Voglia di tenerezza: recensione del film con Shirley MacLaine
Voglia di tenerezza è una pellicola del 1983 scritta e diretta da James L. Brooks e basata sull’omonimo romanzo di Larry McMurtry. Nonostante si possa considerare per lunghi tratti una commedia sentimentale, a causa di una svolta particolarmente drammatica nelle fasi finali Voglia di tenerezza è universalmente conosciuto come uno dei film di larga diffusione più tristi e commoventi delle ultime decadi. Anche grazie a queste sue caratteristiche, la pellicola ha ricevuto nel 1984 ben 5 Oscar, compresi gli importanti riconoscimenti per il miglior film e la migliore regia. Fra i premi ricevuti, spiccano anche le due statuette conquistate da Shirley MacLaine (Miglior attrice protagonista) e Jack Nicholson (Miglior attore non protagonista), membri di spicco di un grande cast completato da attori di grande talento come Debra Winger, John Lithgow, Jeff Daniels e Danny DeVito.
Voglia di tenerezza: una toccante storia sui rapporti familiari con un inaspettato e indimenticabile risvolto tragico
In un arco di tempo di circa 30 anni, Voglia di tenerezza racconta il rapporto di amore e odio fra la possessiva madre Aurora Greenway (Shirley MacLaine), rimasta precocemente vedova, e la ribelle figlia Emma (Debra Winger), perennemente in contrasto fra di loro. Contro il volere materno, Emma decide di sposare il docente Flap (Jeff Daniels), seguendolo nei suoi vari spostamenti dettati dal lavoro e avendo da lui tre figli. Aurora dal canto suo riceve la corte di vari uomini, fra cui il vicino di casa Garrett Breedlove (Jack Nicholson), astronauta in pensione con uno stile di vita dissoluto fatto di alcool e varie donne. La vita avvicinerà e allontanerà fra loro questi personaggi, fino a una tragica svolta che cambierà per sempre il destino di ognuno di loro.
Voglia di tenerezza si propone fin dalle prime battute come una pellicola sui rapporti umani e familiari e sull’imprevedibilità della vita, che nonostante la logica e i nostri sforzi ci porta sempre a battere strade diverse (nel bene e nel male) da quelle che ci aspettavamo. Nonostante un minutaggio importante (132 minuti) e un alto rischio di sfondare apertamente nella retorica e nel melodrammatico, il film regge bene per tutta la sua durata, rivelandosi un giusto mix fra commedia e tragedia e fra dolcezza e cinismo. A farla da padrone è sicuramente un cast di altissimo livello, che dosa sapientemente mostri sacri di Hollywood e attori giovani ed emergenti, tutti perfettamente in parte e portatori di spessore e profondità ai rispettivi personaggi. Grazie a una sceneggiatura che evita cliché e buonismi di sorta, lo spettatore si ritrova a empatizzare con i protagonisti, immedesimandosi nei rapporti che intercorrono fra di loro, fatti di vita vera, con tutte le sue bassezze e imperfezioni. Shirley MacLaine e Jack Nicholson portano su schermo una storia d’amore imperfetta e improbabile fra due persone troppo diverse per stare insieme e troppo attratte l’una dall’altra per rimanere lontane, donando ai propri personaggi una profondità e uno spessore più unici che rari ed elevando così la cifra emotiva del film. L’attrice già protagonista de L’appartamento e Irma la dolce si cimenta inoltre in un indimenticabile rapporto fra madre e figlia, fatto di tante piccole sfumature di voci ed espressioni e basato sul non detto o sussurrato, sull’attrazione e sulla repulsione, sulla possessività e sulla voglia di indipendenza. Jack Nicholson (addirittura quarta scelta per il ruolo dopo Burt Reynolds, James Garner, Harrison Ford e Paul Newman) regala invece l’ennesima prova istrionica e sopra le righe in un ruolo che probabilmente non è troppo distante dalla sua reale personalità, meritandosi il suo secondo Oscar, a cui seguirà un terzo come protagonista di Qualcosa è cambiato, nuovamente per la regia di James L. Brooks. Un plauso inoltre va anche alla coprotagonista Debra Winger (anche lei candidata all’Oscar per la sua interpretazione), che prese parte al film in un momento particolarmente duro per lei, dovuto alla sua contemporanea riabilitazione dalla dipendenza per la cocaina, sfornando una prova coinvolgente e toccante e tenendo testa ad attori più affermati di lei, meritandosi anche i complimenti della stessa Shirley MacLaine, che durante il suo discorso di ritiro dell’Oscar, rivolta alla sua collega più giovane, disse: “Metà di questo è tuo”.
Anche con più di 30 anni sulle sue spalle, Voglia di tenerezza si dimostra un film ancora solido e coinvolgente. Non mancano alcuni lati deboli, come la scarsa attenzione riservata in fase di sceneggiatura a personaggi secondari come quelli di John Lithgow e Danny DeVito, una regia fin troppo classica e senza virtuosismi e una fotografia eccessivamente ovattata e patinata per una storia che non risparmia momenti difficili o tragici. Col senno di poi, la pioggia di Oscar caduta su Voglia di tenerezza risulta eccessiva (fra gli altri contendenti di quell’anno c’erano pellicole come Uomini veri, Il grande freddo e Fanny e Alexander), ma il film è comunque consigliabile e necessario per il formidabile cast, per il suo ritratto fuori dagli schemi dei punti deboli della società e della famiglia americana e per una parte finale che sa mettere a dura prova anche i sentimenti dei più aridi di cuore, sbattendo in faccia allo spettatore tutta la fragilità e l’insensatezza dell’esistenza umana.