Zombieland: Doppio Colpo – recensione del film
Attingendo al giusto citazionismo e sbeffeggiando il genere d'appartenenza, Zombieland: Doppio colpo risulta un film riuscito. Un quadro dell'America in rovina e del perenne mutamento.
Sono passati 10 anni da quando Ruben Fleischer colse un enorme successo con il suo Zombieland, commedia zombie post-apocalittica in cui si faceva beffe dei cliché del genere così come di alcuni punti cardine della società americana, sia quella conservatrice che quella liberale.
All’epoca fu un trionfo di pubblico e critica e ora, in questo 2019, ecco che torna alla carica con il sequel: Zombieland: Doppio Colpo, sceneggiato da Rhett Reese, Paul Wernick e David Callaham e dove ritroviamo gran parte del vecchio cast: Woody Harrelson, Jesse Eisenberg, Abigail Breslin ed Emma Stone. A questi, si aggiungono ora anche Rosario Dawson, Zoey Deutch e Luke Wilson, all’interno di un iter narrativo che decostruisce il genere, lo rende parodia, ma non unico protagonista di un’operazione che, per quanto non all’altezza del primo, rimane spassosa, originale e dissacrante in modo intelligente.
In Italia l’anteprima è stata parte della cerimonia di chiusura del Trieste Science + Fiction Festival 2019. Il film esce nelle sale italiane il 14 novembre con Sony Pictures/ Warner Bros. Italia.
Zombieland: Doppio Colpo – una trama intessuta da un citazionismo non asfissiante
Zombieland: Doppio Colpo soffre sicuramente dell’assenza di Bill Murray, che era capace di fare da collante e assieme mattatore, ma compensa con una trama che opera un citazionismo non poi così massiccio o asfissiante, in virtù di una maggior satira politica e di uno sbeffeggiare i due schieramenti politici che in questo momento, negli Stati Uniti, sono divisi come poche altre volte prima d’ora.
Una satira politica che attacca non i singoli leader o i volti simbolo, ma piuttosto gli scherani, i topoi culturali, i simboli della mitologia pop americana, siano essi materiali che culturali. Macchine, armi, auto, cantanti, ideali pacifisti o ispirati dalla National Rifle Association, il mito hippie e quello dei cowboys, le armi libere e i figli dei fiori, le macchine giganti, gli stetson, Bob Dylan ed Elvis… tutto finisce nel frullatore demenziale ma mai troppo sopra le righe di questa “commedia zombie horror normale”.
Un collage di zombie nel film con Woody Harrelson
Zombieland: Doppio Colpo – scopri qui tutti i poster dei personaggi!
Zombieland: Doppio Colpo infatti, si nutre di dialoghi, di contrapposizioni di linguaggio corporeo e di costumi, non di azione, un’azione che poi lo fa essere ogni volta che si può sberleffo a The Walking Dead e affini.
La sceneggiatura è solo apparentemente semplice, in realtà focalizza lo spettatore su personaggi che sono perfettamente rappresentativi della società americana, del suo autocompiacimento e della sua retorica: oltre al vecchio cowboy immaturo, alla ragazza insicura, al nerd e alla acida egoista, si aggiungono altri nerd, bionde imbranate, hippie, fricchettoni ingenui e senza cervello, zombie che di volta in volta si collegano alla cultura pop di Matt Groening, ai film di Romero, Boyle, Rodriguez, a quelli videoludici e non solo di Resident Evil o di Io Sono Leggenda, ma come decostruzione, come dissacrante sberleffo.
Parodia di un genere che sovente si è preso troppo sul serio, di una mitologia che ha perso nel tempo la sua centralità politica, il film di Fleischer riduce tutto ad una dimensione più leggera, ma anche più impegnata, distante dall’estetismo brutale, ma che comunque strizza l’occhio a Tarantino in più di un’occasione.
Zombieland: Doppio Colpo è il ritratto di un’America in rovina
Zombieland: Doppio Colpo è anche condanna al machismo cinematografico, ce ne mostra i limiti di approfondimento, sferza la retorica all-american trionfalistica ma assieme, anche la mollezza e irrealizzabilità degli ideali coccolosi della generazione che pensa di risolvere i problemi del terzo millennio chiudendosi di fronte agli altri, agli inferiori ignoranti, a chi pensa che creare oasi vegane e beat sia la soluzione.
L’America che esce da questo film è un’America in rovina, senza speranza se non quella di mettersi in discussione, di capire come i propri principi, le proprie regole, mantra spassoso e sempre chiamato in causa, siano semplicemente ridicole, fuori dal tempo dalla realtà.
Ne servono di nuove, l’America che rimpiange Jesse James e quella dei social, per coesistere e sconfiggere chi li vuole schiavi, massa informe, deve trovare un nuovo modo di coesistere, che passa attraverso l’accettare che nulla è completamente giusto e nulla è completamente sbagliato. Il mondo non è bianco o nero, è grigio, difficile e in continuo mutamento. Persino quando ci stanno gli zombie.