Whitney: recensione del film su Whitney Houston
Dalla scomparsa di Whitney Houston alla nascita di una stella. Questo è Whitney: un viaggio a ritroso nella vita e nella carriera di una delle voci più belle del mondo.
Whitney Houston è morta di crepacuore. Le droghe, le fragilità, le pressioni alla quale sottopose la sua anima e la sua voce. Un’esistenza che procedeva di pari passo a una carriera stellare e un disagio sempre più profondo, che toccava le corde delle sue incertezze.
Il regista inglese Nick Broomfield riesce a delineare la figura frastagliata quanto dolce di una delle cantanti più grandi dell’intero panorama musicale attraverso il film documentario Whitney, in uscita al cinema dal 24 al 28 aprile.
Whitney: vita di una creatura meravigliosa che non seppe sconfiggere le proprie paure.
Partendo dalla tenera età, inquadrando la periferia criminale e balorda in cui viveva la giovane Whitney insieme alla sua unita famiglia, il docufilm ripercorre fin dagli arbori la precoce strada che la talentuosa cantante ha attraversato per raggiungere il successo mondiale, sotto le oppressive scelte della madre Cissy Houston e la prematura scoperta di sostanze stupefacenti. Riflettori puntati su una stella splendente incapace di badare totalmente a sé stessa, diventata nel tempo da semplice solista gospel a star indiscussa dell’universo discografico, alle prese con un’amicizia ostacolata da pungenti dicerie e un amore che strappandole il cuore l’ha condotta fino alla soglia del baratro.
Whitney – La semplicità di una voce donata da Dio
Con semplicità, senza artefici, ma riportando testimonianze reali e video di repertorio, Whitney risuona di melodie tragiche come in fondo la vita della cantante è stata, piena di soddisfazioni e riconoscimenti internazionali, ma priva di un porto saldo dove ancorare i propri timori e le proprie debolezze. Iniziando dalla fine mortale, in quella vasca da bagno in cui la donna è stata ritrovata l’11 febbraio 2012, il documentario – anche se a tratti leggermente disarticolato – mantiene nascosto, eppure costantemente presente (come solo i mali silenziosi sanno esserlo) il potere devastante che la droga ha esercitato sul povero corpo e il vulnerabile animo della grandiosa Whitney Houston, vero cancro che nel corso degli anni ha logorato una stella tanto splendente, una vera e propria interprete canora dalle potenzialità divine.
Perché quello che aveva la cantante era un dono, un regalo che Dio le aveva fatto per entrare in contatto con migliaia di persone e commuoverle, emozionarle, farle danzare; apripista necessaria per le future donne di colore che si sarebbero presto affacciate sulla scena pop mondiale.
Whitney – Le insicurezze di una persona che voleva solo essere sé stessa
Anche solo ad ascoltare quelle canzoni intramontabili nel docufilm Whitney, quei successi che tanti record hanno segnato nella storia della musica, tornano i brividi per l’indole indiscutibile della Houston che risuona sul grande schermo, per quella voce incredibile prematuramente affievolitasi a causa dei dispiaceri che il destino le ha malamente riservato.
Dalle malefiche chiacchiere sul suo rapporto con l’amica d’infanzia Robyn Crawford, le pressioni lavorative della manager e madre Cissy, ma soprattutto la discussa, complicata e malsana relazione che instaurò con Bobby Brown a cavallo degli anni Novanta. Una relazione portata avanti per troppo tempo, un infausto incontro che rese ancora più tortuosa l’irrimediabile discesa verso l’oscuro vicolo cieco della tossicodipendenza.
Whitney è il quadro per nulla roseo di un’artista che visse nel dubbio incessante per tutto il tempo concessole sulla Terra, una voce forte che per nulla rispecchiava le infinite insicurezze di una persona che non fu in grado di comprendere la propria grandezza, ma continuò nel corso della sua carriera a cercare di trovare e mostrare semplicemente sé stessa. Un documentario tragico che lascia un ricordo triste dell’indimenticabile icona Whitney Houston, colei che fu insieme la sua migliore e la sua peggiore nemica.