Uno Rosso: recensione del film di Jake Kasdan
Il Natale cinematografico di Dwayne Johnson e Chris Evans (e Lucy Liu, e J.K. Simmons) non è il solito Natale. Uno Rosso, regia di Jake Kasdan, è una commedia action in sala dal 7 novembre 2024.
Con qualche settimana di anticipo sulla tabella di marcia, Uno Rosso arriva nelle sale italiane il 7 novembre 2024 per Warner Bros. Entertainment Italia con il chiaro intento di resuscitare, servendosi di qualche opportuna deviazione dal modello, il magico spirito del Natale. Dirige Jake Kasdan, già dietro la macchina da presa in Jumanji: Benvenuti Nella Giungla (2017) e Jumanji: The Next Level (2019), su sceneggiatura di Chris Morgan da una storia di Hiram Garcia. Il cast è notevole e non è un’esagerazione: Chris Evans, Dwayne Johnson, Lucy Liu, Kiernan Shipka, Bonnie Hunt e J.K. Simmons. L’idea è di omaggiare la mitologia e il sentimento natalizi aggiornandoli, circondandoli di un immaginario inedito – per il tipo di film, perché la storia in realtà è molto, molto consapevole dei suoi debiti d’ispirazione – e allontandosi dalla tradizione fin quanto è possibile per poi sterzare e, non ci sarebbe neanche bisogno di specificarlo, tornare alla base. Il finale è puro spirito natalizio, quello che succede prima non proprio. Sul crinale di questa contraddizione, deliberata, lucidamente costruita, il film gioca la sua partita e prova a vincere il cuore dello spettatore.
Uno Rosso: hanno rapito Babbo Natale
Forse il Natale non è la tipica proprietà intellettuale di cui solitamente major e piattaforme si servono per costruire il derivativo e molto poco originale cinema contemporaneo, ma certo è un bel punto di partenza per uno storytelling commerciale che non vuole prendersi troppi rischi e, perché no? costruire l’ennesimo franchise. Il gioco di Uno Rosso, si è già detto, consiste nell’accostare due visioni opposte e speculari – il più classico sentimento natalizio vs. una narrazione anticonvenzionale – per scoprire cosa succede poi. Jake Kasdan prova a prendere di petto la mitologia natalizia semplicemente reinventandola, ma forse non è il termine corretto. Di reinvenzione è meglio non parlare, perché in quel caso si tratterebbe di intervenire su un immaginario preesistente alterandolo, definendo nuove regole, fissando altri scenari e riscrivendone le convenzioni. Non è questo il caso. Di mitologia natalizia, almeno al cinema, non c’è n’è mai stata troppa, a parte l’essenziale – l’abito, la slitta, le renne, la neve, insomma l’abc – e questo vuoto da colmare offre al film uno spunto interessante.
Uno Rosso costruisce un mondo partendo da zero o quasi, un universo di riferimenti e un’atmosfera natalizia molto più muscolari e adrenalinici rispetto a come siamo abituati a pensarli. Babbo Natale è un duro. Si chiama Nick (J.K. Simmons), fa tanto esercizio per tenersi in forma in vista della sera del 24, nel tempo libero accoglie nel più completo anonimato i bambini nei centri commerciali – un po’ come Chaplin quando partecipò a un concorso di sosia di Charlot e si classificò terzo perché nessuno lo riconobbe – ha una guardia del corpo in crisi esistenziale che non riesce più a credere allo spirito del Natale, Cal (Dwayne Johnson), e una moglie devota (Bonnie Hunt). Nick gestisce l’operazione Natale dal quartier generale al Polo Nord che è grande come una metropoli, assistito da un esercito di collaboratori.
Esercito è la parola giusta; Uno Rosso immagina un Natale a metà strada tra l’operazione Desert Storm – Uno Rosso è il nome in codice di Santa Claus – e una versione decisamente più colorata e zuccherosa di un film di James Bond. Succede che la sera del 23 dicembre va tutto storto. La strega Grýla (Kiernan Shipka), animata da nefaste intenzioni, rapisce Nick e lo mette fuori gioco. Neanche il capo dei servizi segreti del mondo mitologico, Zoe Harlow (Lucy Liu), ha la più pallida idea di come fare a sventare il complotto, restituire Nick alla sua famiglia e, soprattutto, salvare il Natale. Ci pensa la più insolita delle coppie: Cal e Jack O’Malley (Chris Evans), hacker geniale, infelice e alcolizzato, padre non esemplare e, in una parola, il carattere più lontano dallo spirito del Natale che uno possa immaginare. L’umorismo, l’azione e l’emotività del film poggiano sull’accostamento degli opposti caratteriali della strana coppia Chris Evans & Dwayne Johnson. Un buddy movie a sfondo natalizio, né più né meno. In realtà c’è anche altro.
Un tipico e, allo stesso tempo, non così tipico film di Natale
Ricapitolando: buddy movie, action, pulsazioni thriller, un paio di suggestioni horror, commedia scorretta anche se si potrebbe osare di più, spirito natalizio e riflessione su bontà, calore e famiglia. Uno Rosso non è il classico film natalizio e non fa mistero della volontà di essere altro da ciò che uno si aspetta. Gioca scopertamente a dissacrare il modello arricchendolo di spinte, prospettive e angolazioni inedite, cercando però, allo stesso tempo, di conservare intatto il sottofondo emotivo: della festività e del cinema che la racconta. Jake Kasdan disegna un film d’azione tecnicamente ineccepibile, perché non c’è un attimo di tregua e la trama non impone i suoi saliscendi in modo forzato e macchinoso.
Buona parte dello charme della storia è sostenuto e alimentato dal carisma e dal felice intreccio dei prestigiosi protagonisti – un cast notevole – a cominciare dal duo Evans e Johnson (il primo sboccato e stropicciato, il secondo granitico e sensibile, funzionano) per proseguire con il sempre azzeccato J.K Simmons, il ritorno della mai dimenticata Lucy Liu e uno dei primi veri ruoli che contano al cinema per Kiernan Shipka, la Sally Draper di Mad Men (ruolo per cui verrà ricordata, lo voglia o no, fino alla fine dei tempi). L’emozione è puro standard natalizio; il richiamo al bambino interiore, l’esortazione a non smettere mai di meravigliarsi, l’invito a darsi da fare per cercare di essere la versione migliore di se stessi.
Uno Rosso è una commedia action che si diverte a nascondere il suo cuore sentimentale; prova a essere tante storie, tanti generi e tante atmosfere al punto, è inevitavile, di rubare molto a tutti ma mai abbastanza a ciascuno, finendo per offrire allo spettatore una visione imprecisa e contraddittoria. Il film è, contemporaneamente, l’attacco iconoclasta al cinema natalizio e un frullato di spunti e ispirazioni piuttosto derivativo nella ricerca di strutture narrative e suggestioni anche troppo consolidate. Ora abbiamo una mitologia su misura anche per il Natale; non è chiaro se servisse o meno, ma ce l’abbiamo. Uno Rosso prova a fare qualcosa di diverso, senza innovare sul serio. Il suo gioco è un’interessante contraddizione, che non paga del tutto.
Uno Rosso: valutazione e conclusione
Jake Kasdan sa come si fa a costruire un action teso e vibrante senza perdere colpi. Sa coniugare malinconia e umorismo, sa gestire personalità, vezzi e idiosincrasie del suo notevole cast. Ma Uno Rosso non può definirsi, a nessun livello, un film riuscito al 100%, perché la partita contraddittoria che sceglie di giocare – essere allo stesso tempo il film natalizio per eccellenza e quello meno natalizio possibile – non si risolve, come dovrebbe, in un onorevole pareggio che valorizzi il meglio di entrambi i mondi, cioè l’approccio iconoclasta e il richiamo a un certo tipo di calore e di sentimento. Il film finisce per essere, con il suo riferimento a tanto cinema commerciale contemporaneo, più ripetitivo del necessario. La mitologia introdotta per l’occasione funziona soprattutto con la Grýla di Kiernan Shipka, personaggio del folkore islandese, ma oltre l’idea di trasformare il Natale in un calibratissima operazione militare-spionistica-umoristica, Uno Rosso non riesce a coltivare fino in fondo il suo immaginario.