X&Y – Nella mente di Anna: recensione del film di Anna Odell
Con X&Y – Nella mente di Anna, la regista e visual artist svedese Anna Odell attraverso la finzione della messinscena scardina dinamiche tra i sessi e convenzioni sociali legate all’identità di genere, per un film-pièce teatrale dalla volontà esplorativa e provocatoria. Dal 24 giugno al cinema.
Alla “mente di Anna (Odell)” come suggerisce il titolo del suo ultimo film, la stessa regista e visual artist svedese aveva già abbondantemente aperto le sue porte con i precedenti lavori. Il primo nel gennaio del 2009, quando, con il suo saggio di diploma Unknown, Woman 2009-349701, l’allora studentessa del Royal Institute of Art di Stoccolma aveva pianificato un’audace performance in uno spazio pubblico, nella quale metteva in scena un finto attacco psicotico sul ponte di Liljeholmsbron – poi finito con il reale internamento in un istituto psichiatrico da parte della polizia locale con annessa somministrazione di farmaci. Una denuncia sociale sulle orme di Marina Abramović altamente provocatoria per aver travalicato i confini dell’arte, secondo la critica; mentre, secondo altri più pragmatici, offensivo per il falso allarme provocato, la resistenza violenta all’arresto e per aver fatto perdere preziose risorse ospedaliere altrimenti riservate a veri pazienti psichiatrici.
Anna Odell torna a provocare tra autobiografia e simulazione dopo il successo di The Reunion
Quattro anni dopo il suo essai di denuncia al sistema sanitario del paese, la Odell torna a suscitare l’attenzione degli addetti ai lavori con The Reunion, primo lungometraggio di semi-finzione in cui ricostruiva la riunione di classe tra gli ex compagni di scuola dopo venti anni di distanza, esplorando nel pretesto festaiolo le tensioni tra la vittima, i bulli e gli osservatori. Nel ricordo di un periodo doloroso nel quale lei stessa veniva evitata tra i banchi di scuola, la regista svedese sulla scia della sua opera-saggio, procedeva a sfruttare il mezzo cinematografico per smantellare i confini tra realtà e finzione, tra autobiografia e sceneggiatura, provocando lo spettatore su tematiche quali le gerarchie, le convenzioni sociali, l’identità, i disturbi mentali, i giochi di potere.
X&Y – Nella mente di Anna: otto interpreti e due personaggi
Per mirabile coerenza artistica e visione autoriale, con X&Y – Nella mente di Anna, la cineasta continua ad indagare gli stessi temi, stavolta però concedendosi un tono più scherzoso mettendosi in gioco attraverso le opinioni degli altri su di lei. Con il potenziale autoironico della messa in discussione l’operazione del film (nelle sale italiane a partire dal 24 giugno) è quella dell’esperimento sociale sullo scontro delle dinamiche di genere nella società contemporanea, all’interno di un set appositamente costruito in un teatro di posa, nel quale la Odell e l’attore svedese Mikael Persbrandt invitano sei altri grandi attori scandinavi a vivere con loro, e a comportarsi come il loro alter ego.
Nel film (e per il film) allora Jens Albinus, Sofie Gråbøl e Vera Vitali vengono scritturati, per alcune settimane e senza mai uscire dal personaggio, per interpretare alcune “parti” che danno forma all’identità della regista, (sull’archetipo della “Femmina pazza”) come quella creativa, distruttiva, estroversa o provocatoria e altrettanto quelle di Mikael (denominato “Maschio Alfa”) che passano per gli interpreti Thure Lindhardt, Shanti Roney e Trine Dyrholm. Un lavoro esplorativo sul concetto di identità di genere e di rapporto sociale fra i sessi, dove si cerca di riflettere a mezzo finzione-scenico-teatrale le differenze tra uomo e donna, passando prima per quelle anatomico-strutturale e poi per quelle di “manifestazione” smascherando con il linguaggio attoriale l’ipocrisia della società sul maschile e sul femminile sotto la dinamica sessuale, evitando accuratamente la predica.
La regista si mette in gioco con un lavoro esplorativo, destrutturato e anticonvenzionale, ibridando cinema, teatro e performance visuale
Sfruttando i format dei reality nei suoi aspetti emo-pornografici, cioè di persone e andamenti psicologici innescati su trame rozze e cast ristretto allo scopo ultimo di condizionare artificialmente le emozioni, X&Y – Nella mente di Anna mette in piedi un laboratorio ideale per la ricerca dell’identità, esplorando i modi in cui l’essere umano si relaziona con gli altri, richiamando pertanto all’attualità attraverso la riflessione sulle percezioni e i condizionamenti delle donne al pari dei leader maschili.
Con il potenziale della messinscena allora, tra ispirazioni alla Dogman di Lars von Trier e il film arthouse Pelle polis dell’artista svedese Pål Hollender, Anna Odell si mette in gioco con un lavoro esplorativo, destrutturato e anticonvenzionale, ibridando cinema, teatro e performance visuale per una pellicola/pièce di non facile lettura spesso verboso, in cui le interviste, i dialoghi e i provini attoriali si mescolano e diventano un’unica conversazione paradossale. Tutto è vero e tutto è finzione, sono attori e sono alter-ego, ma sono anche entità e identità all’interno dello spazio chiuso della camera da letto, in cui il sesso gestisce e sovverte le dinamiche e i corpi non sono più proprietà.
X&Y – Nella mente di Anna travalica, (scardinandoli), i confini tra attore e interprete, uomo e donna, realtà e finzione
Partendo da premesse identitarie, il film tuttavia conduce ad una sorta di trattato artistico sul mestiere dell’attore, sul processo d’immedesimazione, sui confini tra persona e personaggio; come se il performer non avesse più possibilità di uscita dal suo stesso eroe, costantemente messo alla prova dall’improvvisazione e condizionato banalmente dal copione. È proprio su questa fessura che X&Y – Nella mente di Anna è da considerarsi radicale e arguto, un’opera ironica, intelligente e per certi versi sovversiva, in cui l’artista ‘senza confini’ storce la forma cinematografica per indagare a fondo, scardinandole, le modalità con le quali mette in scena la realtà filtrata dall’inganno della finzione.
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