Abel – Il figlio del vento: dove è stato girato il film con Jean Reno?
Le location incantate della pellicola diretta da Otmar Penker e Gerardo Olivares: viaggio sulle Dolomiti bellunesi e tra le valli del Parco Nazionale austriaco degli Alti Tauri.
“C’era una volta sulle ali del vento un’aquila. Questa è la sua storia e quella di un ragazzo. Io vi ho solo preso parte, ma in qualche modo è anche la mia storia.”. Una voce over spezza il silenzio sulle valli fatate delle Dolomiti: è quella di Danzer, un saggio guardaboschi, che si aggira lungo sterrati sentieri di montagna con cappello, bastone, ciaspole e binocolo. Le immagini di cime innevate, specchi d’acqua, valli erbose e foreste rigogliose fanno da sfondo alla storia che Danzer comincia a narrare: quella di Abel, un cucciolo di aquila reale, e del ragazzino che si prese cura di lui, Lukas, un piccolo Mowgli della montagna. Abel – Il figlio del vento prende le mosse da una dolcissima storia di amicizia, di formazione e di crescita a cui fa da cornice il paesaggio selvaggio e incontaminato delle Dolomiti bellunesi: dietro la macchina da presa due cineasti, Otmar Penker e Gerardo Olivares, specializzati in riprese e fotografie di ambienti naturali e impervi.
Abel – Il figlio del vento: alla scoperta delle catene montuose del Trentino Alto Adige e del Parco Nazionale degli Alti Tauri, dove è stato girato il film
La storia del film, semplice, lineare ma al contempo profonda e venata di sfumature poetiche, si avvale della recitazione di soli tre attori: Jean Reno, nel ruolo del guardaboschi narratore, dal talento comprovato, che infonde al personaggio di Danzer saggezza e genuinità; Tobias Moretti (il famoso poliziotto della serie Il commissario Rex) che veste i panni di Keller, il genitore burbero, freddo e distaccato di Lukas (in realtà Keller porta nel cuore il peso di un lutto terribile e non riesce a perdonare il figlio della perdita subita); Manuel Comacho nella parte di Lukas, il Mowgli della valle del Trentino (sembra davvero un piccolo selvaggio quando appare per la prima volta sulla scena circondato dalle fronde degli alberi e con uno sguardo luminoso e pieno di vita), in grado di immedesimarsi nel suo personaggio trasferendo sullo schermo emozioni e sentimenti verosimili. Comacho ha interpretato il ruolo di un bambino selvatico che si relaziona con un branco di lupi nel film Entrelobos (Among Wolves) diretto da Gerardo Olivares nel 2009.
Le riprese di Abel – Il figlio del vento cominciano nel 2011 e continuano fino al 2015: quattro anni di lavorazione per realizzare un film a metà strada tra il documentario naturalistico e la narrazione fiabesca o favolistica. Otmar Penker si avvale inizialmente della collaborazione di Gerald Salmina per effettuare il ciak delle sequenze riguardanti la storia della tenera famiglia di aquilotti: mamma e papà aquila che fanno il nido su una vetta delle Dolomiti. In realtà, le scene sono state girate nel Parco Nazionale austriaco degli Alti Tauri, in una veliera protetta dove è stato ricostruito il nido e dove, con l’ausilio di telecamere microscopiche ed elicotteri ultraleggeri, è stato possibile filmare i movimenti dei rapaci. In particolare, per restituire la prospettiva del volo in picchiata, ripreso però dal punto di vista dell’animale, sono state usate delle telecamere piccolissime montate proprio sulla testa del rapace (chiaramente senza recargli alcun danno o fastidio).
Altre sequenze del film sono state girate, invece, sulle catene montuose del Trentino Alto Adige: stiamo parlando delle Dolomiti bellunesi e, in maniera particolare, delle vette Lagazuoi, Pelmo, Sass De Stria, Tofana di Rozes, Civetta e tante altre montagne che si vedono chiaramente in molte scene della pellicola. Al pari dei suggestivi valichi alpini, come Passo Falzarego (sopra il Lagazuoi) che mette in comunicazione l’Alto Agordino con Cortina d’Ampezzo e Passo di Valparola che unisce la val Badia con il Passo di Falzarego. A Passo di Valparola si trova il rifugio segreto di Lukas (all’interno del quale il ragazzino si prende cura del piccolo Abel costruendogli artigianalmente un candido nido). Nella valle è situato il bacino lacustre che costeggia la capanna di Lukas: molte sequenze della pellicola, e in particolare la scena in cui Abel spicca il volo per la prima volta, sono ambientate nei pressi dello specchio d’acqua.
Le foreste di conifere presenti nella valle fanno da sfondo a molte altre sequenze del film, in maniera particolare alla sequenza in cui Lukas cerca disperatamente di ricongiungersi con il suo amico volatile: Penker e Olivares, da veri naturalisti quali sono, impressionano sulla pellicola le immagini strabilianti degli animali selvatici che popolano la valle, come bellissimi lupi grigi, volpi rosse, lepri color neve, castori, marmotte, gufi, cervi, stambecchi, corvi e topolini di campagna. Un vero spettacolo per gli occhi di tutti gli amanti degli animali e della natura, immagini preziose che non hanno nulla da invidiare ai documentari specialistici del National Geographic Channel.
Toccante è la sequenza in cui Lukas decide di donare la libertà al suo amico Abel: girata sul picco di una delle vette più elevate della valle, la scena è arricchita dalle note emozionanti delle musiche di Sarah Class e da una panoramica vertiginosa della cinepresa di Penker e Olivares. Un drone telecomandato segue il volo di Abel, ormai adulto e pronto a vivere la propria esistenza lontano da Lukas: prima di sbattere le grandi ali marroni, Abel emette un piccolo verso, forse un ultimo saluto rivolto al suo amico e salvatore. Come è riuscito Manuel Comacho a gestire il suo amico rapace durante le riprese del film? Chiaramente sotto la guida di falconieri esperti: nella sequenza Lukas accarezza il petto di Abel mentre il rapace è aggrappato al suo braccio, un gesto d’amore e di tenerezza nei confronti dell’animale.
Una delle sequenze più significative è sicuramente quella del primo incontro tra Lukas e Abel nella foresta di conifere: il piccolo pennuto, scacciato dal nido dal fratello maggiore Caino (da qui il comportamento aggressivo definito dagli ornitologi “cainismo”), precipita nel bosco ed è salvato e accudito da Lukas. Alle spalle del ragazzino, che stringe tra le braccia il volatile infreddolito, è visibile una spettacolare cascata. Penker e Olivares mostrano allo spettatore le insidie quotidiane che gli animali selvatici sono costretti ad affrontare a causa delle asperità dei luoghi in cui vivono e dei mutamenti climatici, resi visivamente mediante sublimi giochi di luce. Operatore di macchina e di steadicam è il bellunese Stefano Ben, originario di Taibon Agordino.
Come in tutte le fiabe che si rispettino, anche in Abel – Il figlio del vento troviamo una morale ben salda: tutti gli esseri viventi, in maniera particolare gli animali (selvatici e non), devono essere rispettati, protetti, accuditi, curati qualora siano in difficoltà, salvaguardati e custoditi nel loro habitat naturale. Soltanto in questo modo l’essere umano può definirsi tale e sentirsi veramente libero, libero di credere che il destino possa cambiare. Il libro della vita, in fondo, lo scriviamo noi stessi. Parola di Danzer il guardaboschi.