Until The Sun Dies: recensione del film, dal Sole Luna Doc 2024
Vincitore come Miglior Documentario al Sole Luna Doc 2024, il documenatrio racconta la lotta di Albeiro Camayo e Luz Marina Bernal Parra.
Until The Sun Dies è una storia di speranza e resilienza in terra colombiana.
L’incanto del verde della Colombia; la natura che, rigogliosa, avvolge tutto e poi il silenzio che, brutalmente, viene interrotto dai colpi di arma da fuoco. “La nostra resistenza nasce dalla spiritualità, dalla nostra connessione con la Madre Terra, con i nostri luoghi sacri, con gli spiriti”, queste sono le parole di Albeiro Camayo, il leader indigeno a cui è dedicato Until the Sun Dies (Hasta Que Se Apague El Sol, in lingua originale). Premiato come Miglior Documentario durante la diciannovesima edizione di Sole Luna Doc Festival – dall’1 al 7 luglio 2024 a Palermo – il film-documentario di Jonas Brander non lascia di certo indifferenti.
Until the Sun Dies: la lotta e la resilienza di Albeiro Camayo e Luz Marina Bernal
Attraverso gli occhi e le voci dei due protagonisti, ci ritroviamo anche noi lì: in Colombia, tra le profumate piantagioni di caffè e la forza di chi combatte per salvare la propria terra e i propri figli, senza mai arrendersi. Il documentario – grazie all’incredibile lavoro di Brander e del suo team – ci mette, immediatamente, davanti a due storie portanti: quella del leader indigeno Albeiro Camayo – ucciso nel 2022 dopo diversi tentativi e che ha lottato per una vita contro la violenza subita dalle comunità indigene colombiane – e quella di Luz Marina Bernal Parra, candidata al Premio Nobel per la Pace nel 2016 e madre di Fraí Leonardo Bernal, un ragazzo barbaramente ucciso dall’esercito colombiano nel 2008.
Due anime, una sola lotta. “Se morirò, morirò combattendo” e così è stato per Camayo che, davanti all’obiettivo, ha raccontato la sua vita vissuta per difendere Madre Terra e le future generazioni colombiane. Nel documentario, però, oltre ai momenti di paura, ci sono anche quelli delle piccole gioie: come quella di un pasto in compagnia, tra sorrisi e racconti, o di una partita di calcio con alcuni bambini. L’orrore della morte raccontato insieme alla semplicità della vita, perché questa continua nonostante tutto. La resilienza è la dote più grande che Albeiro Camayo e Luz Marina Bernal Parra ci insegnano. Punti di riferimento della resistenza colombiana, difensori dei diritti indigeni e dei diritti umani, ci accompagnano per mano attraverso il violento conflitto di cui troppo poco si parla e che è ancora spaventosamente attuale. Lontano migliaia di chilometri da noi, ma lì.
Luz Marina, seduta davanti al suo laptop, sfoglia le ultime foto di suo figlio: quelle che lo vedono senza vita, all’età di ventisei anni. Una donna forte, a capo delle Madres de Soacha, che non ha paura di dire come questi crimini siano stati eseguiti sotto il governo di Álvaro Uribe Vélez e Juan Manuel Santos: ufficialmente per combattere i guerriglieri che, invece, erano “indigeni, agricoltori, afrocolombiani, figli di povere famiglie, innocenti, persone che non avevano neppure un’affiliazione politica”. Il gruppo nato nel sobborgo alla periferia di Bogotá ha denunciato lo Stato per la morte di questi figli, rivelando come questi ultimi – i più poveri – venissero attirati con promesse false di lavoro e poi giustiziati dai militari colombiani, facendoli passare per guerriglieri.
Il cinema può aiutare nella costruzione di un futuro migliore
Con abile maestria, Brander alterna i pochi momenti di calma a quelli della lotta, ma a lasciare senza fiato è anche il profondo senso di ingiustizia che traspare e a cui il regista riesce a dare forma. Un lavoro iniziato nel 2014 e terminato nel 2022 con tanta passione e voglia di gridare la verità, ma tra difficoltà e dolori rischiando in prima persona per raccontare – con le sue sole forze, anche finanziariamente parlando – la cruda realtà della criminalità colombiana. Grazie al lavoro del regista, non si può far altro che interrogarsi sulla bellezza di questi luoghi che sembrano dover sempre pagare qualcosa per questo loro pregio.
Diretto e chiaro nel raccontare le esperienze del leader della Guardia Indigena – che ha sempre combattuto disarmata – e di una madre che lotta per avere giustizia per suo figlio e per migliaia di altri figli, il regista riesce a dipingere la vita in povertà di queste persone – enormemente ricche in saggezza e coraggio – che non hanno mai voluto una guerra. Da un lato, quindi, la battaglia delle Madres de Soacha e dall’altra quella della Guardia Indigena, a protezione dei territori rubati tra monopoli fondiari, traffico di droga e attività minerarie illegali.
Albeiro Camayo e Luz Marina Bernal Parra, due simboli di resistenza, hanno contribuito con fiducia alla realizzazione di questo prezioso documentario che mette in chiaro come il cinema possa essere di fondamentale importanza per mostrare ciò che ancora oggi non va in alcuni angoli di mondo e per contribuire, di fatto, a un futuro migliore.
Until the Sun Dies: valutazione e conclusione
Prodotto da Jonas Brander, Catalina Florez e Leonie Pokutta, quello di Until the Sun Dies è un ritratto rispettoso e accurato della realtà criminale in Colombia che, ancora oggi, non conosce pace. Immagini e parole perfettamente cucite sulle note della musica firmata da Jonas Meyer che, grazie al lavoro di Jonas Brander – anche alla fotografia, oltre che alla regia, al montaggio e alla produzione – ci restituiscono il vero significato di termini come “pace” e “giustizia” ma, soprattutto, di “resilienza” – “Finché non muore il Sole”, appunto – perché è necessario che l’uguaglianza vinca sulla disuguaglianza e che nascano discussioni che ispirino un significativo cambiamento nel mondo.