We Are Art Through the Eyes of Annalaura: recensione del documentario
La recensione del documentario di Annalaura di Luggo sulla creazione dell’installazione multimediale Collòculi > We Are Art, presentato in concorso al Festival Visioni dal Mondo 2023.
Quando l’audiovisivo incontra e si mescola senza soluzione di continuità con l’Arte nascono opere come We Are Art Through the Eyes of Annalaura, il documentario prodotto e diretto da Annalaura di Luggo, che ha avuto la sua prima apparizione pubblica sugli schermi del Festival Visioni dal Mondo, laddove è stato presentato nel Concorso Lungometraggi e New Talent della nona edizione della kermesse milanese.
In We Are Art Through the Eyes of Annalaura l’autrice porta sullo schermo le storie di quattro esistenze che come fenici sono tornate alla vita
La pellicola, esordio alla regia dell’artista, fotografa e pittrice partenopea, che precedentemente aveva avuto esperienze cinematografiche prendendo parte come interprete di Napoli Eden di Bruno Colella e Blind Vision di Nanni Zedda, documenta il percorso a tappe che dalla genesi porta diritti all’esposizione al pubblico dell’installazione artistica interattiva multimediale dal titolo Collòculi > We Are Art da lei stessa pensata e concepita. Questa consiste in un occhio gigante in alluminio riciclato nella cui pupilla prendono forma e sostanza i racconti di quattro esistenze, quelle di altrettanti ragazzi (Youssouf, Larissa, Pino e Noemi) che come fenici sono tornate alla vita dopo avere affrontato difficoltà, discriminazioni e ostacoli di vario tipo. I rispettivi vissuti entrano in interazione con l’esperienza artistica dell’autrice generando a sua volta un colloquio tra le parti, con l’occhio umano che diventa il ponte che rende il tutto possibile, ma anche uno stimolo a guardare il mondo in maniera diversa e ad andare oltre una visione apparente.
Il punto di partenza dell’installazione multimediale e del documentario che ne racconta il processo creativo sono gli occhi dei protagonisti
Il punto di partenza sono proprio i loro occhi nel senso letterale del termine che si fanno per l’occasione veicolo di trasmissione, specchio riflettente e filtro attraverso cui fluiscono emozioni, esperienze e spunti di riflessione su temi dal peso specifico rilevante: dal bullismo alla discriminazione razziale e fisica, passando per la criminalità e la dipendenza. Le storie dei singoli, testimonianze di un passato doloroso messo alle spalle ma che ha lasciato cicatrici, si intrecciano per alimentare un racconto corale e polifonico, che trova il suo compimento nel processo creativo, nella finalizzazione e nell’allestimento dell’opera della di Luggo. We Are Art Through the Eyes of Annalaura è un viaggio a tappe, che segue step by step le varie fasi della lavorazione sino al suo completamento. Fasi in cui l’autrice incontra nella sua Napoli le maestranze e sceglie quelli che saranno i protagonisti, per poi chiudere con il contributo di tutti l’opera nell’opera.
Più che un documentario sembra di assistere a un backstage che ci porta nel dietro le quinte di un processo creativo
Il risultato è di fatto il dietro le quinte e il backstage di questo processo, con l’autrice che racchiude in sé sia la figura della creatrice dell’installazione che della regista del documentario che racconta al contempo la nascita di un’opera d’arte e di un progetto audiovisivo. L’uno interagisce con l’altro, dando così origine a un sistema di vasi comunicanti nel quale fluiscono a getto continuo immagini, suoni, contenuti, storie ed emozioni. Ed è questo flusso che scorre dal primo all’ultimo fotogramma utile la linfa vitale e il punto di forza di un’opera cross-mediale e ibrida, la cui fruizione pone chi dentro e al di là dello schermo in una posizione attiva e partecipativa. Il ché è reso possibile da un sistema sofistica di telecamere “gesture recognition” e dall’utilizzo dei linguaggi della videoarte, del sound design e della realtà immersiva, ma anche della musica grazie al brano della colonna sonora dal titolo We Are Art, scritta da Annalaura e Paky Di Maio.
Dove invece We Are Art Through the Eyes of Annalaura mostra il fianco a possibili critiche è nella discontinuità stilistica che emerge dell’analisi infrastrutturale dell’architettura registica, dietro e alla base della quale non c’è un’idea precisa e lineare, piuttosto un ensemble di situazioni, dinamiche e soluzioni prese singolarmente e montate in successione per dare un senso al tutto.
We Are Art Through the Eyes of Annalaura: valutazione e conclusione
Quello firmato da Annalaura di Luggo più che a un documentario assomiglia e ha le sembianze di un backstage che racconta il dietro le quinte del processo creativo, dalla genesi all’esposizione, di un’installazione artistica interattiva multimediale della stessa regista. L’arte si fonde con le altre arti, usando una commistione di linguaggi per rendere possibile tale incontro. Il risultato si fa portatore sano di storie, esperienze e tematiche dal peso specifico rilevante, che nobilitano e accrescono l’importanze e il significato dell’operazione. Ma è il flusso di emozioni cangianti che accompagna dal primo all’ultimo fotogramma utile il racconto corale il punto di forza di We Are Art Through the Eyes of Annalaura. Un racconto però che lavora per accumulo, per poi trovare un senso e una completezza grazie al montaggio, con quest’ultimo che dona continuità a un progetto che manca di linearità e di un collante stilistico. Il ché lo rende un ensemble di cose catturare e messe insieme. Dietro e alla base, infatti, non sembra esserci un’intenzione, un’idea, ma non un progetto audiovisivo strutturato e stratificato.