TFF34 – Vetar: recensione del film di Tamara Drakulić
Vetar è un film in concorso al Torino Film Festival, diretto da Tamara Drakulić ed interpretato da Tamara Stajic, Eroll Bilibani e Darko Kastratovic.
Vetar è tratto dal racconto Kites di Ana Rodić e narra delle giornate estive di una ragazza serba in conflitto costante con il suo mondo, una storia che ci conduce attraverso le ostilità col padre, con la terra, col mare, e col lei stessa, a causa dell’infatuazione per un ragazzo, non sapendo come gestire la sua emotività adolescenziale.
Lei è Mina e con il padre sta trascorrendo l’estate tra le palafitte che accoglie la foce del fiume Bojana, in Montenegro. Il padre ha deciso di trascorrere il maggior tempo possibile lontano da Belgrado e quanto più vicino alla pace, al suo amato windsurf, alla pesca, vivendo giornate senza rumori eccessivi o stress di qualsiasi tipo. Quel lembo di terra che porta al fiume è desolato e frequentato da pochi appassionati che, quando c’è vento e onde che lo permettono, praticano il surf con istruttori all’occorrenza.
E sarà proprio di un istruttore che si innamorerà Mina, Saša, un attraente adone in abiti succinti che talvolta le tiene compagnia e valica ogni distanza e irruenza con cui si scherma Mina. Saša si avvicina a lei, le mostra quanto quel posto sia realmente apprezzabile e di come lei non sappia ancora bene apprezzare ogni aspetto, insomma tra loro il rapporto si inspessisce ma Saša è attento a non andare contro il padre o la sua stessa ragazza, una bellissima ragazza hippy in vacanza in quell’oasi.
Vetar fluttua sulle vite di Mina, del padre e di Saša e ci mostra, senza argomentare, il senso di disappartenenza con un luogo, con una famiglia, andando a toccare aspetti fragili e difficili della vita di una ragazza che è presa dalle sue disaffezioni e dall’odio per tutto e persa per un insegnante di surf che sembra fare di tutto per non infatuarsi di lei. Il platonismo affettivo è li che guarda e rende sottile ogni rapporto, tra Mina e il padre, tra Mina e Saša, tra Mina e la natura inesplorata e incantata di quel luogo, ogni aspetto della vita di Mina è selvaggio e da esplorare, e lei è in un momento della vita in cui rigetta, crea conflitti e prova disagio per qualsiasi cosa sembri ridestarla dal suo torpore.
Vetar è una pellicola meditativa, senza vette o cadute, ogni scena è al naturale, la cinepresa ricrea la magia di quel luogo prendendo parte di quelle atmosfere, senza intaccare l’unione tra cielo e terra, tra vento e mare, spodestando narrazioni forzate e lasciando semplicemente che la vita di Mina accada, evitando ogni artificio per una più semplice e fruibile coesione con la natura di quel luogo.
Vetar è una pellicola meditativa, senza vette o cadute
In Vetar convivono due anime e attraverso la mente caotica di Mina, che vive un contrasto dentro di sé, la regista ci mostra come alla volta l’essere umano possa provare disinteresse e avversione per una cosa grande, inarrivabile, come l’amore, come la natura e le sue grandezze che sono sconfinate, e dall’altro mostra come l’anima di quel luogo sia tanto bella quanto in procinto di cambiare, un luogo eterno, sempreverde, inossidabile e immortale, come una giovinezza eterna si stia scoprendo pronta a trasformarsi, e di come sia ossimorico rendere l’amore e la natura detestabili come anche realizzare che quell’oasi stia attraversando un declino inesorabile.