutto di tenacia popolare, ferrea volontà e capacità di cogliere sfumature e pieghe, comiche e tragiche al tempo stesso, di ogni personaggio. Tra silenzi eloquenti, movimenti del corpo chapliniani, battute e sfumature dalla dirompente ironia.
“Una dichiarazione d’amore da attore a attore” è la felice definizione di Elio Germano nel dar vita alla figura del mattatore. Artista che ha saputo mescolare la vena popolare e una solida formazione, dai classici alla rivista, grazie alla continua ricerca di una perfezione attoriale.
Il suo volto smarrito, nel personaggio dell’immigrato Giovanni del film Pane e cioccolata, chiude un documentario che invita a vedere e rivedere le interpretazioni di Nino Manfredi con occhi nuovi. Un patrimonio fondamentale anche per le nuove generazioni, tra pezzi di storia e lampi di tragicomica consapevolezza, affidati a un attore che credeva nella forza dell’arte recitativa.