Intervista ad Abel Ferrara: da Piazza Vittorio ad Asia Argento
Da Piazza Vittorio all'amicizia con Asia Argento, Abel Ferrara si racconta.
Distribuito da Mariposa Cinematografica, arriva come un outsider Piazza Vittorio, il documentario di Abel Ferrara che indaga sulla varia umanità del quartiere Esquilino di Roma. Vicinissimi al centro e alla stazione Termini, siamo anche nel vero centro di Roma segnalato da Google. Qui convivono da più di vent’anni comunità di cinesi, eritrei, sudamericani e indiani. Gli italiani si sono diradati col tempo, e gli episodi d’intolleranza non mancano in un panorama di integrazioni a vari livelli. L’accelerazione del processo immigratorio da Lampedusa ha aggiunto persone provenienti dal Caucaso e dall’Africa. Il meltin pot romano viene raccontato dal regista newyorkese con un ritmo incalzante e una vitalità che rispecchiano le mille facce di un quartiere vitale e controverso. Se negli anni del Boom fu sede dei migliori negozi d’abbigliamento, oreficerie e orologerie della città, oggi è una matassa di culture, colori e situazioni personali diversissime dove con o senza degrado ognuno lotta quotidianamente per farcela.
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Ferrara sta passando un ottimo periodo creativo da quando si è trasferito a Roma. Ha terminato di girare The Projectionist, un doc su un immigrato cipriota a New York che scalando al successo è diventato un importante esercente americano. Lo testimoniano anche gli interventi Al Pacino e Robert De Niro, vecchi amici di questo cinematografaro di lusso. Poi sono nell’aria i progetti su Padre Pio con Luca Marinelli e Tommaso e Siberia, entrambi con Willem Dafoe. Proprio Dafoe compare come abitante del quartiere in Piazza Vittorio, oltre al regista Matteo Garrone.
Abel Ferrara si racconta in occasione dell’uscita del suo ultimo film, Piazza Vittorio
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Abbiamo incontrato il regista cult venuto dal Bronx nel suo studio di montaggio all’Esquilino dove, sprofondato nella sua poltrona, ci ha parlato della vita del quartiere romano e dei film che si sono incrociati con la sua vita.
Dopo tre anni a Roma, un film su Pasolini e un documentario su Piazza Vittorio, c’è qualcosa che non riesce proprio a spiegarsi di questa città?
“Qui ci sono tre millenni di storia. E tutta Roma è piena di misteri. Nel mio film cerco di raccontare delle storie, ma i suoi misteri rimangono ancora segreti, insondabili. Non c’è riuscito Giulio Cesare a scoprirli, figurati io!”
Nel suo documentario utilizza anche immagini prese da Estate Romana di Matteo Garrone. In una scena vicino la stazione Termini un’auto trasporta un enorme mappamondo di cartapesta. Una bella metafora del multiculturalismo in questo quartiere no?
“Sai, Matteo è venuto a vivere qui all’Esquilino nel ’99. Ci ha girato il suo film ed è rimasto. Ho voluto legare quelle sue immagini al discorso sull’emigrazione e sul mondo racchiuso in un singolo quartiere: quello che osservo in Piazza Vittorio. Il film di Matteo era in pellicola mentre Piazza Vittorio è girato in digitale. Oltre alle immagini che abbiamo girato nel quartiere, abbiamo utilizzato alcuni contributi con immagini d’archivio che raccontassero visivamente il passato di questo luogo.”
Poi c’è la scelta coraggiosa di intervistare Casapound. Com’è andata con loro?
“È diventato un luogo molto riconoscibile. Il loro è un palazzo in pieno centro, occupato tra l’altro dai cittadini. È una realtà del quartiere, per me quanto un ristorante cinese. Abbiamo intervistato anche Sonia Zhou, che è titolare del ristorante cinese più popolare qui. Casapound è un luogo dove l’identità è molto marcata. La situazione generale di sofferenza per l’immigrazione ha portato inevitabilmente intolleranza. Pensa che nel film c’è un fruttivendolo italiano del mercato che ci ha detto: “Io ormai mi sono integrato”. Ma sta qui da una vita.”
Quindi il meltin pot culturale può mettere sullo stesso piano ogni contraddizione sociale?
“Sai, stando a quello che guardiamo in televisione, sembra tutto perfettamente rifinito, invece la realtà è in continuo cambiamento, mai perfettamente definita. Girando Piazza Vittorio non ho trovato romani. Mi ha sorpreso, e non è che li ho evitati, ma semplicemente non c’erano più. Me ne sono reso conto soltanto alla fine della lavorazione.”
Qual è il suo rapporto con il documentario e cosa cambia nell’indagine umana rispetto al film di finzione?
“Io giro allo stesso modo i documentari come i film di finzione. Non è questione di differenza tra generi. C’è molto di più di questo perché ogni film è diverso rispetto agli altri. Tommaso è differente da Siberia, che è a sua volta diverso da Padre Pio. Sono fortemente convinto che ogni film ha una storia a sé, unica.”
Nel suo New Rose Hotel la protagonista femminile era Asia Argento. Cosa pensa della tempesta mediatica tra Me Too e le controversie che le hanno rovesciato addosso?
“Io e Asia siamo amici al 100%. Guarda che è meglio averla di fianco che trovarsela agguerrita di fronte! No, a parte gli scherzi è una nostra attrice, io e il mio staff le vogliamo davvero bene e la sosterremo sempre e senza alcun dubbio.”