FEFF 2021 – You’re not normal, either! : recensione del film di Kôji Maeda
Di docenza e patti romantici, You’re not normal, either! si pone l’obiettivo di riflettere sul concetto di normalità nella società omologata del duemila. Dal Giappone, al Far East Fest 2021.
La normalità è un concetto complicato, ma il pericolo maggiore è quello di mutarsi in banalità. Volere a tutti i costi aderire ai codici dell’ordinario (qualunque esso sia) porta con sé il fardello di una possibile omologazione massificata, così le peculiarità soggettive rischiano la vanificazione nel loro stesso livellarsi. Insidia non dribblata nemmeno dal giapponese Kôji Maeda che, con il suo penultimo lungometraggio You’re not normal, either!, presentato in concorso al Far East Fest 2021, propone la sua personale versione di rom-com sui generis, plasmando ah hoc il suo racconto verso mal pesate riflessioni sul concetto di normalità, di singolarità lunatiche e di stravaganze umane sublimate in un mondo di costretta conformità.
You’re not normal, either! e i suoi protagonisti fuori-norma
La storia si ammucchia in una sorta di patto romantico-didattico: l’introverso maestro di matematica Yasuomi Ohno (Ryô Narita), chiede alla studentessa del dopo scuola Kasumi (Kaya Kiyohara), di aiutarlo ad essere “normale” per rendere meno impacciato il suo rapporto con l’altro sesso. In cambio lei escogita il piano di farlo innamorare della possibile fidanzata dell’uomo dei suoi sogni, un visionario dal piglio montessoriano più grande d’età, intendo ad unire le recenti possibilità tecnologiche con un tipo di educazione infantile tutt’altro che proibitiva.
Un patto curioso ma mirato alla reciproca soddisfazione quanto i suoi alleati, due controparti che inevitabilmente si assomigliano e si appartengono esattamente nel loro essere “a-normali”, e che il regista, adagiandosi nei compromessi drammaturgici delle commedie romantiche, pare sottintenderlo sin dall’inizio. Lui è il prototipo del fantozziano incapace di divertirsi, privo di senso dell’umorismo, incline all’idiosincrasia col mondo che lo circonda, quasi come se ci si fosse caduto sopra per puro caso; mentre lei, solitaria e naif, sogna di diventare una maestra e di conquistare il cuore del signor. Miyamoto (Kôtarô Koizumi), eppure è solo con l’altro che si sente capita davvero.
Commedia cerebrale e dialoghi congelati
You’re not normal, either! dunque, manipola e gestisce la caratterizzazione stramba di due personaggi per creare situazioni simil-comiche e sottilmente poetiche, non riuscendo quasi mai a rompere quell’aura cerebrale e autocontrollata che la permea tutta. La pellicola di Maeda infatti, pare imbalsamata in un tipo di romanticheria che piuttosto di avvicinare lo spettatore, continua sempre a respingerlo, schematizzando la relazione in divenire tra i due protagonisti attraverso dialoghi anaffettivi e marmorei.
Quella normalità dalla quale tentano di sfuggire Yasumi e Kasumi, fa da inciampo al film e dunque all’operazione tutta, compassata in un ritmo talmente inerte da congelare persino quell’evocazione immaginifica e quasi onirica che il suo regista tiene tanto a inserire attraverso la cura dei suoni e il loro potenziale simbolico.
Con You’re not normal, either! il regista mette alla prova due stravaganze con l’allineamento (impossibile) della nostra società
“Essere normali nella civiltà di oggi, ti toglie il fiato” dice ad un certo punto il protagonista. Ecco allora che nel film di Kôji Maeda l’intento di proporre una risposta/riflessione cinematografica sul modus vivendi della società dei consumi, dell’omologazione forzata, (pena l’esclusione derisoria e confinante dalla stessa), si racchiude in frasi normali, banali (?) come questa, ma non basta davvero all’onorevole messaggio del suo autore. You’re not normal, either! cade vittima del suo stesso incantesimo, ovvero di non voler banalizzare la propria peculiarità per non perdere il potenziale pregevole delle diversità, ma mancando di tensione e di fatto azione, la normalità fa presto a diventare sbadiglio.