Vicky Cristina Barcelona: recensione del film di Woody Allen
Un film che non ha bisogno di originalità per essere un film godibile: Vicky Cristina Barcelona è un’altra fuga europea del più newyorkese dei newyorkesi: Woody Allen.
Vicky Cristina Barcelona – recensione del film “spagnolo” di Woody Allen
Vicky e Cristina sono due giovani americane legate da un’amicizia di lunga data. Entrambe benestanti, hanno una visione differente della vita e dell’amore: Vicky è fedele all’uomo che sta per sposare e ai propri principi, Cristina, invece, è disinibita – o gioca ad esserlo – e continuamente alla ricerca di qualcosa che la sconvolga.
Si trovano a trascorrere un’estate a Barcellona.
Una sera, prima in una galleria d’arte e poi in un ristorante, conoscono il pittore Juan Antonio. Un uomo affascinante che si fa avanti con una proposta: partire subito con il suo aereo privato per recarsi ad Oviedo dove potranno visitare il luogo, mangiare del buon cibo, bere dell’ottimo vino e fare l’amore con lui.
Mentre Cristina non ha alcun timore nell’accettare la proposta, Vicky è infastidita e certa di voler rifiutare. Cristina l’avrà vinta ma l’amica, accertata di avere per se una propria camera, accetta.
Dopo una giornata trascorsa in giro per la città, nel corso della quale l’uomo racconta l’amore che ancora prova per la sua ex moglie Maria Elena, giunge finalmente la notte e l’invito di Juan Antonio.
Vicky rifiuta e Cristina accetta. Mentre si baciano, Cristina si sente male a causa della quantità di vino che ha peggiorato la sua ulcera, e presa da conati è costretta a mettersi a letto. Il giorno dopo, mentre Cristina è costretta a rimanere a letto, il pittore e Vicky escono e, a fine giornata, finiscono per lasciarsi andare alla passione. Una storia di una notte, da concludere subito – per diverse ragioni – secondo entrambi.
Intanto Juan Antonio si innamora lentamente di Cristina, la quale ricambiandolo si trasferisce a casa sua. Una notte, però, torna Maria Elena, l’ex moglie di Juan Antonio: una donna carica di passione artistica, matta e disperata. Il rapporto tra gli ex coniugi in realtà non si è mai concluso: è uno di quei rapporti sospesi, fatti di grida, dispetti infantili e tradimenti.
In questa condizione del tutto nuova, Cristina è costretta ad accettare che Juan Antonio preferisca tener sott’occhio Maria Elena, a causa dei disturbi mentali che l’hanno condotta a tentare più volte il suicidio. Da questa convivenza su premesse difficoltose, complice anche la continua accusa di Maria Elena nei confronti di Juan Antonio di aver rubato il suo stile, si innesta invece un equilibrio erotico e artistico di cui Cristina è inconsapevolmente artefice e protagonista, essendo in prima persona coinvolta in un mènage à trois.
Nel frattempo Vicky si è sposata con Doug, l’uomo d’affari a cui non è stata fedele, e non ha mai confessato la sua notte di passione con Juan Antonio nemmeno a Cristina.
Un giorno Cristina si rende conto che non ha più voglia della relazione a tre con Juan Antonio e Maria Elena e confessa ai due di doverli lasciare: un cambiamento che María Elena soprattutto non accetta e che porta subito i due ex coniugi in una nuova crisi.
Vicky, complice la sua amica Judy, incontra Juan Antonio ad una festa. Quando lui la invita a casa, lei accetta nonostante sapesse già cosa le aspettasse e senza dirlo al marito. Quando i due iniziano a baciarsi spunta di nuovo María Elena in preda alla folle gelosia e con una pistola. Durante la lite parte persino un colpo che colpisce di striscio la mano di Vicky, la quale sbigottita li lascia lì affermando di non volere avere più niente a che fare con loro e la loro pazzia.
Vicky, dopo aver giustificato superficialmente con una scusa la mano insanguinata, torna dal marito e insieme con Cristina si imbarcano su un aereo che le riporterà negli Stati Uniti. Entrambe consapevolmente diverse, esattamente come erano partite.
Con Vicky Cristina Barcelona Woody Allen è tornato a parlare d’amore in maniera neutra e totalizzante, utilizzando come filtri il sole, la musica, i codici semantici e il fervore catalano. Siamo, per l’ennesima volta, di fronte ad un ritratto amaro dei rapporti umani, quelli infelici e senza speranza, fugaci e densi.
Quando il film, in medias res, si avvia a raccontarci le premesse necessarie per comprendere le condizioni delle due protagoniste, con una voce fuori campo ipocritamente non giudichevole, si svelta subito il carattere connotativo con cui affrontare la vicenda: la rassegnazione. Di fronte alla bellezza, ai principi, alla follia, all’arte, all’amore: c’è solo la rassegnazione.
L’impianto narrativo di Vicky Cristina Barcelona è di una semplicità gustosa e disarmante – soprattutto per chi conosce e apprezza un’altra parte della vasta filmografia di Allen – e nonostante una regia meno ricca d’amore viscerale (come quello che nutre sempre e solo per New York), si nota una grande capacità di cui non c’è da meravigliarsi: Woody Allen rispetta i luoghi che ritrae, Barcelona è il palcoscenico di un teatro ricco di evocazioni in cui Maria Elena e Juan Antonio sono estremi protagonisti della loro vita. Connotano solo e solamente se stessi e mai i luogo che li nutre, volente o nolente, di un certo tipo di cultura.
Piani sequenza e languide dissolvenze per un film che non mostra mai sfacciatamente la propria matrice erotica – neanche nel bacio saffico tra la Cruz e la Johannson – e che rimane teso verso la propria identità narrativa volta a concludersi con una parabola degna del cinismo – seppur morbido in questa circostanza – di Woody Allen.
Vicky Cristina Barcelona è stato presentato fuori concorso al 61º Festival di Cannes, e ha ricevuto molti premi, tra cui il Premio Oscar nel 2009 come Miglior Attrice non protagonista, andato a Penélope Cruz: cuore pulsante dell’opera, catalizzatrice di attenzione, capace di rendere Vicky Cristina Barcelona un film diviso a metà: prima di Maria Elena e dopo Maria Elena. Concedendoci di poter scegliere la seconda come parte migliore.