Wonder: recensione del film di Stephen Chbosky

La storia di August, il protagonista di Wonder, propone un'intensa parabola sulla gentilezza e sull'importanza dello sguardo con cui osservare il mondo

Una tendenza molto radicata porta spesso a ritenere che solo le cose tristi possano essere serie; questo non è affatto vero, ovviamente, mentre, al contrario, talvolta un messaggio arriva più profondamente con una risata o un gesto di tenerezza piuttosto che con una lacrima di dolore. Su questa idea hanno fondato il proprio successo, ad esempio, I Simpson negli anni d’oro della loro storia, quando con una battuta irriverente mettevano in discussione ogni singolo aspetto dell’America degli anni Novanta, ed è il miracolo che è riuscita a realizzare R. J. Palacio scrivendo il suo primo romanzo, Wonder. Pubblicato nel 2013, il libro raccontava la storia di un bambino affetto da una serie di deformità facciali che lottava per integrarsi nella sua scuola, un soggetto potenzialmente molto drammatico sviluppato però con un’estrema ironia che alleggeriva la tensione della vicenda senza banalizzarla o mancare di rispetto ai protagonisti coinvolti.

Quest’anno, il miracolo avviene per la seconda volta con l’uscita del film tratto dal romanzo, un’opera che riprende i punti di forza del libro e ne colma alcune lacune dando vita a una storia toccante e divertente allo stesso tempo, perfettamente in equilibrio tra il dramma e la commedia, il racconto di formazione e la denuncia sociale, il melodramma e la farsa. Tanti generi diversissimi tra loro che, combinati insieme, dimostrano tutto il loro potenziale per realizzare quello che, come afferma Isabel Pullman (Julia Roberts, Mother’s Day, Money Monster – L’Altra Faccia del Denaro) alla fine del film, è un prodigio.

Wonder – L’amor che move il Sole e l’altre stelle.

Nel suo adattamento, il regista Stephen Chboski (Noi Siamo Infinito), anche co-autore della sceneggiatura, recupera una felicissima metafora presente nel libro di Palacio: Auggie (Jacob Tremblay, Room, Il Libro di Henry) è il Sole, mentre la sua famiglia sono i pianeti che gli ruotano costantemente intorno, organizzando le proprie vite secondo i bisogni del bambino. Portando però all’estremo questa immagine si potrebbe dire che l’intero film ruota intorno al personaggio di August, unico filo conduttore che dà coesione a un’opera altrimenti frammentaria e apparentemente dispersiva. Ogni personaggio di Wonder ha la sua storia, il suo mondo e una prospettiva da cui osserva lo svolgersi della vicenda, e i diversi punti di vista si susseguono continuamente ripercorrendo più volte sentieri già visitati scoprendone sempre aspetti diversi e verità nuove.

Wonder recensione cinematographe

Via (Izabela Vidovic) saluta August (Jacob Tremblay) in una scena del film

È proprio questa soggettività dello sguardo e dell’interpretazione a essere al centro del film grazie a una sceneggiatura che smonta e ricompone continuamente la storia e si interessa più dei rapporti che lega i personaggi tra di loro piuttosto che dei loro singoli mondi personali. Profondamente character-driven, Wonder rimette costantemente in discussione i suoi protagonisti adottando i loro punti di vista, e nel fare questo rilegge loro e la storia così da approfondire i primi articolando e ampliando la seconda. Una serie di universi che in costante espansione, in attesa che un esploratore casuale permetta loro di incontrarsi e sovrapporsi, raggiungendo infine una sintesi che, lungi dal raggiungere una deleteria oggettività, riesce a fornire il quadro più preciso e approfondito possibile.

Soprattutto, la sceneggiatura è strutturata in modo tale da trovare sempre qualcosa di positivo in tutti i personaggi coinvolti, secondo l’ideale per cui, nel profondo, l’essere umano sarebbe intrinsecamente buono. Questo assunto potenzialmente buonista viene sviluppato per tutta la durata del film in modo da perdere ogni connotazione ottusamente ottimista ma diventando, al contrario, la logica conseguenza del percorso mostrato. Come sottolineato dal professor Browne (Daveed Diggs, Unbreakable Kimmy Schmidt), ognuno dei protagonisti di Wonder si trova ad un certo punto di fronte al bivio tra l’essere gentili e l’essere incuranti di ciò che succede intorno a loro, e quasi tutti scelgono alla fine di essere gentili in momenti diversi del film, seguendo il loro personale percorso di crescita e maturazione. Il punto, infatti, non è tanto quello di comportarsi cortesemente con le altre persone, quanto scegliere volontariamente di farlo che rende la gentilezza un gesto capace di cambiare, nel suo piccolo, il mondo. Di nuovo la sceneggiatura interviene a evitare il rischio che il film prenda una piega eccessivamente melensa raccontando l’amicizia tra August e gli altri bambini, primo tra tutti Jack Will (Noah Jupe, Suburbicon, L’Uomo dal Cuore di Ferro), in modo divertente e divertito, abbandonando qualsiasi intento pedagogico o morale per mostrare effettivamente solo quello che sta avvenendo: due bambini che giocano senza sentirsi limitati dai rispettivi difetti, o presunti tali. Una fotografia perfetta del messaggio del film.

Wonder recensione cinematographe

Isabel Pullman (Julia Roberts) e Nate Pullman (Owen Wilson) in una scena del film

Wonder – Una fonte di ispirazione per osservare il mondo con occhi diversi

Già autore di Noi Siamo Infinito, un altro film che tratta di adolescenze problematiche, crescita e dolorosi traumi, Steven Chboski si conferma una voce autorevole e capace nella narrazione di quel delicato e pericoloso momento della vita chiamato adolescenza, in cui inizia a prendere forma la persona che il bambino si prepara a diventare. Come nella sceneggiatura, anche nella regia Chboski si avvicina ai suoi personaggi con moltissimo affetto, raccontando la loro storia con onestà e meraviglia evitando di manipolare le emozioni del pubblico, lasciato a empatizzare naturalmente con Auggie e la sua famiglia.

Per ottenere questo risultato il cast è fondamentale, e Wonder vanta una galleria di volti eccellente, a partire dai giovani protagonisti. Jacob Tremblay si conferma ancora una volta uno dei giovani volti più promettenti del cinema Hollywoodiano, recitando questa volta sotto un pesante trucco che lascia intatti solo i suoi occhi, magnetici ed espressivi. Izabela Vidovic (Homefront, The Fosters) dà volto a Via, un personaggio superbo e straordinariamente articolato che ha accettato di ricoprire un ruolo di secondo piano all’interno della famiglia pur soffrendone moltissimo; personaggio forte ma fragile, Via ha probabilmente offerto la sfida maggiore tra tutti i personaggi del film, e Izabela si è dimostrata più che all’altezza della situazione. Noah Jupe e Bryce Gheisar (Qua La Zampa!, The 15:17 to Paris) completano il giovane cast principale nei panni di Jack Will e Julian, due personaggi rischiosamente vicini a diventare stereotipi ma immediatamente salvati dalla scrittura e dalle interpretazioni dei due bambini, che vantano già ottimi curriculum.

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August (Jacob Tremblay) in una scena del film

Julia Roberts e Owen Wilson (Lost in London, Masterminds – I Geni della Truffa) non necessitano presentazioni, ma meritano comunque una lode per l’ottimo lavoro svolto nei ruoli dei genitori di Auggie, Isabel e Nate, una coppia perfettamente complementare e affiatata. Anche i genitori possiedono il loro piccolo arco evolutivo, soprattutto Isabel, che permettendo finalmente ad August di allontanarsi da lei può concedersi di riprendere la sua vita dove l’aveva interrotta alla nascita del figlio. Se un appunto può essere fatto, questo è da rivolgere ai discutibili costumi in cui è stata costretta Julia Roberts, che hanno fatto di lei una donna dall’aspetto sciatto e trasandato, non necessario e irrispettoso nei confronti del suo personaggio, altrimenti ricco di passione e affetto.

Maniacalmente attento ai dettagli e discreto nell’inserimento di interessanti sottotesti, che scaturiscono dall’arredamento delle location e dai diversi stili di fotografia impiegati nella narrazione, Wonder è un film pieno di coraggio e ottimismo, una storia potenzialmente in grado di funzionare come fonte di ispirazione per la generazione che sta formandosi in questi anni e che potrebbe trovare tra le sue immagini qualche ottimo spunto per forgiare la propria personalità nel migliore dei modi.

Regia - 4
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 3
Recitazione - 5
Sonoro - 3
Emozione - 5

4.2