Voglio mangiare il tuo pancreas: recensione dell’anime di Shinichiro Ushijima
Un film da vedere con la medesima leggerezza e la delicatezza con cui è stato costruito.
No, nonostante il titolo eccentrico, Voglio mangiare il tuo pancreas non ha nulla a che vedere con il cinema dell’orrore, anzi. È il racconto di una relazione indefinita, situata nel limbo di incertezza che intercorre tra amicizia e amore, tra due adolescenti.
Diretto da Shinichiro Ushijima, Voglio mangiare il tuo pancreas è tratto dal romanzo Kimi no Suizō wo Tabetai che, scritto da Yoru Sumino nel 2014, ha conquistato la critica giapponese, raggiungendo l’apice della notorietà con la vendita di oltre 2,6 milioni di copie e con la successiva vittoria del celebre Japan Bookseller Award nel 2016. Tuttavia, a causa della sua popolarità in Giappone, non è la prima volta che l’opera viene trasposta attraverso il medium cinematografico: nel 2017, infatti, il libro è stato la principale fonte di ispirazione per Let Me Eat Your Pancreas, film in live action che ha incassato oltre 32 milioni di dollari solamente in patria.
Voglio mangiare il tuo pancreas: amore e dolore nell’anime di Shinichiro Ushijima
Aprile, mese dei ciliegi in fiore. Dopo aver ritrovato casualmente il diario dell’allegra e spensierata Sakura Yamauchi, Haruki Shiga – timido e schivo studente del liceo – decide di sfogliarlo, venendo a conoscenza del grave stato di salute in cui la ragazza si trova: soffrendo di una grave malattia al pancreas, la diciassettenne ha i giorni contati. Custode di un segreto di cui sono a conoscenza solamente i genitori della giovane, il ragazzo deciderà di trascorrere con lei gli ultimi momenti della sua vita.
Tra amori ostacolati, relazioni incerte ed episodi drammatici, il lungometraggio di Ushijima si presenta come un racconto di formazione che, sebbene in grado di fare della semplicità il suo punto forte, si muove attraverso spunti consueti, banalità e scelte tradizionali.
La narrazione si sviluppa a partire dall’improvviso incontro dei due personaggi, presentati nel vivo della loro quotidianità, con le loro incertezze e i loro problemi, per poi proseguire con la delineazione del rapporto indefinito che, causato dalla scoperta delle condizioni di Sakura, legherà fin da subito i due giovani. Dopo essere passato attraverso una rapida scomposizione della loro relazione, il film si sofferma sulla prematura morte della ragazza –che, lontana dallo scenario che lo spettatore avrebbe potuto prevedere, risulta totalmente inaspettata –. Dopodiché comincia l’inesistente rielaborazione del lutto da parte di Haruki che, ritratto in modo semplicistico, viene mostrata rapidamente, attraverso la rapida successione di inquadrature che registrano il dolore provato da Haruki. Un errore inammissibile, dato che l’evento ricopre un ruolo di fondamentale importanza all’interno del percorso di crescita del protagonista maschile.
E qui subentra la caratterizzazione dei personaggi, contraddistinta dalla totale mancanza di profondità psicologica. Prive di una propria unicità, le personalità rappresentate nel lungometraggio si mostrano come semplici macchie indistinte, come incarnazione di stereotipi indefiniti, poco credibili e delineati in modo poco approfondito, a partire dai protagonisti: lei, la classica ragazza che popola l’immaginario della pop culture giapponese, bella e vivace, disibita e insofferente ad ogni regola, prepotente e anticonvenzionale; lui, introverso e timido, incapace di socializzare e sempre chiuso in sé stesso, vittima della crudeltà della gente che lo circonda.
Malgrado le interessanti premesse, Voglio mangiare il tuo pancreas gira vacuamente intorno a se stesso. In seguito alla visione, risulta evidente, infatti, che l’impianto narrativo del film manca di equilibrio e coerenza, contraddistinto da un ritmo altalenante: se, grazie alla sua semplicità e alla sua spontaneità, la prima parte del film riusciva a convincere e a coinvolgere il pubblico, nonostante si nutrisse di meri cliché, la seconda metà del lungometraggio risulta essere poco efficace, sfociando nell’esasperazione di stereotipi non necessari e in un’eccessivo e scontato sentimentalismo.
Voglio mangiare il tuo pancreas: un film da vedere con leggerezza
Nonostante la particolarità del titolo, capace di sedurre e interessare fortemente il proprio pubblico, Voglio mangiare il tuo pancreas si rivela essere un film dalle potenzialità sprecate, governato dall’indecisione. Un’indecisione che si traduce nella mancanza di un punto focale, nella mancanza del coraggio necessario ad osare e nella paura di dover sviluppare discorsi complessi, di ordine universale, quali la malattia come fonte di depressione e come stimolo vitale, il significato della morte e la bellezza dell’esistenza.
Ma, quindi, è un film che bisognerebbe vedere? Sì, ma approcciandosi ad esso con la leggerezza e la delicatezza con cui è stato costruito, cifre stilistiche che, da sempre, contraddistinguono l’eccezionale sensibilità degli artisti giapponesi.
Grazie al contributo di Nexo Digital, Voglio mangiare il tuo pancreas di Shinichiro Ushijima sarà proiettato nelle sale cinematografiche italiane il 21, 22 e 23 gennaio 2019.