We Were Soldiers – Fino all’ultimo uomo: recensione del film con Mel Gibson
We Were Soldiers - Fino all'ultimo uomo è un film del 2002 diretto da Randall Wallace con Mel Gibson, basato sul libro We Were Soldiers Once... And Young.
Parte di una più vasta operazione, nota come Operazione Silver Bayonet, la Battaglia di La Drang, combattutasi dal 14 al 16 ottobre 1965 presso gli Altopiani del Vietnam del Sud, fu la prima vera battaglia campale tra l’esercito americano e le forze del Vietnam del Nord.
Il sanguinosissimo scontro segnò un punto di svolta talmente importante nella recente storia americana, che il libro biografico scritto dal reporter Joseph Galloway e dall’ex colonnello Harold Moore, We Were Soldiers Once… And Young, è ancora oggi uno dei più letti negli USA.
Nel 2002 Randall Wallace (regista di Pearl Harbor, Bravehearth e La Maschera di Ferro) decise di dirigere We Were Soldiers – Fino all’ultimo uomo che, nel pieno del periodo post-11 settembre, ripropose gli Stati Uniti nel ruolo di “gendarmi” del pianeta.
Protagonista è il comandante Harold Moore (un Mel Gibson a dir poco scatenato) che viene chiamato a essere il primo con il suo reparto a misurarsi sul campo con i soldati dell’NVA, l’esercito del Vietnam del Nord. Il protagonista del film non comanda un reparto qualsiasi, ma il 1° battaglione del leggendario 7° reggimento della neo-nata Cavalleria dell’Aria, lo stesso reggimento dell’immortale Generale Custer, distrutto a Little Big Horn dagli indiani. Moore e i suoi uomini fanno parte della ancora sperimentale 1^ divisione di Cavalleria Aeromobile, che piomberà per prima sul nemico a bordo di un nuovo mezzo da guerra: l’elicottero.
Il comandante Moore ce la mette tutta per addestrare gli ufficiali e i soldati ai suoi ordini ma deve fare i conti con superiori incapaci, mezzi non ancora testati e sopratutto fare a meno di un terzo degli uomini, congedati poco prima della partenza.
Ovvio che sia lui che il suo braccio destro, il truce “Gunny” Sergeant Basil Plumley (Sam Elliott non delude mai), si apprestino alla battaglia con un certo pessimismo. Sanno infatti che ad attenderli non c’è un esercito qualunque, ma truppe motivate, veterane di mille battaglie e comandate dall’esperto Colonnello Nguyen Huu An (Don Duong).
L’attacco, teorizzato come breve e vittorioso, si tramuterà naturalmente in uno dei più sanguinosi e celebrati scontri di quegli anni, anticipando per molti aspetti quello che sarà l’andamento di una guerra che sconvolgerà nel profondo questi due paesi.
Un cast stratosferico!
Il cast, oltre a Gibson ed Elliott, comprende Greg Kinnear, Chris Klein (all’epoca ancora non distrutto da alcool e droghe), Madeleine Stowe (lei invece già allora era distrutta dal botulino), Barry Pepper (smettila di fare foto e ricomincia a sparare dal campanile!), Ryan Hurst e Jon Hamm.
We Were Soldiers è un film dotato di una regia robusta, efficace, che sa creare momenti di grande bellezza, ma resta un film dove il realismo, la verità e sopratutto l’equidistanza tra le parti – per un film su un conflitto dove il bene era praticamente assente ma di sicuro non era americano – latitano in modo abbastanza palese.
Di conseguenza il dito va puntato sopratutto verso la sceneggiatura di Wallace, che ha mischiato elementi del libro senza creare un iter narrativo omogeneo, ma anzi aumentando la sensazione di artificiosità dell’operazione. Ciò che disturba sopratutto sono due elementi narrativi non di poco conto.
Il primo è l’aver voluto tramutare il tutto in una vittoria americana, quando invece è noto a tutti che fu un pareggio nel quale entrambi i contendenti decisero di sospendere le operazioni. A dirla tutta solo 24 ore dopo gli americani furono ancora una volta sorpresi ad Albany dalle truppe vietnamite e subirono una sconfitta umiliante.
Il secondo è l’aver concepito un film retorico e “amerikkkano” come pochi, salvo poi coprire il tutto con qualche scena pacifista o romantica che alla fin fine sembra solo una patetica foglia di fico, atta a mascherare i sensi di colpa di un regista che non ha avuto il coraggio di Fuqua con Tears of Sun di essere coerente fino in fondo con il proprio credo.
Mel Gibson in We Were Soldiers è come sempre caricato a mille, ma a quanto pare non basta!
Mel Gibson in We Were Soldiers è come sempre caricato a mille, sopra le righe, pieno di energia ma non basta a salvare un film sovente retorico, bolso, commerciale e perennemente permeato da un’atmosfera falsa, cartonata e troppo hollywoodiana, a causa dell fotografia di Dean Semler, che non riesce a capitalizzare i bellissimi paesaggi degli altopiani di Pleiku e a rendere protagonista alternativa quella natura selvaggia che fece del Vietnam un vero inferno per giapponesi, francesi e infine americani.
Il resto del cast, a parte Elliott e Pepper, non da grande prova di sé tra l’altro….la Stowe appare ormai la caricatura di una ex stella di Las Vegas, l’ombra della stupenda donna ammirata in L’Ultimo dei Mohicani, mentre Klein, Hurst, Hamm, Kinnear e tutti gli altri sono ridotti a macchiette, pupazzi senza vita, condannati da una sceneggiatura povera, stantia e da un film prevedibile, inconcludente, pretenzioso.