Women Talking: Il diritto di scegliere – recensione film di Sarah Polley

Sarah Polley torna araccontare le donne con Woman TAlking - Il diritto di scegliere, al cinema dall’8 marzo 2023 con Eagle Pictures.

Dopo i precedenti tre film, che in modo differente hanno raccontato la figura femminile nella società moderna e ancor più specificatamente la donna come vera e propria figura in mutamento, capace di mettere in crisi e incrinare radicalmente equilibri matrimoniali e sociali all’apparenza immutabili e retti da un’unione illusoria ma pur sempre soggetta a improvvisi cambiamenti, Sarah Polley con Women Talking torna a raccontare le donne, quelle figure cosi apparentemente fragili, eppure combattive e indistruttibili che ancora una volta si ritrovano dinanzi ad una scelta, tanto rispetto alla gestione del loro matrimonio, quanto del loro inserimento e ruolo nel contesto sociale in cui si trovano.

WT_00885_RC4 Rooney Mara stars as Ona in director Sarah Polley’s film WOMEN TALKING An Orion Pictures Release Photo credit: Michael Gibson © 2022 Orion Releasing LLC. All Rights Reserved.

Women Talking, ancor più delle precedenti prove registiche della Polley ha però il grande merito d’affrontare il racconto femminile, in questo caso d’indubbia tragicità e dramma, facendo in modo che la sua narrazione filmica non si rivolga soltanto a quel pubblico di riferimento, ma anche e soprattutto a quello maschile, che è in qualche modo la presenza evocata, seppur astratta e fantasmatica su cui riflette e poggia l’intero film.

Sarah Polley – La regista che ama le donne

Women Talking - Cinematographe.it

Infatti, se le donne sono sempre al centro o ai margini dell’inquadratura, gli uomini vengono appena nominati e soltanto in un caso mostrati in un totale crepuscolare e sottilmente minaccioso che nulla mette in luce, gettando piuttosto quella presenza maschile ancor più nell’ombra e nella cupezza di una colpa che è fin dal primo momento denunciata, seppur in qualche modo tollerata e destinata perciò a ripetersi ancora, nonostante la vergogna e la crudeltà di quella violenza che queste giovani e anziane donne non possono far altro che subire, osservandone gli effetti di corpo in corpo, di volto in volto, di animo in animo, decidendo infine di ribellarsi attraverso il dialogo e il peso della scelta.

Laddove una simile condizione vissuta ed elaborata da una collettività maschile avrebbe condotto facilmente e pressoché rapidamente alla svolta di ribellione  attraverso l’uso della forza muscolare, della violenza e della fisicità – dunque tre di quegli elementi che più di molti altri sembrerebbero contraddistinguere almeno apparentemente l’uomo dalla donna tanto nel cinema, quanto nella realtà – qui avviene invece attraverso la forza dell’intelletto, della riflessione, dell’ascolto, del dialogo condiviso e più in generale della parola.

Sulla forma stilistica di Women Talking – Autorialità minimalista

Women Talking infatti facendosi quasi immediatamente cinema da camera nel suo impianto strutturale e filmico estremamente minimalista e concentrato in pochissimi ambienti, sembra ragionare molto più sull’incisività del dialogo, curatissimo, pungente, crudo e di un realismo candido che diviene per questo ancor più destabilizzante e tragico, rispetto alla potenza e forza simbolica dell’immagine – e dell’inquadratura – che non è comunque in nessun caso banale o scarsamente dialogante rispetto agli altri elementi di scena, seppur secondaria.

Perciò questo non soltanto è il film più di parola e dialogo della carriera registica di Sarah Polley, ma anche quello più femminile, inteso nella sua concezione più profonda e radicale, in cui la donna non è soltanto spalla e compagna dell’uomo all’interno dell’inquadratura e della narrazione, piuttosto ne è l’unica, indistruttibile e indiscutibile protagonista, colei che mette all’angolo l’uomo, osservando finalmente le sue azioni, per poi giudicarle – e forse condannarle – scegliendo una volta per tutte se valga la pena oppure no convivere con esso, in una nuova, ordinata e pacifica idea di società.

Women Talking - Cinematographe.it

Sarah Polley in questo caso non resta a distanza e la posizione autoriale è estremamente presente, decisa e motivata in qualsiasi circostanza, proprio perché è bene ricordarlo, seppur Women Talking appaia come una sorta di atipico dramma dispotico o in qualche modo storico (seppur privato della sua necessaria e fondamentale componente informativa spazio-temporale), altro non è che una libera trasposizione e resa cinematografica di agghiaccianti fatti realmente accaduti tra il 2010 e il 2011 alla popolazione femminile di una comunità mennonita Boliviana. Perciò nessuna distopia, piuttosto un testo filmico d’impegno sociale il cui obiettivo principale è mostrare effetti e conseguenze di atroci brutalità, ai più sconosciute poiché legate ad una realtà talmente isolata e remota da risultare fittizia e fantasiosa, anche se incredibilmente prossima a tutti noi.

In Women Talking le donne dialogano, osservano, piangono, restano in silenzio, si logorano vicendevolmente, ridono ed in definitiva scelgono, consapevoli che soltanto attraverso la scelta condivisa e ragionata ogni situazione o svolta sarà soggetta a cambiamento. Sarah Polley, da regista che ha sempre amato e che ama visibilmente le donne nella narrazione filmica di Women Talking è abilissima nel non creare mai distanza tra la macchina da presa e le sue otto interpreti, restando vicinissima ai loro corpi e volti, mostrando senza alcuna riserva le loro cicatrici, il loro sangue e il peso della vergogna che tutte e otto conservano e celano nel profondo, pur non sviscerando mai a fondo la tematica.

Tornando dunque al minimalismo estetico e stilistico del film si ha come la sensazione che fosse inevitabile, rispetto alla volontà della Polley di elevare soltanto le sue interpreti nella loro espressività e forza di dialogo, sacrificando perciò lo sfondo, e il contesto spazio-temporale in cui tutto accade, limitandosi ad un logoro ma ampio fienile – che diviene presto aula di tribunale – e pochissimi altri campi e scorci rurali.

Women Talking - Cinematographe.it

Women Talking eleva la donna e nel farlo ne mostra le caratteristiche che meno siamo soliti osservare nel cinema sempre più machista degli ultimi anni, ossia l’arguta perseveranza e la ferrea capacità di sopravvivere al dolore, non tanto quello fisico, piuttosto quello psicologico. Infatti queste otto donne ritrovandosi di fronte alla costrizione muta e mai denunciata di stupri notturni in uno stato di sedazione e totale inconsapevolezza dell’atto, subiscono poi una violenza ancora maggiore nel momento in cui la luce del giorno ne illumina effetti e conseguenze, conducendole ben presto all’interno di una dolorosissima spirale fatta di traumi, malattie e attacchi di panico legati al ricordo fumoso di quegli attimi, fugaci sì, ma inevitabilmente presenti, a tal punto da spingere una o più di loro al pensiero del suicidio.

La vessazione fisica è niente rispetto a quella psicologica, su questo riflette Women Talking e sullo stato di totale subordinazione e schiavismo in cui le donne delle comunità Mennonite si ritrovano tutt’oggi, private nella maggior parte dei casi di quel grado minimo di preparazione e difesa che se presente sarebbe in grado di condurle immediatamente al rifiuto di quelle violenze e al grido di libertà. Il grido che le otto donne del film di Sarah Polley fanno loro, dialogando ferocemente e al tempo stesso dolcemente tra loro, pur di giungere ad una conclusione e scelta condivisa, ossia la risposta e la ricerca della fine del dolore, dando inizio ad una nuova vita e speranza.

Sul cast stellare di Women Talking e i suoi riferimenti cinematografico/letterari – Da Lumet a Haneke, fino ad Abrahamson e Margaret Atwood

Chiaramente ciò che immediatamente attrae di Women Talking è la ricchezza del cast che vede alternarsi e coesistere sullo schermo interpreti stellari e ormai affermatissime del calibro di Sheila McCarthy, Frances McDormand, Rooney Mara e Claire Foy, insieme a nuovi talenti, che in nessun caso sfigurano, risultando anzi sullo stesso piano di queste ultime rispetto a coinvolgimento emotivo, tensione e gestione della scena, come Kate Hallett, Emily Mitchell, Kira Guloien e Liv McNeil. Il quarto film di Sarah Polley inevitabilmente poggia su pochissime basi, prima delle quali è la forza simbolica del cast che regge sulle proprie spalle il dinamismo e la narrazione dell’intero film, e seconda, l’ambientazione, ossia il fienile che è chiaramente uno scenario teatrale, capace di assumere sempre più forme e significati via via che il dialogo procede, crescendo di tono e drammaturgia, fino al finale catartico e malinconico.

Se infatti il fienile/tribunale di Women Talking con le sue otto donne blindate e sedute all’interno impegnate in una discussione d’ordine sociale – e politico – sembra rifarsi o rimandare a qualcosa che ci sembra di ricordare di tanto in tanto, è proprio al capolavoro di Sidney Lumet del 1957, La parola ai giurati, nel quale dodici giurati si riuniscono in un’aula per decidere della sorte di un accusato d’omicidio. Undici lo ritengono colpevole ed uno soltanto lo considera innocente. Per salvarlo dalla condanna a morte però si rivela necessario il raggiungimento dell’unanimità. Lo stesso procedimento narrativo appartiene a Women Talking, anche se non vi è omicidio, piuttosto un crimine collettivo – lo stupro -, così come non vi è un solo accusato, ma una molteplicità – tutti o quasi gli uomini della comunità – e la decisione riguarda non una condanna a morte – o forse sì, nel caso delle donne in quanto vittime? – una scelta d’ordine differente: restare o andare via?

Women Talking - Cinematographe.it

Sarah Polley rifacendosi a Lumet, ricorre poi anche al minimalismo rurale, drammatico, profondamente crudo e allo stesso tempo candido dell’Haneke de Il nastro bianco (2009), una delle riflessioni probabilmente più scarne, sadiche e per questo incisive sul rapporto tra violenza e ordine ed equilibrio sociale e familiare, pur scegliendo di relegare le brutalità nel fuoricampo, suggerendole soltanto, laddove invece Haneke avrebbe scelto senz’altro di presentarle senza filtro alcuno dinanzi alla vista e all’udito dello spettatore, traumatizzandolo ed inorridendolo, seppur mai gratuitamente, bensì con uno scopo sempre estremamente chiaro che è proprio della cinematografia di Haneke: la negazione della violenza, attraverso la sua stessa resa esplicita ed esplosiva, perciò estremizzata, provocatoria e farsesca.

Women Talking è un film tanto importante, quanto tematicamente e stilisticamente curioso, ricercato ed impegnato, che mosso da un’istanza politica e sociale di femminilità e grido di libertà e fine del patriarcato, richiama senza nasconderlo l’universo letterario e seriale del Racconto dell’ancella di Margaret Atwood, rifacendosi a quella forma linguistica di distopia profondamente calata nella realtà che tutt’oggi viviamo e osserviamo.

I rimandi di Women Talking inevitabilmente sono vari e non è affatto distante la sensazione di ritrovarsi per esempio di fronte ad un mix bizzarro tra l’acclamatissimo Room di Lenny Abrahamson e il cult di M. Night Shyamalan per troppo dimenticato, ma destinato sempre più a tornare in auge quale è The Village. Il quarto film di Sarah Polley è importante, provocatorio, logorante ed essenziale. Tutto ciò che un testo filmico di denuncia sociale dovrebbe essere e Women Talking risponde a ciascun requisito rivelandosi capace di turbare, commuovere, far riflettere, raramente divertire, e in definitiva impietrire lo spettatore, imprimendosi profondamente nella sua memoria e in quella collettiva.

Il film è al cinema dall’8 marzo 2023, distribuzione a cura di Eagle Pictures.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4