Appunti di un venditore di donne. Resinaro: “Atmosfere anni 70 e linguaggio contemporaneo”.
La conferenza stampa di una delle trasposizioni più acclamate dei romanzi di Giorgio Faletti, tra pochi giorni in prima visione Sky.
Si è tenuta qualche giorno fa la conferenza stampa di promozione del nuovo film tratto dal romanzo del compianto Giorgio Faletti Appunti di un venditore di donne diretto da Fabio Resinaro e in onda in prima visione assoluta su Sky Cinema 1 il 25 giugno alle 21.15 e successivamente in streaming sulla piattaforma Now TV.
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Un interessante scorcio sulla produzione del film e sulla sua realizzazione, senza tralasciare il punto di vista degli attori principali, Mario Sgueglia, Miriam Dalmazio, Paolo Rossi, Francesco Montanari e Michele Placido, sono stati i focus su cui si è concentrata la conferenza stampa del film, che ha visto la partecipazione, oltre ai suddetti attori, anche del regista, del produttore Luca Barbareschi e della vedova di Faletti, Roberta Bellesini.
Appunti di un venditore di donne: una metafora d’attualità
La produzione di questo film è stata emblematica e fortemente voluta, perché si pone come una metafora di vita, oltre che letteraria e cinematografica. “Questo libro mi aveva colpito, profondamente, forse più degli altri libri di Faletti, questo aveva qualcosa in più, aveva un archetipo grossissimo che secondo me è un tema enorme in questi anni: il tema di Crono, che mangia i figli” dice il produttore Luca Barbareschi. “La scena che mi ha colpito di più è stato il confronto finale tra il protagonista, interpretato da Sgueglia e il padre, Michele Placido. Il tema di Crono secondo me è un tema che appartiene alla mia generazione e a quella successiva, perché i nostri padri, che hanno fatto la guerra, hanno sacrificato le generazioni a venire; molti sono stati pessimi padri, pessimi consiglieri, che hanno inneggiato al terrorismo, e in questo libro c’è tutto questo”.
Estetica anni ’70
Per quanto riguarda la messa in scena e la realizzazione del film la parola è passata al regista Fabio Resinaro, che ha espresso il suo entusiasmo nella trasposizione cinematografica del romanzo, che crea delle atmosfere ben precise grazie alla messa in scena di ambientazioni notturne e della ricostruzione temporale della Milano negli anni di piombo. “Questo romanzo ha delle ambientazioni e delle atmosfere ben precise e la sfida era quella di ricrearle. Normalmente quando si fa un film d’epoca ci si ritrova a girare con dei campi visivi molto limitati perché l’allestimento che ci si può permettere non è molto ampio. Io ho fatto la scelta di girare come se fossimo negli anni ’70, senza pormi alcun limite, sapendo poi che saremmo dovuti intervenire con gli effetti speciali per ricostruire i fondali. Ma io penso che la sensazione di immersione in quegli anni sia totale, si capisce che non ci sono limiti fisici nell’osservatore che guarda la storia”. “Come avrebbero girato quei registi con le tecniche di oggi? Quindi non è una ricomposizione del linguaggio di quegli anni, non si cerca di ricreare un’atmosfera vintage: siamo negli anni ’70, ma il linguaggio è moderno”.
Il film poi si basa molto sull’interpretazione dei protagonisti, che manifestano una particolare predisposizione ad una performance attoriale rivolta alla naturalezza e al realismo. Mario Sgueglia, parlando del personaggio che interpreta, il protagonista Bravo, dice che è “partito da un uomo che ha fatto della sua debolezza la sua forza, non modificando il suo carattere dal punto di vista attoriale”. Si dispiega quindi una veridicità esistenziale che si manifesta nelle azioni dei personaggi, che si fanno veicolo delle reazioni istintuali della propria condizione e del rapporto che hanno con la società e la politica.