Wonder Park: recensione del film d’animazione
Wonder Park è al cinema dall'11 aprile con 20th Century Fox: un film d'animazione che affronta il superamento del dolore con la gioia e la spensieratezza.
La vita è un luna park. Ci sono salite sconvolgenti da percorrere tutte d’un fiato, discese da capogiro e ruote della morte che possono essere affrontate solo dai cuori più coraggiosi. Ma per rendere speciale la propria esistenza, così come lo è una giornata passata tra macchinari rotanti e scivoli fatti di cannucce, conta saper mantenere sempre attiva la propria fantasia. È quello che dovrà apprendere la piccola June insieme a ogni visitatore del meravigliosamente meraviglioso Wonderland, nel nuovo film animato diretto da Dylan Brown: Wonder Park.
Wonder Park, da un soggetto degli sceneggiatori Josh Appelbaum e André Nemec assieme a Robert Gordon, catapulta il pubblico in un altrove dove è il potere dell’immaginazione a dominare l’impensabile. Un universo in cui è possibile affrontare le ombre che possono opprimere l’esistenza senza dover cedere al panico, trovando la forza di affrontarlo attraverso le proprie doti.
Wonder Park – Le idee splendidose della protagonista June
È June stessa, la nostra protagonista, ad aver dato forma a Wonderland. Il tutto con l’aiuto della sua mamma, co-architetto del parco giochi più ingegnoso – e in miniatura – del mondo e costretta, a causa di una malattia, a doverlo affidare totalmente nelle mani della bambina. E, nel periodo che la donna dovrà trascorrere lontana da casa, per June sarà sempre più difficile continuare a intrattenersi con le invenzioni più bizzarre ed elaborate, fino a quando, ritrovatasi realmente in un Wonderland malmesso e soggiogato da peluche di scimmiette zombie, non farà tutto il necessario per riportarlo alla normalità.
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Avere delle idee splendidose: è questo a rendere unica June e ciò che il film di Dylan Brown mette in mostra. Ed è proprio dalla mente della giovane protagonista che l’animazione va prendendo forma, creando un luogo di spasso in cui desiderare di trascorrere il proprio tempo e talmente abbondante d’immaginazione da diventare il posto in cui tutti hanno il piacere di perdersi. Così colorato, così abbondante, così pieno di personaggi eccezionali eppure destinato a spegnersi disastrosamente con il sopraggiungere del dolore, nuvola minacciosa per qualsiasi estro di creatività.
Wonder Park espande l’universo solo pensato dalla bambina per renderlo specchio di una storia che non tralascia la sua parte giocosa, ma le affianca con efficacia l’elaborazione dell’inquietudine che, unita all’intrepidezza dell’infanzia, diventa rappresentazione dell’interiorità della protagonista. Il parco giochi si fa analogia con cui riflettere sullo stato d’animo turbato della piccola June, usata per intraprendere un discorso sui periodi bui e sottolineandone la maniera più valida per venirne fuori. Una massima racchiusa nell’esortazione – e, soprattutto, nell’affetto – della madre della bambina, il lasciare sempre accesa quella lucina che è dentro di noi.
Wonder Park – Saper mantenere viva la luce
In un racconto che mescola il presentarsi della paura e la fantasticheria con cui potersene tirare fuori, Wonder Park bilancia le dosi di allegria e malinconia che vanno contemporaneamente a comporlo, esaltando quel fermento che rende June la ragazzina più inventiva del suo quartiere e che la trasporterà proprio nella realtà da lei ideata. Affrontare il timore con il più classico degli espedienti – la favola -, arricchendolo con la frenesia che un parco divertimenti merita e che rende il film un agglomerato di sali e scendi, lancia, vola e ripeti.
Con tante sequenze mirabolanti, il film restituisce l’ambiente di Wonderland e l’energia che bisogna sempre saper mantenere, riproposta nell’opera animata in ogni sua scena più rocambolesca. Paura di perdere e paura di perdersi, ma imparare anche a mantenere sempre viva la nostra luce.
Wonder Park, prodotto da Paramount Animation, Nickelodeon Movies e Ilion Animation Studios, sarà in sala dall’11 aprile distribuito da 20th Century Fox.